Libri e film sulla Shoah per adolescenti
Pubblicato il 27 Gennaio 2023 da Chiara Mainini • Ultima revisione: 1 Febbraio 2023
La Giornata della Memoria è alle porte e dopo aver parlato di come spiegare a bambini e bambine la persecuzione nazista contro gli ebrei, ci sembra necessario rivolgere una certa attenzione anche agli adolescenti.
Nel 2018 la Jewish Material Claims against Germany, un’organizzazione religiosa che si batte per ottenere i risarcimenti e le restituzioni dei beni degli ebrei uccisi dalla Germania nazista, ha condotto un sondaggio per verificare il grado di conoscenza della storia dell’Olocausto ebraico da parte dei giovani americani.
I risultati sono stati sconcertanti: il 66% dei millennials americani intervistati, ovvero i nati tra il 1981 ed il 1996, non sa che cosa sia Auschwitz, il 49% non è in grado di citare il nome di un solo campo di concentramento.
L’Europa, secondo il World Jewish Congress, non va meglio:
- il 57% dei giovani francesi intervistati non sa che sei milioni di ebrei sono stati uccisi durante l’Olocausto
- il 42% degli Austriaci non conosce il campo di sterminio di Mathausen, uno tra i più duri di tutto il Reich, situato a 40 km da Vienna
- il 22% dei giovani inglesi pensa che le vittime dello sterminio siano state meno di due milioni
E se state pensando che in Italia va certamente meglio, vista la continua attenzione di istituzioni e media per questi temi, sbagliate parecchio.
Una ricerca promossa dall’associazione “Donne e qualità della vita“, realizzata su un campione di 475 ragazzi di ambo i sessi e di età compresa tra i 14 e i 18 anni, rivela quanto segue:
- il 35% dei nativi digitali non sa cosa sia la Shoah
- il 13% degli intervistati pensa che sia stato un effetto della bomba atomica
- il 12% l’ha definita “una guerra medievale“
- il 2% ha pensato ad una nuova variante del covid
- il 29% ha detto non lo so
- il 18% crede che sia successo nel 1500
- l’11% ha risposto che la colpa fu di Mussolini
Francamente, la circostanza che la percentuale maggiore, ovvero il 36% degli intervistati, abbia saputo dare una definizione corretta non ci consola.
La sola idea che su 475 ragazzi (circa la metà degli iscritti in una scuola superiore di città Metropolitane come Roma e Milano) ce ne siano 61 (ovvero l’equivalente di 3 classi) che pensano che la Shoah sia stato un effetto della bomba atomica fa tremare le gambe.
Soprattutto in un Paese come l’Italia, che non ha mai lesinato le celebrazioni in memoria dei sopravvissuti agli eventi storici di cui stiamo parlando.
La foto qui sopra rappresenta il campo di sterminio di Treblinka 2, uno dei più violenti e terrificanti luoghi di morte del Reich, che non aveva altro scopo che giustiziare persone ricorrendo al gas più economico e al contempo più lento nel cagionare la morte: il monossido di carbonio prodotto dai motori dei camion, una sofferenza indicibile per un essere umano.
Il fatto che il 35% dei nostri giovani nativi digitali – quindi paradossalmente più vicini di noi alle principali fonti di notizie e documentazione – non ne abbia idea è inconcepibile.
Come è potuto succedere? Come abbiamo fatto a lasciare che un evento così importante e drammatico per la nostra identità storica e culturale andasse a finire nel dimenticatoio al punto che, addirittura, i giovani di oggi pensano che si tratti di una guerra medievale o rinascimentale?
Come possiamo aiutare i nostri ragazzi e le nostre ragazze a prendere coscienza di un evento storico così importante per la loro formazione? Quali strumenti possiamo fornire loro, affinché riescano a formarsi un’idea precisa e allo stesso tempo personale e critica degli eventi gravissimi che hanno condotto alla cancellazione definitiva dei due terzi della popolazione ebraica europea, oltre che di milioni di altre persone?
