Freddie Mercury: ecco cosa ho imparato da lui
Pubblicato il 10 Febbraio 2020 da Mamma Felice
Freddy Mercury: quando è morto io avevo 15 anni e non sapevo proprio nulla della vita.
Ho sempre vissuto in paesino piccolo di provincia in cui tutto era ‘nella norma’ (per finta).
A parte la droga, che faceva parte della tradizione della provincia torinese e che ha regalato a Torino il triste primato di capitale europea dell’eroina. Per dire.
Non lo ascoltavo nemmeno tanto, io, Freddy Mercury. Non è che lo conoscessi benissimo.
Ma ricordo perfettamente il giorno della sua morte, i telegiornali e le cose preziose che ho imparato e che mi hanno fatto cambiare per sempre mentalità – insieme al liceo classico di sinistra che frequentavo.
Fu la prima volta che sentii parlare di AIDS e di HIV. Avevo già fatto sesso, a quell’età, ma non sapevo niente di AIDS.
E pochi ne sapevano qualcosa, perché fu proprio ‘grazie’ alla morte di Freddy Mercury che iniziò il dibattito sulle malattie a trasmissione sessuale, e iniziò il programma di informazione e prevenzione dello Stato.
Prima di lui fu l’attore Rock Hudson a far timidamente parlare di AIDS, nel 1985, ma io allora avevo 9 anni e pensavo che mi facesse schifo l’idea persino di limonare.
Fino ad allora si pensava che la malattia fosse un destino riservato a pochi emarginati e soprattutto una “prerogativa” del mondo omosessuale, mentre il caso di Hudson dimostrò che il virus non risparmiava nessuno, neppure chi era ricco, famoso e, almeno apparentemente, eterosessuale. (Wikipedia)
Lo so perché quando lavoravo in Croce Rossa ho scritto diverse dispense sanitarie per i miei allievi, e in una di queste, dedicate alla prevenzione sanitaria e autoprotezione durante il soccorso di emergenza, trattai a fondo l’argomento HIV, studiando anche i progressi compiuti dalla medicina sino ad allora, e soprattutto l’avvincente storia di Robert Gallo e Luc Montagnier e la diatriba tra Stati Uniti e Francia per la scoperta del virus (avevo trovato un meraviglioso libro della Newton, a 1000 lire, che ne parlava dettagliatamente, ma su Wikipedia ora trovate tutto – solo che ai miei tempi Internet non c’era, ciao).
Insomma, era il 1991 e il mondo perdeva un artista incredibile, un performer, un uomo meraviglioso, un talento di appena 45 anni… e allo stesso tempo apprendeva della pericolosità dell’AIDS e le sue terribili conseguenze, ma – soprattutto – affrontava le prime sfide di protezione.
Ci furono anche le pubblicità progresso con i ragazzi avvolti da una una bolla viola e un claim spaventoso:
AIDS. Se lo conosci, lo eviti. Se lo conosci non ti uccide.
Che tigna, ragazzi.
È stata l’età della conoscenza e della consapevolezza, della paura dell’HIV, dei clorofluorocarburi e dell’effetto serra, della sfida contro l’omofobia.
Perché Freddy Mercury mi ha fatto conoscere l’omosessualità e – scusatemi – qui da noi nel paesello nessuno è mai stato gay (sempre per finta) e i coming out si potevano contare su un pollice (uno) e i gay erano trattati come macchiette – se non direttamente disprezzati.
E vi giuro che ancora oggi, nel mio paese, non conosco nessun gay dichiarato, nemmeno tra i banchi a scuola (cosa peraltro matematicamente impossibile). Figuratevi ai tempi in cui La Parrocchia vedeva tutto.
Un giorno, durante la classica occupazione liceale, noi del Kollettivo (eh, lo so, eravamo giovani e di sinistra e usavamo le K per definire la nostra volontà di essere Kontro) abbiamo trasmesso un film: Amici, Complici e Amanti, di Paul Bogart (Wikipedia). Se potete, guardatelo con due pacchi di fazzoletti formato maxi. Onestamente non so se arrivò in Italia prima o dopo la morte di Freddy Mercury, perché il film originale è del 1988 e io allora avevo 12 anni, quindi decisamente non ero al liceo.
Comunque questo film fu lo spartiacque decisivo della mia vita: ho capito che persona volevo diventare. Ho capito le cose in cui volevo credere.
