Missione parità: educare i bambini a rispetto e uguaglianza di genere
Pubblicato il 1 Febbraio 2023 da Chiara Mainini • Ultima revisione: 1 Febbraio 2023
Educare i bambini alla parità di genere significa mettere in atto una serie di comportamenti, azioni e strategie quotidiani per definire nella maniera corretta le relazioni tra il genere maschile e quello femminile.
L’eradicazione degli stereotipi sociali e culturali che ancora contraddistinguono le relazioni tra i sessi e la prevenzione primaria della disuguaglianza e della violenza di genere sono gli obiettivi fondamentali che dobbiamo porre alla base dell’educazione da impartire ai nostri figli e alle nostre figlie.
Disuguaglianza di genere: cosa significa?
L’ultima indagine Istat condotta sulla spendita del tempo quotidiano mostra un dato significativo in tema di disuguaglianza di genere.
Già a partire dagli 11 anni le bambine svolgono più lavoro familiare dei loro coetanei maschi.
Inoltre, hanno meno tempo libero e il divario aumenta con la crescita.
Analogamente, se prendiamo in considerazione i dati di Assolombarda sullo studio delle discipline STEM – che rappresentano il principale settore di crescita delle professioni del futuro – scopriamo che nel nostro paese le ragazze sono fortemente sottorappresentate nei percorsi di studio e nei relativi comparti professionali.
Questo determina, a loro carico, una povertà educativa che limita il diritto di apprendere competenze basilari per l’accesso ad un mondo del lavoro in costante evoluzione, soprattutto sotto il profilo tecnologico.
Leggiamo qualche dato
- le ragazze che scelgono corsi STEM sono il 17% del totale delle iscrizioni universitarie
- la percentuale di ragazze che scelgono corsi nel comparto ingegneristico è, a tutto il 2019, del 24%
- sul totale dei laureati in fisica, il 30% sono donne, mentre le laureate che conseguono un dottorato post laurea sono il 20%
Le ragazze italiane compiono scelte di studio (ammesso che le compiano davvero loro, e su questo ci sarebbe da riflette tanto) ancora molto influenzate dalle convenzioni sociali e da aspettative stereotipate.
Che sono state cementate da decenni di cultura maschilista sulle donne “maggiormente portate per natura” all’esercizio di professioni di assistenza, istruzione e cure.
Lo confermano due dati importantissimi:
- in Italia, il 64% dei laureati in matematica è una donna
- nei licei e nelle scuole superiori italiane, il 63,7% degli insegnanti di matematica è una donna (fonte qui)
Quindi, le donne italiane laureate in matematica scelgono prevalentemente di insegnare.
Disuguaglianza di genere e discriminazione sessuale
Stabilire che una persona appartenente ad uno qualunque dei due generi sia per natura più portata all’esercizio di un mestiere è la principale forma di discriminazione basata sul sesso.
Perché significa stabilire che nell’esercizio di una professione non contano le capacità, non contano le inclinazioni, non conta la preparazione o il merito individuale.
Conta soltanto essere un uomo o una donna.
Che le donne siano:
- infermiere migliori
- insegnanti migliori
- badanti migliori
- genitori migliori
di un uomo e – per converso – che un uomo sia sempre un ingegnere migliore, un astronauta più capace, un informatico più competente, non sono soltanto luoghi comuni o stereotipi culturali ridicoli.
Sono la forma più evidente di discriminazione basata sul sesso, come tale vietata dalla nostra Carta Costituzionale.
Tutto ciò premesso ci sembra chiaro perché sia assolutamente necessario educare i bambini alla parità di genere.
Come farlo, invece, è tutta un’altra storia.
Come insegnare ai bambini la parità di genere
Una corretta educazione di genere mette al centro i bambini e la loro età.
Non possiamo aspettarci che bambini e bambine molto piccole comprendano insegnamenti strutturati.
Possiamo invece strutturare i nostri insegnamenti sulla base delle competenze che acquisiscono con la crescita.
Educare alla parità di genere tra la nascita e i 6 anni
In questa fase la vita dei nostri figli e delle nostre figlie si svolge tra la casa e il nido/scuola dell’infanzia.
Quando sono a scuola il compito è affidato agli educatori professionali.
Quando tornano a casa, invece, spetta a noi coltivare nel modo corretto le relazioni tra i generi.