La scuola ha un compito fondamentale in questo senso ma in qualità di genitori attenti e consapevoli non possiamo permetterci di delegare completamente questo compito.
Ed ecco che libri e film accorrono come sempre in nostro aiuto.
I migliori libri sulla Shoah per adolescenti
L’uomo del Treno, di Fabrizio Altieri per Rizzoli
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L’Orso e gli uomini che lavorano per lui alla falegnameria vedono tutti i giorni i treni tedeschi carichi di persone diretti ai campi di lavoro. Da qui, gira voce, non torneranno più. Decidono, allora, che non possono continuare a guardare passare i treni senza fare niente. Così sostituiscono uno dei vagoni tedeschi con uno costruito da loro. Ma la sorpresa è grande quando scoprono che proprio in quel vagone c’è un solo passeggero, l’unico che non voleva essere salvato… Con sé ha solo una valigia da cui non si separa mai e di cui rivelerà il contenuto solo arrivato al campo… In quel luogo la gioia andava nascosta come una vergogna. Nel campo era permesso solo il dolore…
Fabrizio Altieri ha scritto una storia bellissima e molto forte, che restituisce nella figura di Orso e degli altri personaggi il coraggio, l’amore, la bontà e l’immensa grandezza di coloro che hanno provato ad opporsi alla mostruosità che si andava compiendo, tentando di salvare vite. Non è un libro crudo, è ammorbidito quanto basta per raccontare con precisione quanto accadde a giovani lettori dai 12 anni: noi lo raccomandiamo a tutte le età.
Mi chiamo Lily Ebert e sono sopravvissuta ad Auschwitz, di Lily Ebert e Dov Forman per Newton Compton Editore
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Lily Ebert fu deportata a 14 anni, ed è sopravvissuta ad Auschwitz. Non ha mai dimenticato il giorno in cui, appena dopo la liberazione degli Alleati, un soldato ebreo americano le ha regalato una banconota con su scritto: “Buona fortuna e felicità”. Quel singolo gesto, dopo aver assistito all’orrore dei campi di concentramento, ha segnato in modo decisivo la vita di Lily, che si è impegnata a raccontare la verità sulla Shoah affinché non si ripetano mai più le atrocità del passato. Anni dopo, il suo pronipote Dov ha deciso di usare i social media per rintracciare il soldato, che è stato così determinante nella storia della loro famiglia. Ed è così che la popolarità di Lily è esplosa: il suo modo schietto e autentico di comunicare ha conquistato milioni di follower in rete, amplificando il suo messaggio di speranza. La storia di Lily, dall’infanzia felice in Ungheria all’arrivo ad Auschwitz, dalla morte della madre alla liberazione, è raccontata in prima persona con parole indimenticabili di speranza, coraggio e amore per la vita.
Una storia indimenticabile e potente resa ancora più straordinaria da una circostanza: Dov Forman, il pronipote di Lily, aveva solo 17 anni quando ha aperto alla sua bisnonna il profilo Tik Tok e gli altri social grazie ai quali Lily ha rintracciato quel soldato.
Oggi Lily è seguita su Tik Tok da oltre un milione e mezzo di persone in tutto il mondo. Se c’è una ragione per permettere ai nostri figli di usare i social network, quella ragione si chiama Lily Ebert.
Adatto a ogni età.
La banalità del male, di Hannah Arendt per Feltrinelli
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Otto Adolf Eichmann, figlio di Karl Adolf e di Maria Schefferling, catturato in un sobborgo di Buenos Aires la sera dell’11 maggio 1960, trasportato in Israele nove giorni dopo e tradotto dinanzi al Tribunale distrettuale di Gerusalemme l’11 aprile 1961, doveva rispondere di 15 imputazioni. Aveva commesso, in concorso con altri, crimini contro il popolo ebraico e numerosi crimini di guerra sotto il regime nazista. L’autrice assiste al dibattimento in aula e negli articoli scritti per il “New Yorker”, sviscera i problemi morali, politici e giuridici che stanno dietro il caso Eichmann. Il Male che Eichmann incarna appare nella Arendt “banale”, e perciò tanto più terribile, perché i suoi servitori sono grigi burocrati...
