Come spiegare ai bambini la Sindrome di Down
Pubblicato il 23 Novembre 2022 da Chiara Mainini • Ultima revisione: 23 Novembre 2022
In Italia l’incidenza statistica della Sindrome di Down, il cui nome scientifico è Trisomia 21, è stimata in un bambino ogni 1200 nati vivi (fonte Quotidiano Sanità), ma non ci sono ad oggi dati certi. Stando alle stime, le nascite di persone portatrici di questa sindrome si attesterebbero sulle 500 all’anno e secondo l’Associazione Italiana delle persone con Sindrome di Down solo il 13% di loro, in età adulta, ha un lavoro ed un contratto regolare.
Questo ci dice che la completa inclusione sociale delle persone con Sindrome di Down è ancora ben lungi dall’essere realizzata nel nostro paese. Per questo, spiegare ai bambini la Sindrome di Down nel modo corretto, affinché la capiscano e non ne abbiano paura, è molto importante per la loro crescita relazionale ed affettiva e per la completa inclusione delle persone che di questa sindrome sono portatrici.
Tra le Sindromi genetiche, la Trisomia 21 è quella che da sempre ha procurato le maggiori difficoltà ai genitori di bambini e bambine che con essa entrano in contatto, a causa dei tratti somatici tipici che la rendono immediatamente evidente ed oggetto di curiosità ma, soprattutto, dell’ignoranza che per molto tempo è dilagata su questo argomento.
Ancora oggi, e non di rado, si assiste a commenti davvero poco edificanti in presenza di bambini e bambine con Trisomia 21, a causa di un retaggio culturale del quale fatichiamo a liberarci e della tendenza a continuare ad alimentare i silenzi omertosi su questa condizione.
Cosa possiamo fare, come genitori, per invertire questa tendenza e garantire ai nostri figli e figlie una conoscenza precisa e completa sul tema, sempre restando ancorati ai contenuti più adatti in funzione dell’età?
Alimentiamo il dialogo sulla disabilità
Parlare di disabilità in famiglia è molto importante. La Sindrome di Down è la più frequente causa di disabilità intellettiva di origine genetica (fonte Ospedale Pediatrico Bambino Gesù).
Non possiamo pensare di crescere figli e figlie emotivamente e culturalmente competenti se non mettendoli nella condizione di conoscerla in modo profondo e affrontarla nelle relazioni di ogni giorno.
Un bambino o una bambina che non hanno contatti con persone con disabilità non hanno contatti col mondo reale. Crescono in un’isola felice, tenuti lontano da ciò che per i loro familiari è molto difficile spiegare e dalle più importanti occasioni di crescita, principalmente emotiva.
Il nostro dovere, come genitori, è prepararli alla vita, per quanto complicato sia in primis per noi.
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Facciamo in modo che sviluppino la loro intelligenza emotiva
Parlare di diversità, di inclusione, di comprensione delle difficoltà quotidiane di una persona con disabilità, richiede un’intelligenza emotiva della quale – spesso – neppure gli adulti sono dotati. Lo vediamo ogni giorno, per esempio, nelle occupazioni abusive dei parcheggi riservati e in molti altri comportamenti assolutamente inaccettabili.
Dobbiamo fare in modo che le nuove generazioni siano più brave e competenti di noi sotto questo profilo, dobbiamo incentivare lo sviluppo da parte loro di un livello più elevato di coscienza civile ed intelligenza emotiva. Dobbiamo incentivare l’immedesimazione empatica, la comprensione emotiva delle difficoltà dell’altro.
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Incoraggiamo letture specializzate
La lettura, lo ripetiamo sempre, è il modo migliore di sviluppare la capacità dei bambini e delle bambini di mettersi nei panni altrui, di immedesimarsi e comprendere la natura più profonda delle scelte e delle esperienze altrui.
Incentivare la scelta di letture studiate specificamente per facilitare questo processo è un’ottima idea: diversi studi dimostrano che la lettura di opere di narrativa favorisce il processo di fusione col protagonista e permette di comprendere le sue azioni in modo completo, assimilando anche paradigmi di comportamento adeguati da utilizzare per le proprie esperienze personali.
