5 Consigli pratici ed efficaci per insegnare ai bambini a fare i compiti da soli
Pubblicato il 30 Settembre 2024 da Chiara Mainini • Ultima revisione: 30 Settembre 2024
Per i bambini, imparare a fare i compiti da soli è fondamentale.
Non solo perché questo permette loro di instaurare un corretto rapporto con la didattica scolastica e con gli insegnanti.
Ma soprattutto perché li responsabilizza e contribuisce a costruire una sana autostima e una conoscenza obiettiva delle proprie capacità e dei propri limiti.
Inoltre, è estremamente utile anche per prevenire l’ansia scolastica.
Se non sapete cosa sia, ne abbiamo parlato in un precedente post, che vi raccomandiamo di leggere.
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Indice dell'articolo
Insegnare ai bambini a fare i compiti da soli: è possibile?
Certo che è possibile, per una ragione semplicissima: perché non dovrebbe essere così?
Ci spieghiamo meglio.
Dal momento che sono i bambini ad andare a scuola, per quale ragione dovremmo essere noi a sederci a fare i compiti con loro?
Non è un atteggiamento naturale e neppure educativo.
Perché insegna ai bambini a pensare che sia necessario avere accanto qualcuno per eseguire quanto viene loro richiesto.
E questo è non solo deresponsabilizzante, ma anche fortemente dannoso per l’autostima del bambino.
Naturalmente, fare da soli non significa essere abbandonati a se stessi.
Troviamo giusto che il genitore si renda disponibile a fornire una spiegazione semplice di una consegna, se il bambino non l’ha compresa.
Quello che, invece, è categoricamente sbagliato è l’assunzione del carico di lavoro da parte del genitore.
Che non significa soltanto svolgere il compito al posto del bambino, cosa che andrebbe sempre evitata.
Ma anche assumersi la responsabilità della spiegazione degli argomenti di studio e della correzione di eventuali errori.
Si tratta di comportamenti che finirebbero col danneggiare il bambino anche sotto il profilo didattico, perché l’insegnante non sarebbe più in grado di valutare obbiettivamente il livello di apprendimento dell’alunno.
E anche perché non è detto che il nostro modo di spiegare – nonostante le migliori intenzioni – sia quello didatticamente corretto.
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Insegnare ai bambini a fare i compiti da soli: 5 strategie utili alla scuola primaria e media
Quindi, volendo evitare categoricamente qualunque coinvolgimento nella fase di studio e correzione dei compiti dei vostri figli, vediamo insieme alcune strategie utili a raggiungere l’obiettivo minimizzando sforzi e danni.
1. Il biennio in primaria
Nei primi due anni di scuola primaria il focus è incentrato su materie che prevedono essenzialmente l’esecuzione di compiti scritti.
Il primo consiglio che sentiamo di darvi è di organizzare una postazione di studio che sia:
- spaziosa, per ospitare tutto il materiale necessario
- isolata da fonti di distrazione: Tv, fonti di rumore, fratellini e sorelline che giocano
- ben illuminata con luce il più possibile naturale, oppure con una buona lampada posizionata dal lato opposto a quello della mano che scrive
Fare i compiti da soli non significa essere isolati o ignorati.
Il genitore – o chi assiste il bambino nelle ore pomeridiane – stia pure nei paraggi per fornire supporto qualora necessario.
Tuttavia, bisognerebbe tassativamente evitare di sedersi accanto al bambino per supervisionare.
Altro errore da evitare è la correzione.
Noi genitori – o in generale chi assiste i bambini al nostro posto nelle ore pomeridiane – non siamo i maestri dei nostri figli.
Sono esclusivamente gli insegnanti a dover eseguire le correzioni sui compiti, per una serie di validissime ragioni:
- perché hanno studiato anni per farlo nel modo corretto, senza mortificare il bambino e il suo potenziale
- sanno come correggere un errore per fare in modo che il bambino non lo ripeta
- perché lasciarli sbagliare serve anche a fornire agli insegnanti gli strumenti giusti e individualizzati per un apprendimento il più personalizzato possibile, a misura di singolo studente
Quindi è corretto ignorare gli errori sui quaderni e lasciare all’insegnante lo spazio che gli/le appartiene.
Dopo un primo periodo, nel quale sarà sufficiente assicurarsi che il bambino svolga effettivamente i compiti assegnati (se possibile, sempre senza interferire troppo) si dovrebbe anche smettere di controllare.
Perché i bambini devono imparare che i compiti vanno fatti perché è un loro dovere e non perché mamma e papà controllano ed eventualmente si arrabbiano.
2. Cosa fare se i compiti mancano?
Cosa sarebbe giusto fare se il bambino torna a casa senza compiti?
All’inizio della scuola primaria può succedere che i bambini dimentichino di scrivere l’assegno.
Solitamente, nei primi periodi sono gli insegnanti a provvedere alla scrittura delle consegne.
Successivamente, i bambini vengono educati a curare personalmente l’annotazione di esse sul diario.
Cosa si deve fare quando il bambino dimentica di farlo?
Beh, dipende dalla dimenticanza.
Perché se si tratta di dimenticanze saltuarie, possiamo considerarle fisiologiche e intervenire a recuperare l’assegno.