Evitiamo le favole tradizionali
Siamo d’accordo: sono indimenticabili e fanno parte della nostra tradizione culturale.
Tuttavia, anche il patriarcato e la negazione del suffragio universale fanno parte della nostra tradizione culturale.
Non per questo desideriamo perpetuarli, non credete?
Il paragone è forte ma è un effetto voluto.
La nostra identità non può prescindere dal riconoscimento di ciò che siamo stati, soprattutto da un punto di vista educativo. Tuttavia, non è consigliabile leggere a bambini e bambine storie nelle quali le donne sono ridotte a sguattere in attesa che il principe le salvi sposandole.
Soprattutto in un’età molto prematura che non prevede certo un ascolto critico da parte dei più piccoli.
Se proprio ci piacciono e le vogliamo far conoscere ai nostri figli e alle nostre figlie, riserviamole a quando saranno cresciuti.
In questo modo potremo spiegare loro – criticamente – che si tratta di storie figlie della loro epoca.
E non della nostra, per fortuna.
Ci sono così tante fiabe e favole diverse da leggere ai piccini, il materiale giusto non manca!
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Il buon esempio
Il rispetto di genere si insegna con l’esempio: in nessun altro modo.
La relazione tra genitori è il primo modello di riferimento:
- equa distribuzione dei compiti di cura familiare e casalinga, basata sulle inclinazioni personali e sulle preferenze di ognuno e non sull’appartenenza al genere (che stiri chi preferisce stirare e che pulisca chi avverte questo compito come meno gravoso rispetto ad altri, per esempio);
- pari ripartizione del carico mentale legato alle necessità familiari: che è anche un ottimo modo di insegnare l’autonomia, giacché non si è autonomi quando si è in grado di svolgere mansioni meramente esecutive, ma solo quando si sa gestire il proprio compito in ogni suo aspetto, primo di tutti l’organizzazione primaria;
- attenzione al dialogo e al lessico utilizzato nella coppia: le relazioni personali tra partner sono quelle che fanno più fatica a mantenersi scevre da stereotipi di genere
- eliminazione dei comportamenti discriminatori e manipolatori (ove vi fossero): che sarebbe imperativo prima di tutto per la salvezza della coppia, oltre che per la corretta educazione dei figli
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Coltivare l’intelligenza emotiva dei bambini (ma anche nei genitori)
Dell’importanza dell’intelligenza emotiva per una crescita ed uno sviluppo psicologico armonico nei bambini abbiamo parlato spesso.
Qui ci interessa specificare che l’educazione al rispetto e alla parità di genere passa anche attraverso la corretta educazione alla gestione delle emozioni.
Apostrofare bambini e bambine con frasi come “piangi come una femminuccia” è dannoso sotto il profilo dell’equilibrio psicologico, perché inculca la convinzione che piangere sia sbagliato, determinando sentimenti di inadeguatezza. Ma perpetua anche uno stereotipo culturale tale per cui a piangere siano solo le femmine, peraltro utilizzando un termine dispregiativo nei loro confronti (femminuccia).
Analogamente, evitare sentenze come “quando urli sembri un maschiaccio“. Siamo d’accordo: urlare è sbagliato. Ma non c’è alcun bisogno di cementare il disprezzo di un comportamento errato in un genere specifico.
Non urlano soltanto i maschi, anche loro indicati con termine dispregiativo.
Urlano tutti, maschi e femmine, perché urlare è sbagliato e alle persone può succedere di commettere sbagli.
L’importante è correggerli e cercare di evitare di ripeterli.
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Frasi da bandire dal vocabolario
Ce ne sono tantissime ma le più frequenti, quelle che anche per distrazione o superficialità si dicono più spesso sono:
- cose (leggasi: giochi/vestiti/colori/attività/interessi/libri ecc.) da femmine e da maschi
- sei un maschio/una femmina: non puoi capire
- comportati da signorina!/ da ometto!
- non puoi studiare danza, sei un maschio! – non puoi fare karate, sei una femmina!
- le femmine sono più brave a …, i maschi sono più bravi a …
- le principesse non si comportano così!
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Educare alla parità di genere dai 6 anni all’adolescenza
Sebbene tutte le strategie e i comportamenti raccomandati tra la nascita e i 6 anni siano caldamente consigliati anche nelle fasi successive della crescita, tra i 6 anni e l’adolescenza subentrano delle necessità educative più specifiche sotto il profilo della parità.