Così ad esempio, un libro che spieghi ai bambini cosa significhi essere persone sorde può favorire la comprensione dei problemi che le persone sorde affrontano nel loro quotidiano, sviluppando non solo l’empatia ma anche l’intelligenza (razionale ed emotiva) di capire cosa possono fare loro per migliorare o anche solo rendere più semplice la vita di un amico che vive questa condizione.
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Lo stesso percorso possiamo seguirlo affrontando letture a tema sulla Sindrome di Down.
Continuate a leggere sino in fondo, ve ne consigliamo alcune davvero splendide.
Sindrome di Down: come spiegarla ai bambini in modo semplice ed efficace
Per quanto riguarda l’approccio generale al tema della diversità e della disabilità, vi consigliamo di leggere l’articolo che abbiamo già linkato più su in questo post, dedicato a come spiegare la disabilità ai bambini.
Qui ci concentreremo proprio su alcuni consigli specifici per spiegare la Sindrome di Down in modo semplice e corretto, affinché siano pronti ad affrontare la relazione con altri bambini e bambine che ne siano portatori o portatrici.
Mai glissare: rispondiamo sempre alle domande
Le domande che potrebbero esserci poste su questo argomento non vanno mai glissate perché potremmo dare l’impressione di non volerne parlare, che ci sia qualcosa di male nel farlo, creando ingiustificatamente un tabù. Questo vale anche nel caso in cui non siamo abbastanza preparati su cosa dire concretamente: è preferibile, piuttosto, ammettere di non essere abbastanza competenti sull’argomento e doversi documentare.
La Sindrome di Down non è un argomento scabroso o sconveniente e non deve essere trattato come tale.
Inoltre, bisogna tassativamente evitare di trasmettere messaggi negativi come “non si parla di queste cose“.
Non c’è niente di male nel fatto che i nostri figli e le nostre figlie ci facciano domande su qualcosa che non conoscono ed è nostra responsabilità rispondere a queste domande nel modo corretto.
Partiamo proprio da queste ultime, invece, per costruire un discorso il più possibile adatto alla loro età ed alla loro capacità di comprensione.
Assicuriamoci di fornire informazioni corrette
Non è necessario dare spiegazioni scientificamente elaborate, è sufficiente non fornirne di erronee.
Per esempio, la Sindrome di Down non è una malattia, le persone che ce l’hanno non sono persone “malate”.
Le persone con Sindrome di Down possono presentare alcune patologie correlate alla sindrome, a carico di diversi organi. Tuttavia non è una condizione che si avvera per tutti e non è una condizione che si sviluppa in modo automatico per il solo fatto di avere la trisomia 21. Si tratta delle medesime patologie che possono colpire, per ragioni diverse, qualunque altra persona.
La parola più corretta da usare per spiegare il concetto di sindrome è condizione genetica.
Ai bambini e alle bambine più giovani, quindi, che ancora non possiedono elaborate conoscenze biologiche, potremo dire che la Sindrome di Down è una condizione tipica delle persone che hanno alcune differenze nel codice genetico rispetto ad altre.
Già a partire dalla quarta classe della scuola primaria, invece, potremo parlare più correttamente dicendo che si tratta di una condizione genetica caratterizzata dalla presenza di un cromosoma in più che resta libero (nella trisomia a 47 cromosomi) o di un cromosoma in più che si attacca ad un altro (nella trisomia a 46 cromosomi).
Ricordiamoci di adattare all’età il linguaggio che utilizziamo per le nostre spiegazioni.
Per approfondire la conoscenza di questa Sindrome vi consigliamo il sito dell’AIPD, Associazione Italiana Persone Down.
Vietati i pietismi
Le persone con Sindrome di Down non sono eccezionali o speciali in virtù della loro condizione genetica.
Possono avere particolari meriti morali o personali esattamente come qualunque altra persona, ma le lodi iperboliche che solitamente si collegano alla sindrome di cui sono portatrici sono assolutamente da evitare.
Una persona con sindrome di Down è una persona come tante altre con una condizione genetica differente.