Parlavo con Marco, piangendo, sul tram numero 13, e gli chiedevo:
– ma è sempre così difficile (ndr. essere gay)?
– no, è un po’ peggio.
Poi io e Marco ci siamo ritrovati tantissimi anni dopo alla fermata del bus a Bologna, poi siamo diventati amici da grandi e poi per uno stupido litigio di politica su FB non ci siamo fatti più amici, ma non c’è giorno in cui io non pensi a lui. E da allora ho smesso di litigare su FB e non faccio più discussioni di politica. E adesso che ci sono le unioni civili io vorrei tanto sapere se si sposa, perché ci eravamo promessi – da piccoli – che quel giorno io avrei partecipato, ma siamo stati troppo stupidi per amare la nostra amicizia fino alla fine.
Quel giorno, sul 13, io sapevo che la mia vita non sarebbe mai più stata la stessa, e non mi sarei mai sentita pienamente felice, se in Italia non fosse stato regolarizzato il matrimonio gay. E ho aspettato tanto, ho pianto tanto, mi sono arrabbiata fortissimo, ho urlato fino a bruciarmi la gola.
Poi il 5 Giugno 2016 le unioni civili sono diventate Legge Italiana e io ho esultato e pianto di gioia, e mia figlia accanto mi guardava felice, elettrizzata e stupita. E non ha voluto scendere in strada con me a suonare il clacson come avevo fatto da bambina quando l’Italia vinse i Mondiali nel 1982, oppure quando, negli Anni ’90, pur avendo 14 anni, ancora non mi vergognavo di esultare per il calcio, mentre Gianna Nannini cantava Notti magiche (Un’estate italiana) e tutto sembrava possibile.
Ho visto realizzarsi il sogno delle unioni civili qui a Torino, un mesetto fa: due anziani signori di 80 anni e passa, e insomma, la felicità mi rimbalzava nel cuore.
E adesso sono passati 3 mesi dall’approvazione di questa Legge e l’Italia è sempre qui, come prima, e chi era contrario forse si è dimenticato delle sue preoccupazioni, e piano piano tutto andrà bene. Lo so.
Non sono stati anni facili.
Non è stato facile perdere Freddy Mercury, imparare a proteggersi dall’HIV, amplificare il dibattito sull’omosessualità e far ridurre il buco dell’ozono.
Ci sono voluti molti anni, probabilmente qualcuno di troppo, ma alla fine siamo qui: qualcosa si è fatto, e altro si farà.
E la lezione che ho imparato da Freddy Mercury è che – anche quando la vita finisce – tutto può cambiare.
Questa è stata l’ultima canzone che ha cantato, ed è stato il suo addio.
These Are The Days Of Our Lives
Sometimes I get to feelin’
I was back in the old days – long ago
When we were kids, when we were young
Things seemed so perfect – you know?
The days were endless, we were crazy – we were young
The sun was always shinin’ – we just lived for fun
Sometimes it seems like lately – I just don’t know
The rest of my life’s been – just a show.
Those were the days of our lives
The bad things in life were so few
Those days are all gone now but one thing is true –
When I look and I find I still love you.
You can’t turn back the clock, you can’t turn back the tide
Ain’t that a shame?
I’d like to go back one time on a roller coaster ride
When life was just a game
No use sitting and thinkin’ on what you did
When you can lay back and enjoy it through your kids
Sometimes it seems like lately I just don’t know
Better sit back and go – with the flow
Cos these are the days of our lives
They’ve flown in the swiftness of time
These days are all gone now but some things remain
When I look and I find – no change
Those were the days of our lives yeah
The bad things in life were so few
Those days are all gone now but one thing’s still true
When I look and I find, I still love you,
I still love you.
È morto pochi giorni dopo queste riprese.
Ma chi potrà mai dimenticare lui, la sua eredità artistica e – io – quella umana?
Piano piano ce la faremo, non torneremo indietro. Vedi Sanremo, Tiziano Ferro 5 giorni sul palco con tanta allegria e serenità. Ebil suo discorso di sabat? Solo 5 anni fa non sarebbe stato possibile!
Questo è vero, ma che lentezza…
che impressione Barbara!!! hai scritto tutto quello che avrei potuto scrivere io e che ho imparato da questo tragico evento.
so amazing…