5 consigli pratici per fare addormentare un neonato
Pubblicato il 9 Luglio 2019 da Mamma Felice
La mancanza di sonno, nei primi mesi di vita di un neonato, può essere davvero difficile da gestire. Per ogni neo genitore è il primo scoglio da superare: un mix di sensazioni che si inanellano le une nelle altre, tra la stanchezza e l’ansia di sbagliare qualcosa, alla gioia di avere avuto un figlio.
Mi piace ricordarvi che è del tutto normale; non a caso nei primi 40 giorni di vita del bambino si parla di puerperio:
Il puerperio è definito come il periodo di tempo che inizia subito dopo il parto e termina con il ritorno dell’apparato genitale alle condizioni anatomo-funzionali pregravidiche: convenzionalmente si assegna a tale periodo una durata di 6 settimane. Subito dopo l’espulsione della placenta (secondamento), le prime due ore sono definite post-partum per i drastici cambiamenti che le caratterizzano, che segnano il passaggio dell’organismo dallo stato gravidico a quello puerperale.
Il puerperio è un periodo caratterizzato da cambiamenti fisici, da forti emozioni, dal progressivo ma rapido adattamento richiesto dalla nuova realtà e dalle nuove responsabilità; per nove mesi la donna ha immaginato il proprio bambino e la vita futura, ma una cosa è l’immaginazione e un’altra cosa è la situazione reale che dovrà fronteggiare anche in presenza di disturbi fisici o di stanchezza.
Nel periodo post-partum la donna dovrebbe ricevere una valutazione clinica (sanguinamenti vaginali, contrazioni uterine, pressione arteriosa, temperatura, frequenza cardiaca etc) ed essere supportata per incentivare l’allattamento esclusivo al seno. Spesso si dà per assodato che una neomamma debba essere felice in ogni istante solo per il fatto di essere mamma, ma si tratta di un falso mito. Occorre tempo per adattarsi al nuovo ruolo di madre.
La donna vede rivoluzionata la sua vita, nulla è più come prima: il sonno, l’alimentazione, gli affetti, il ruolo sociale e familiare. In altre parole tutto viene rimesso in gioco, in un momento della vita in cui deve dedicarsi ad un altro individuo, pieno di pretese sconosciute, da individuare, decodificare e soddisfare.
Fonte: Ministero della Salute
Questo significa che i genitori (vero che la mamma ha affrontato il parto, ma anche i papà o i secondi genitori sono protagonisti in questa fase) vivranno un momento di stanchezza e di forti emozioni.
E sapete qual è la vera cura in tutto questo periodo? L’amore.
Prendersi il tempo (è difficile, lo so, ma va fatto!) di non fare altro che i genitori, prendersi il tempo di non lavorare, di riposare quando si riesce, di mangiare bene e di vivere in una situazione ‘protetta’.
In questo senso, i parenti e gli amici dei neo genitori devono essere supportivi: aiutare senza sostituirsi, pulire la casa, portare cibi freschi e sani. E soprattutto non giudicare, non fare rumore, non pretendere che la nuova famiglia che si è creata diventi subito social o si assuma anche la responsabilità di organizzare feste e serate come prima.
Tutto accadrà, ma con i giusti tempi!
In questo clima di serenità, allora anche i neonati sapranno trovare la calma necessaria per prendere il giusto ritmo sonno-veglia e sentirsi davvero al centro dell’attenzione dei propri genitori. Che è la cosa fondamentale: i neonati hanno bisogno di contatto, di essere visti, di essere accuditi, di stare in braccio e di sentirsi amati e desiderati.
When all around you is hormonal fog and existential fear, attachment parenting offers clarity and promise: follow these steps and you will bond more quickly with your baby, and they will be happier.
Fonte: The Guardian
Questo modo di crescere i bambini aiuta sicuramente a stringere con loro un legame più forte (bonding) e potrebbe renderli più sani e più felici nella vita.
Ma non esistono formule magiche, né check list, nel crescere i bambini: siccome ognuno di noi è differente, e così anche ogni neonato, non possiamo dire che seguire alla lettera un singolo metodo pedagogico ci assicurerà automaticamente di crescere figli felici, intelligenti ed educati. Perché l’educazione è composta da tanti fattori, da tanti istanti, da tante variabili.
All children, even those with loving parents, even those with attachment parents, will fall down occasionally, feel sad, be insecure, get angry, and that’s not because they had bad parents – it’s because they’re human.
La qualità di essere ‘genitori sufficientemente buoni’ non proteggerà i nostri figli dalle normalissime emozioni negative della vita: cadere e fallire, arrabbiarsi, essere tristi. E non perché siamo cattivi genitori, ma perché siamo umani.