Anche i gemelli monozigoti hanno una condizione genetica differente rispetto ai fratelli germani: li definiamo, per ciò stesso, persone splendide? No.
Quello che i bambini e le bambine devono capire è che ogni persona ha un suo corredo genetico, delle sue peculiarità che la rendono unica. Per questo motivo le persone non sono mai uguali una all’altra.
Le persone con sindrome di Down non fanno eccezione: hanno una loro peculiarità genetica derivante dal numero cromosomico. E anche loro sono tutte diverse l’una dall’altra.
Siamo tutte persone diverse, ciascuna a proprio modo. Ed è da questa nostra diversità profonda che nasce il nostro essere tutti uguali.
Riduciamo le distanze, ideali e reali
I bambini e le bambine con Sindrome di Down hanno gli stessi interessi, le stesse curiosità e gli stessi gusti di ogni altro bambino o bambina.
In alcuni casi amano giocare con le macchinine, mentre in altri preferiscono i giochi di costruzione. Alcune bambine amano le bambole, altre invece preferiscono andare in bicicletta o giocare a fare l’astronauta.
Questo, che a noi sembra così ovvio, non lo è invece per le nostre figlie e figli, che se non abituati alla relazione con persone portatrici di disabilità potrebbero di primo acchito pensare che si tratti di persone che non possono fare le stesse cose che facciamo noi.
Non è così: le persone con Sindrome di Down – a meno di soffrire di gravi malattie collegate alla loro condizione – possono svolgere le stesse attività svolte da ogni altra persona.
È importante, però, spiegare bene che nella maggior parte dei casi avranno bisogno di essere aiutate un pochino, oppure saranno più lente a fare una cosa e ci impiegheranno più tempo.
Ma anche questa loro caratteristica, assolutamente casuale e non generale, può riguardare normalmente anche persone che non hanno la Sindrome di Down: non esistono, forse, bambini e bambine che sono più lenti a leggere, o a fare i conti, o che hanno più difficoltà a scrivere rispetto ad altri compagni e compagne?
Anche in questo caso la chiave di volta di ogni discorso è la singolarità delle persone: la diversità di ognuna, che però ci avvicina e ci rende uguali, anzichè dividerci.
Lo strumento più utile a questo scopo è la relazione personale.
Facilitiamo la relazione dei bambini e delle bambine con coetanei e coetanee con Sindrome di Down.
È il modo migliore perché trovino le risposte giuste alle loro domande, sperimentando la relazione inclusiva e arricchendo il loro bagaglio emotivo e culturale.
Distruggiamo lo slur
Gli slur sono parole dispregiative ed offensive utilizzate per indicare categorie di persone.
Esistono slur di vario tipo, a seconda della categoria di riferimento: possono essere sessisti, razzisti, omofobi, abilisti e così via.
Come qualunque altro slur, anche quelli ancora utilizzati per riferirsi alle persone con Sindrome di Down sono assolutamente da eradicare dal pensiero e dal linguaggio comune.
E per quanto vorremmo che tale procedimento fosse già ampiamente concluso, purtroppo ne siamo ancora lontani e i nostri figli e le nostre figlie ci entreranno inevitabilmente in contatto.
Come sempre, il dialogo è la soluzione ideale.
Perché quando i ragazzini e le ragazzine sentono alcune parole per la prima volta – e ci riferiamo a parole usate e abusate, spesso, durante l’età preadolescenziale – potrebbero essere tentati di ripeterle per spirito di emulazione, per sentirsi grandi, il più delle volte senza nemmeno conoscerne il significato.
Noi però possiamo prepararli. Possiamo spiegare loro che questi termini esistono, che hanno un intento umiliante e offensivo, che feriscono e fanno del male alle persone cui sono rivolti e che quindi non devono essere usati.
A riguardo, l’immedesimazione empatica è molto utile. Domandiamo loro “come ti sentiresti, tu, se fossi insultato in quel modo per una caratteristica fisica che non hai scelto di avere?”
I migliori libri per spiegare ai bambini la Sindrome di Down
Come sempre, indichiamo di seguito una selezione di libri molto belli e studiati appositamente per spiegare in modo semplice la Sindrome di Down ai bambini e alle bambine.