Incoraggiare l’approccio alla multidisciplinarietà
Per quanto detto, ci sembra inevitabile sottolineare l’importanza di incoraggiare l’approccio al gioco e alla conoscenza multidisciplinare.
Permettiamo ai nostri figli e alle nostre figlie di giocare liberamente con quello che desiderano. Ma forniamo loro anche giochi appartenenti al mondo STEM.
In questo modo svilupperanno interessi differenti e variegati coltivandoli secondo le loro reali inclinazioni.
Senza cedere al sillogismo deviato per cui le bambine debbano giocare a fare le principesse e i maschietti a costruire l’astronave di Star Wars.
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Supervisionare le loro letture e i loro interessi
Incentivare l’avvicinamento di bambine e bambini alla lettura è ottimo, ma non tutto si può leggere, obiettivamente.
Alcuni prodotti editoriali lasciano francamente perplessi per la povertà narrativa.
Inoltre, molti libri destinati ai bambini (anche fra quelli scolastici, ahinoi) sono ancora densi di stereotipi di genere.
La conclusione è una sola: le loro letture vanno quantomeno supervisionate.
Perché in alcuni libri è sempre la mamma che va al mercato a comprare le uova?
Perché in altri il papà viene ancora raffigurato come il capofamiglia in panciolle sul divano mentre la mamma cucina, rassetta e rammenda?
La censura non ci piace e ci spaventa, lo diciamo con forza.
Ma è bene che letture poco adatte ad un’educazione di genere, se inevitabili, siano almeno sottoposte ad una spiegazione critica da parte dei genitori.
Qualora evitabili, beh…andrebbero francamente evitate.
Educare alla parità di genere: libri da leggere
Ci sono letture che consideriamo perfette per questa missione.
Alcune di queste sono per i genitori.
Un libro per i genitori: Dalla parte delle bambine
di Elena Gianini Belotti
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Il libro cerca di spiegare, con la competenza derivante dalla lunga esperienza educativa dell’autrice con genitori e bambini in età scolare, che le differenze caratteriali fra generi non sono dovute a fattori innati ma a strutture culturali che vengono imposte ai più durante lo sviluppo. Riportando l’attenzione sulle qualità umane più che su quelle legate al genere di appartenenza, l’autrice mette in evidenza come l’obiettivo cui tendere non sia la formazione di bambine “forti e coraggiose come i maschi”, ma l’educazione di individui cui sia data la facoltà di crescere con le attitudini e le caratteristiche più congeniali alla propria personale singolarità, indipendentemente dal genere.
Un libro per i bambini: Missione Parità
di Maria Scoglio e Cristina Sivieri Tagliabue
LINK DI AFFILIAZIONE AD AMAZON: Missione parità
Sofia e Leone sono amici per la pelle. La loro amicizia è nata grazie alla passione comune per il calcio.
Non c’è niente che li renda più felici che vestire la maglia della Libertas, la loro squadra del cuore.
E sempre il calcio sarà occasione di scoprire e combattere insieme una battaglia importante: quella per il diritto di essere uguali.
A Sofia, infatti, viene preclusa la possibilità di diventare vice-allenatore della squadra perché è una femmina.
Lei e Leone, quindi, decidono di usare il loro libro magico per viaggiare nel tempo, indietro fino a incontrare Rita Levi Montalcini.
Grazie a questa conoscenza, i due amici consolideranno la convinzione che non esistono “cose da maschi o da femmine”: le persone sono tutte uguali e con le stesse opportunità di realizzare i propri sogni.
Maria Scoglio e Cristina Sivieri Tagliabue hanno creato due personaggi straordinari con i quali sarà facilissimo per i nostri bambini immedesimarsi.
Scopriranno così l’importanza di combattere insieme per la tutela dei diritti civili e della parità fra generi.
Quello che colpisce – e che ne fa un libro bellissimo rispetto ad altri prodotti editoriali analoghi – è proprio la prospettiva comune che vede Leone combattere non tanto per, ma con la sua amica Sofia.
Un’unione senza genere per l’affermazione di un diritto – che non è soltanto delle donne ma di tutti.
Senza distinzione di appartenenza.
Adatto a partire dai 6 anni.
E voi come affrontate il duro compito di educare i bambini all’uguaglianza di genere?
Quali strategie attuate nella vostra famiglia? Il tema ci interessa tantissimo: vi aspettiamo nei commenti!