L’attaccamento parentale, per quanto mi riguarda, non è dunque un invito ad annullarsi per i figli (allattamento ad oltranza, cosleeping ad oltranza), ma piuttosto un modo di gestire il tempo della relazione: prendersi il giusto tempo per entrare in contatto con il bambino e con il nostro nuovo ruolo di genitori. Prendersi questo tempo sottraendolo al lavoro, ai parenti, agli obblighi sociali – per un tempo ragionevole di 40 giorni, in cui quello che è importante è solo l’amore.
5 consigli pratici per fare addormentare un neonato
Alla luce di questi discorsi sull’attachment parenting, io vi posso dire come abbiamo gestito noi la questione sonno, con nostra figlia. Che non sarà un metodo universale, ma è un modo molto pratico di vedere le cose e di ridimensionarle.
Pelle contro pelle
Un bimbo appena nato si trova in un mondo troppo grande, per sentirsi davvero al sicuro. Ciò che gli dà sicurezza è restare a strettissimo contatto con i suoi genitori, pelle contro pelle.
I vizi non esistono, quando si parla di amore e di contatto.
“Babies who are deprived of secure attachment do not grow well,” the Sears write in The Attachment Parenting Book, first published in 2001. “They seem sad. It’s as if they’ve lost their joy of living.” Children raised the attachment way, by contrast, are “caring and empathetic”. Attachment is “a special bond [… ] Followers stress that attachment parenting isn’t about rules, but about creating a special relationship.
Per questo è molto importante tenere tanto in braccio i neonati, portarli in fascia e vivere i primi giorni a stretto contatto con loro.
E, come dicevo, non c’è bisogno di ‘lavorare duro’ come dice Sears, per ottenere questo risultato. Non c’è bisogno di annullare se stessi ed essere sempre disponibili per il bambino anche quando non abbiamo le energie per farlo (in questo senso, l’articolo del Guardian che vi cito è molto esplicito: So who is attachment parenting for: the mother, the child, the conservative ideologues?)
Questo per me riguarda più che altro l’approccio familiare: essere in due a farlo (quando esistono due genitori, ovvio), supportarsi a vicenda e soprattutto staccare la spina per qualche tempo ad ogni altra attività.
Abbiamo tutti paura di prenderci del tempo per stare con i figli, come se potessimo perdere il nostro posto del mondo. Come se non volessimo accettare che la vita cambia, quando si hanno figli, ed è semplicemente giusto così. E tutto può tornare normale dopo poche settimane, con un po’ di pazienza e perseveranza.
Giorno e notte: non confondiamoli
Spesso i neogenitori, stanchi per la privazione di sonno, fanno di tutto perché il bambino di giorno possa riposare senza rumori.
Si arrabbiano con chi suona il campanello, chi telefona, chi fa i lavori di casa, o altri bambini che giocano facendo rumore nelle ore del giorno consentite.
Per fare in modo che i neonati dormano di più la notte, ma anche che riescano a riposare bene in condizioni normali della vita, è importante non eliminare dalla propria casa i rumori normali della vita quotidiana.
Di giorno, tenete aperte le persiane e le tende, come fate normalmente: non è necessario creare il buio totale anche di giorno.
Allo stesso modo, fate le cose che fate sempre: tenete la radio accesa, fate le pulizie, cucinate, parlate con un tono di voce normale, fate la lavatrice e lasciate pure che i corrieri suonino il citofono.
In questo modo il bambino – sempre con calma! – imparerà a distinguere il giorno dalla notte.
Questo modo di fare è utile perché, diversamente, il bambino si abituerebbe a dormire solo in certe circostanze (silenzio e buio totale), difficili da ricreare fuori casa o incompatibili con la vita domestica.
Non svegliamo i bambini che dormono!
Quando un bambino dorme, ha sonno.
Questa assunzione super banale può sembrare scontata, ma non lo è. Se un bambino sta dormendo, non dovremmo svegliarlo – a meno di casi particolari, per esempio se dobbiamo uscire dall’auto per tornare in casa, andare dal medico, oppure ovviamente nutrirlo.
Immaginiamoci mentre qualcuno ci sveglia dal nostro pisolino solo ‘perché non è questa l’ora di dormire’: come ci sentiremmo? Nervosi? Arrabbiati?
Così accade anche ai bambini.
Per evitare che i bambini dormano ‘quando non dovrebbero’, l’unica strada è la routine – che del resto loro amano molto.
Un neonato dorme in media 18/20 ore al giorno.
Intorno al primo anno di vita il bambino dorme circa 14/15 ore al giorno, scendendo a circa 12 ore di sonno al giorno intorno ai tre anni.
Tutto è incentrato sulla routine.