Questo libro andrebbe inserito nel programma scolastico di ogni scuola superiore e studiato come complemento al libro di storia.
Perché trasmette un messaggio importantissimo che noi tutti dobbiamo scolpirci nel cervello: il male come eterea forza immanente all’uomo non esiste. Non esiste uno spirito maligno che ci possiede privandoci della facoltà di utilizzare la ragione. Non esiste l’irresponsabilità degli individui davanti all’orrore storico di un genocidio.
Esiste soltanto la mediocre banalità di uomini e donne che smettono di pensare criticamente, di guardare gli individui e vedere persone fatte di carne, ossa, sentimenti e diritti inviolabili, per una mera delega di responsabilità nel passaggio dagli ordini all’azione.
Hannah Arendt ha messo in luce nei suoi scritti la natura burocratica di quello che noi chiamiamo “male” e l’essenza insignificante dei suoi autori: passacarte della morte, impiegati 9-18 in una macchina organizzata per la distruzione sistematica di una parte del genere umano.
Dai 16 anni.
Il ragazzo che disegnò Auschwitz, una storia vera di speranza e sopravvivenza, di Thomas Geve per Einaudi
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Thomas Geve è poco piú di un bambino quando viene deportato ad Auschwitz, separato dalla madre e precipitato nell’orrore. Alla liberazione, nell’aprile del 1945, raccoglie le poche forze residue per fissare su carta quel che ha vissuto. Trasformando il retro dei formulari delle SS in disegni di struggente esattezza, seguiti, poco dopo, da una memoria scritta non meno vivida, Thomas risponde al male assoluto con le uniche armi di cui dispone un ragazzino: la curiosità, la speranza e qualche matita colorata. A distanza di oltre 75 anni, quel racconto per immagini si fonde per la prima volta all’originario racconto in parole. Con “Il ragazzo che disegnò Auschwitz” Thomas Geve, ora novantaduenne, ci offre così una testimonianza vivida, unica e preziosa. «Nei disegni di Thomas Geve l’enormità dello sterminio è, per così dire, miniaturizzata. Piccolo e grande, nella tradizione ebraica, spesso si toccano. Geve affida così la sua testimonianza a piccolissime scene simboliche, per fissare nella memoria i ricordi e per cercare una risposta alla più normale delle domande che un bambino possa formulare: perché?» (Alberto Cavaglion).
Un libro da acquistare, tenere in libreria e sfogliare spesso, per osservare insieme ai nostri figli piccoli scatti di una memoria dolorosa ed atroce, che restituisce con grande vividezza ricordi che nessuna mente è mai riuscita a seppellire.
Norberto Bobbio disse, una volta, dello stemma di Einaudi: ” è uno struzzo, quello di Einaudi, che non ha mai messo la testa sotto la sabbia“.
Questo libro è da avere esattamente per questo motivo: non possiamo permettere che i nostri adolescenti mettano ancora la testa sotto la sabbia.
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Film per adolescenti che spiegano l’Olocausto ebraico: cosa far vedere ai ragazzi per la Giornata della Memoria
Da decenni nelle scuole si assiste alla proiezione di due grandi capolavori della cinematografia, italiana e internazionale:
- La vita è bella, del 1997, diretto e interpretato da Roberto Benigni, tre premi Oscar (miglior film straniero, migliore attore protagonista, miglior colonna sonora) e numerosi record registrati: è il film italiano che ha incassato di più al mondo (229 milioni di dollari), il film italiano più premiato agli Oscar, il film più visto di sempre al suo primo passaggio in Televisione e uno dei film italiani più visti, di maggior incasso e successo in Italia;
- Schindler’s List, La lista di Schindler, film del 1993 prodotto e diretto da Steven Spielberg, una storia vera basata sulla storia di Oskar Schindler e premiata con ben 7 Oscar: ad oggi, dopo trent’anni, è ancora considerato uno dei migliori film della storia del cinema;
Entrambi sono perfetti per la visione da parte di ragazzi e ragazze a partire almeno dai 14 anni di età: il primo, per via di un registro metaforico davvero elevato che confonderebbe gli spettatori più giovani, il secondo per via dell’eccessiva crudezza di alcune immagini.