Del resto, quante volte capita – anche a noi adulti – di dimenticare una commissione, un progetto, una consegna importanti?
Se, però, la dimenticanza tende a ripetersi troppo frequentemente, significa che il bambino non ha ben compreso l’importanza di essere responsabile delle proprie attività.
In questo caso ci sono diverse scuole di pensiero.
Alcuni pensano che i compiti vadano sempre recuperati da parte del genitore.
Altrimenti il rendimento del bambino potrebbe risentirne.
Altri, tra i quali le scriventi, pensano che responsabilità ed autonomia si costruiscano in un modo soltanto: facendosi carico di ciò che ci spetta.
Se fossimo sempre pronti a sopperire alle mancanze dei nostri figli, ci ritroveremmo in breve tempo a dover correre loro dietro per ogni dimenticanza.
Come sempre, in media stat virtus.
I compiti sono certamente da recuperare in caso di assenza e malattia. Per le dimenticanze, ci si dovrebbe astenere. O quantomeno limitarsi alle sole dimenticanze veramente giustificabili, come per esempio casi di intensa stanchezza, fraintendimenti con l’insegnante e similarità.
3. Prima il dovere, poi il piacere
Mia madre me lo avrà ripetuto miliardi di volte, e quanto mi dava ai nervi.
Ma aveva ragione.
E non solo perché il dovere – che sia studio, lavoro, imperativo morale – ha la precedenza assoluta su ogni forma di svago o soddisfazione egoistica e personale.
Aveva ragione perché il dovere richiede quasi sempre una quantità di energie che ci costa molto spendere, e quindi è importante anteporlo a tutto il resto per essere sicuri di adempierlo nel modo più giusto.
Vale per tutti: adulti e bambini.
C’è un tempo per lo studio e un tempo per il relax, il gioco, lo sport, l’aggregazione con gli amici e la famiglia.
Ed è importante definire molto bene i tempi e gli spazi di studio sin da subito:
- individuando la fascia oraria nella quale si eseguono i compiti
- scegliendo lo sport in modo che rispetti l’organizzazione dello studio
- organizzando il week end in modo che tutto trovi il giusto spazio e la giusta attenzione
Anche questo significa essere organizzati e avere un metodo: la routine è molto importante, anche nello studio.
4. Arriva il sussidiario: per studiare ci vuole metodo
Con l’arrivo delle materie orali la faccenda indubbiamente si complica.
Ma il primo passo perché un bambino possa svolgere da solo i suoi compiti è insegnargli un buon metodo di studio.
Non ce n’è uno universale e ogni bambino ha un modo di apprendere diverso dagli altri.
C’è chi memorizza meglio le informazioni ripetendo ad alta voce e chi, invece, trae maggior beneficio dalla scrittura.
Nel primo caso, quindi, sarà meglio insegnare ai bambini come leggere, comprendere e rielaborare correttamente un testo con parole proprie, prima di farglielo ripetere. Altrimenti, il rischio che si corre è che il bambino impari a memoria interi paragrafi che – a distanza di poco tempo – finirebbe col dimenticare completamente.
A questo proposito, può essere utile il metodo denominato “spaced repetition“, che prevede la ripetizione degli argomenti studiati ad intervalli regolari e che costituirà oggetto di un prossimo post (restate sintonizzati).
Solo voi conoscete i vostri figli e potete sapere quale metodo funzionerà meglio per loro.
In generale, e in modo generalmente applicabile, possiamo limitarci a dire che:
- è sempre meglio cominciare a studiare dalle materie orali, perché la concentrazione è più fresca
- sarebbe preferibile sviluppare mappe concettuali durante lo studio, per facilitare la sintesi, la rielaborazione e rendere più veloce il successivo ripasso
5. Gli insegnanti sono Re e Regine della classe
No, non significa che li dovete riverire.
Significa che in classe comandano loro, punto. Voi no.
Questo è importante in tutta una serie di situazioni che rischiano di minare l’autorità del docente, arruffando il popolo degli studenti con la speranza che non studiare sia un buon modo per esercitare una protesta.
Se l’insegnante assegna molti compiti, non si fa polemica, si eseguono.
Se l’insegnante esegue un richiamo, lo si rispetta anche se non lo si condivide, perlomeno dinanzi al bambino.
Perché l’eventuale disaccordo dovrebbe restare una cosa privata tra il genitore e il docente, da far valere per esempio nei colloqui individuali a richiesta, esattamente come accade quando ci troviamo in disaccordo con il papà e pretendiamo che la nostra autorità non sia minata davanti ai nostri figli.
Può non piacerci, ma è così che si costruisce un rapporto di collaborazione educativa con la scuola dei nostri figli.
E senza quella collaborazione, non esiste metodo di studio che tenga.
Applicare queste 5 strategie per fare i compiti da soli non li trasformerà necessariamente in draghi del 10.
Ma certamente permetterà a loro di diventare responsabili e indipendenti nel contesto di un’attività importante come la scuola, che occuperà bene o male almeno diciotto anni della loro vita.
E a noi di essere felicemente esonerati da un impegno che non ci appartiene.
Perché noi a scuola ci siamo già andati…tocca a loro, adesso!