Se sappiamo che nostro figlio dopo la colazione gioca mezz’oretta e poi crolla, conviene programmare le nostre uscite subito dopo il riposino. Altrimenti rischiamo che il bambino, troppo stanco e troppo stimolato, si innervosisca, pianga o perda il controllo.
Se sappiamo che nostro figlio alle 18 ha fame, assecondiamolo: evidentemente adesso la cena è meglio servirla a quell’ora, perché è quello il momento in cui ha appetito, prima che diventi troppo nervoso. Crescendo, i tempi si allungheranno da soli, anche perché diminuiranno i riposini di metà mattina e di metà pomeriggio (fino ad annullarsi del tutto intorno ai 4-5 anni).
Scegliamo un buon letto anche per i bambini
Spesso si sottovaluta l’importanza di un buon letto e di un buon materasso, sia per i bambini, che per i neonati. Invece sono due elementi fondamentali per un buon riposo.
Su letto e materasso nessuno di noi dovrebbe mai andare al risparmio: quanto si è felici, dopo una bella notte di sonno ininterrotto?
Per quanto mi riguarda, oltre al trio iniziale (quindi la culla per i primi mesi), io vi suggerisco un lettino basso in stile Montessori.
La caratteristica di questo letto è che è facilmente raggiungibile dal bambino, che può dunque esercitare le sue autonomie e salire / scendere dal letto in tutta sicurezza (di norma sono lettini posti a circa 20 centimetri dal suolo, per cui anche in caso di cauta accidentale, il bambino non si fa male).
Cosa non fare: posizionare il materasso direttamente sul pavimento. Oltre al fatto che si riempie di polvere, non offre il giusto sostegno alla schiena del bambino.
Molti genitori mettono il materasso non direttamente sul pavimento, ma su un tappeto o un telo: ho sentito però diverse testimonianze di famiglie che mi hanno raccontato di aver trovato la base del materasso con infiltrazioni di muffa. Un materasso poggiato a terra, anche su un tappeto, non fa circolare abbastanza l’aria!
Molto meglio un buon letto a doghe in legno, con materasso alto almeno 16-21 centimetri.
Il rito della nanna
Ricordiamoci che tutti gli esseri umani sono abitudinari, soprattutto i neonati!
Perché la routine ci rende sicuri, non ci provoca l’ansia di quello che potrebbe succedere dopo: ci tranquillizza.
Per un neonato la routine è importante soprattutto quando segue i ritmi veri del bambino: quindi non è imposta dall’alto, ma è strutturata per venire incontro alle esigenze del neonato, personali e uniche, che si modificano anche in base al passare dei mesi.
Per alcuni bambini può essere confortante fare il bagnetto prima della nanna, per altri può essere uno stress: come abbiamo detto più volte, non ci sono regole ferree in questi casi. La scelta migliore è assecondare le preferenze del bambino.
Alcuni bambini preferiscono dormire da soli, altri vogliono addormentarsi con le coccole, altri ancora si addormentano in braccio per poi essere messi nel lettino: va bene tutto, l’importante è che dormano!
La routine deve essere impostata insieme: ovvero seguire sia le vostre esigenze di genitori, in quanto esseri umani, sia le esigenze di ogni bambino – considerando che ognuno di noi è un individuo unico al mondo.
Cambiamo atteggiamento
Quando mia figlia era piccola ho fatto molta fatica, i primi mesi, a gestire il sonno: per me dormire è fondamentale per stare bene (come per tutti!) e pativo particolarmente questa privazione.
Ma appena ho cambiato atteggiamento, tutto è migliorato.
Ho imparato a capire che i figli non sono dei robot, così come non lo siamo noi: non possiamo pretendere che i neonati chiudano gli occhi in automatico come Cicciobello, appena li mettiamo nel lettino.
Il nervosismo peggiora le cose: i bambini sentono tutto ciò che proviamo, perché sono molto empatici, ma soprattutto dipendono totalmente da noi. Dunque, cerchiamo di calmarci, di respirare e di accettare: più ci innervosiamo, più il bambino diventa nervoso.
Non tutto funziona sempre al primo colpo, così come nella vita di tutti i giorni: certe volte per instaurare una routine sonno-veglia occorre più tempo di quanto avevamo previsto, e va bene così. Non facciamo confronti con altri bambini e andiamo avanti con costanza e pazienza, sempre.
Ma soprattutto: il pianto del bambino non è un capriccio, né un giudizio nei nostri confronti, né un dispetto.
È pura e semplice comunicazione di un disagio.
Quando il nostro bambino piange non ci sta dicendo che abbiamo fallito come genitori: ci dice solo che ha bisogno di qualcosa, che siano coccole, cibo, acqua, riposo o cura.