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LINK DI AFFILIAZIONE AD AMAZON: Schindler’s list
Ma il portfolio cinematografico dedicato alla Shoah non si esaurisce in questi due capolavori.
Per approfondire e allargare la conoscenza dell’argomento da parte dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze vi segnaliamo altri titoli che, pur considerati minori, non hanno niente da invidiare ai due kolossal summenzionati e hanno, invece, il pregio di approfondire alcuni aspetti spesso relegati in secondo piano.
Il Diario di Anna Frank
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Film del 1959 diretto da George Stevens, basato sull’adattamento teatrale del diario e girato a 14 anni di distanza dalla morte di Anna Frank, con Millie Perkins nel ruolo della giovane ebrea. Si tratta di un film d’epoca molto istruttivo perché – esattamente come l’opera teatrale dal quale è tratto – mette in luce un aspetto del quale si parla molto poco quando si insegna la Shoah: la clandestinità, nella quale molte persone furono costrette a vivere per anni prima di essere catturate e deportate.
La narrazione inizia quando la famiglia Frank arriva nell’alloggio segreto insieme alla famiglia Van Dann, costituita da Hans, Petronella e il loro figlio, Peter. Hanno pochissimo tempo per sistemarsi prima dell’arrivo degli operai e Otto – il padre di Anna – illustra a tutti come comportarsi: camminare a piedi scalzi e solo se necessario, non usare il gabinetto né l’acqua, non guardare fuori dalle finestre durante il giorno ed evitare il minimo rumore o movimento.
Alla fine del turno di lavoro, dopo una prima giornata passata in questo modo, le due famiglie si concedono un momento di libertà: è qui che Otto regala a sua figlia un diario. Anna si affeziona subito a quell’oggetto tanto da annotare subito su di esso le sue paure, le sue riflessioni, i suoi ricordi e tutto quello che accade nell’alloggio segreto. La narrazione da qui riprende in presa diretta, scandita dalle pagine del diario.
Una pellicola potente ed emozionante dalla visione della quale non si può prescindere.
Adatta dai 12 anni.
Il Pianista
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Pellicola del 2002 diretta da un indimenticabile Roman Polanski e tratta dal romanzo autobiografico di Władysław Szpilman, compositore e musicista polacco di fede ebraica, vincitrice di ben tre premi Oscar.
Il film mette in evidenza le vicissitudini vissute dal musicista, che sopravvive all’occupazione di Varsavia e scampa alla deportazione a Treblinka per puro miracolo. Inizia così la sua epopea, nel disperato tentativo di restare in vita mentre la follia nazista dilaga, fino al giorno in cui viene scoperto da un ufficiale tedesco mentre si nasconde in una soffitta.
L’ufficiale, avendo appreso della sua antica professione, lo conduce in una stanza con un vecchio pianoforte e lo invita a suonare: Szpilman eseguirà per lui la ballata n. 1 in Sol minore di Chopin, rapendogli il cuore.
Così l’ufficiale, quasi richiamato alla coscienza dall’universale linguaggio della musica, aiuterà Szpilman a nascondersi e nutrirsi fino a quando, col sopraggiungere dell’esercito russo, i tedeschi saranno costretti a lasciare la città: si congederà chiedendo al pianista il suo nome, senza mai avergli confessato il proprio.
Szpilman non conoscerà l’identità del suo salvatore se non molto tempo dopo, quando questi sarà ormai già morto.
La potenza incommensurabile di questo film sta nell’aver constatato – e nella capacità di comunicare allo spettatore – che quello che non poté la ragione.. lo compì la musica.