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Libri per i genitori
Lo zaino di Emma
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Recentemente ho imparato una lezione di vita importantissima: se vuoi sapere come si sente una persona che ha una disabilità, devi chiederlo a lei.
Intorno alla disabilità è stata costruita, certamente coi più nobili intenti, una cortina di lodi pietistiche che ha partorito la filosofia della disabilità come dono. Ma la disabilità non è un dono e Martina Fuga – mamma di Silvia – in questo libro ci spiega chiaramente che per Silvia avere la sindrome di Down significa fare più fatica di chiunque, doversi impegnare il doppio per raggiungere lo stesso risultato. Come una persona che vive la propria vita con uno zaino sulle spalle che ogni giorno ha un peso diverso e che nessuno, mai, potrà portare al posto suo.
Un racconto toccante ed estremamente obiettivo, certamente la lettura più adatta per capire esattamente di cosa parliamo.
Non è te che aspettavo
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Di tutt’altro stampo questa splendida graphic novel, che ha il pregio di restituirci leggerezza ma al contempo avvicinarci al duplice tema delle aspettative sul “bambino immaginario” e della disabilità scoperta in epoca perinatale.
Emozionante e bellissima.
Libri per i bambini
Mia sorella è un quadrifoglio
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Ognuno a suo modo è raro e, dunque, speciale. Viola lo impara quando nasce Mimosa, la sua nuova sorellina.
Ma qualcosa non va come ci si aspettava: Mimosa è diversa dagli altri bambini e anche le abitudini di famiglia vengono profondamente alterate dal suo arrivo. Lentamente, Viola condurrà i piccoli lettori e le piccole lettrici a capire cosa significa accogliere in famiglia un neonato con disabilità e imparerà ad amare Mimosa proprio per quelle peculiarità che la rendono, ai suoi occhi, diversa e bellissima.
Dai 5 anni.
Mio fratello rincorre i dinosauri
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Che cosa significa avere un fratello minore con la sindrome di Down? Cosa si prova ad aspettare un super eroe e veder nascere un bambino che ha tante, a volte troppe difficoltà? Mazzariol, in questo romanzo bellissimo – struggente e ironico al contempo – ci mostra il tema del bambino immaginario da una prospettiva differente: quella dei fratelli, spesso i grandi dimenticati nel terremoto delle difficoltà legate all’accoglienza di un neonato con disabilità.
Il libro più bello che leggerete mai su questo tema.
Dagli 8 anni.
Siamo tutti unici: trova le differenze
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Una filastrocca divertente e coloratissima con due protagonisti d’eccezione: Bianca e Cagnolino, che attraverso le rime divertenti di ogni pagina ci mostrano come – in realtà – il mondo sia popolato da persone tutte uniche nelle loro particolarità, eppure ricche di differenze stimolanti.
Dai 3 anni.
Un mondo senza diversità
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Libro di fiabe con racconti sulla disabilità e immagini di bambini e bambine con disabilità, altro grande tabù di cui spesso pecca la letteratura per l’infanzia.
Attraverso questi racconti, l’intento è di facilitare la relazione con i bambini e le bambine con disabilità attraverso l’educazione emotiva e la comprensione empatica.
Ci piace particolarmente perché è adatto dalla nascita.
La sindrome di UP: la felicità insegnata da persone con Sindrome di Down
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La riflessione che sta alla base di questo libro è straordinaria: perché le persone con sindrome di Down sembrano avere la capacità di essere più serene e felici degli altri? Non sarà, per caso, perché nella loro vita costantemente appesantita da quel famoso “zaino” hanno imparato a guardare con occhi diversi alle cose per cui vale la pena essere felici?
Imperdibile, dai 12 anni.
Conclusioni
Giunti alla fine di questo lungo post, che ci è particolarmente caro per l’importanza di educare i nostri figli e figlie all’accettazione della disabilità, vi chiediamo: voi come avete affrontato il tema in famiglia? Avete preso spunto da qualche libro tra quelli che abbiamo citato? Ne conoscete altri che potremmo aggiungere a questo articolo? Ditecelo nei commenti!