Nel momento più buio della storia umana, la salvezza non si è fatta strada per mezzo del ragionamento critico, ma dell’emozione: quasi a volerci dire che la nostra natura più profonda, quella che ci salva e ci salverà sempre, ha a che fare soltanto con ciò che preserviamo nel cuore.
Adatto dai 14 anni di età.
Il viaggio di Fanny
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Pellicola del 2013 diretta da Lola Doillon, Il viaggio di Fanny racconta la vicenda di Fanny Ben-Ami, una ragazzina ebrea di 13 anni che nel 1943, durante l’occupazione della Francia da parte dei tedeschi, venne mandata insieme alle sorelline in una colonia in montagna. Lì conobbe altri coetanei e con loro, quando i rastrellamenti nazisti si intensificarono e inasprirono, scappò nel tentativo di raggiungere il confine svizzero e salvarsi.
Il film ripercorre le vicende raccontate nel romanzo autobiografico Le journal de Fanny, raccontando temi come l’amicizia e la libertà con gli occhi dei bambini.
Questo speciale punto di vista lo rende particolarmente adatto alla visione da parte di giovani adolescenti, a partire dai 12 anni.
Il labirinto del silenzio
Pellicola del 2014 per la regia di Giulio Ricciarelli.
Siamo nel 1958 e Johann Radmann è un giovane procuratore devoto all’ideale della giustizia a tutti i costi.
Grazie ad un giornalista anarchico e combattivo conosce Simon, artista ebreo sopravvissuto ad Auschwitz con due figlie gemelle, sottoposte a test crudeli dal dottor Josef Mengele. Simon è sicuro che sotto le vesti di un insegnante di una scuola elementare si nasconda uno degli aguzzini del suo campo di concentramento.
Come lui, molti altri ufficiali sono tornati a svolgere vite ordinarie, avendo semplicemente cancellato colpe orribili. Colpito dal dolore di Simon, Johann decide di occuparsi del caso ma si trova ben presto ad avere a che fare con una coltre di fitto silenzio: il silenzio di chi vorrebbe dimenticare e quello di chi non ci riuscirà mai.
Perseverando nel suo ideale di giustizia, Radmann porterà alla luce l’orrore, ricostruendo il passato recente di un paese che con troppa fretta si è assolto e avviando il ‘secondo processo di Auschwitz’.
Il film è importante ed educativo per un motivo preciso: se oggi la Germania riconosce apertamente e con vergogna le proprie responsabilità storiche, non è stato sempre così, anzi. Negli anni del boom economico seguito al dopoguerra, il paese seppellì il ricordo degli avvenimenti recenti, aiutato dal silenzio dei colpevoli ma anche da quello dei sopravvissuti: nel 1949 il cancelliere Adenauer appoggiò la reintegrazione dei cittadini rimossi dai loro incarichi perché coinvolti con il regime nazista, decretando così l’assoluzione morale dei responsabili in nome del bisogno del popolo tedesco di tornare il più presto possibile alla normalità.
Il film, mescolando personaggi reali (il giornalista Thomas Gnielka e il procuratore Fritz Bauer, a cui il film rende omaggio) e inventati (il protagonista rappresenta in unico personaggio tre procuratori realmente esistiti), realizza un dossier storicamente perfetto ed efficace che mette in luce il processo di riscoperta storica del passato del paese.
All’inizio Radmann è davvero convinto di vivere nel paese migliore del mondo e non riesce a capire davvero cosa siano stati i campi di sterminio spacciati per ‘campi di detenzione preventiva’.
Ma il processo di ricostruzione fece ben presto emergere la verità in tutta la sua terribile realtà e portò – due anni dopo il processo Eichmann a Gerusalemme e vent’anni dopo il processo di Norimberga – ventidue criminali nazisti a comparire davanti al tribunale di Francoforte.
La Germania affrontava finalmente l’orrore e il peso della propria vergogna.
Adatto dai 14 anni.