Igiene nasale in prima infanzia: perché è così importante averne cura?
Pubblicato il 9 Gennaio 2019 da Mamma Felice • Ultima revisione: 23 Dicembre 2021
È piuttosto comune vedere i bambini con il nasino colante, almeno fino ai 5-6 anni d’età. Molto spesso queste condizioni sono sottovalutate ed è quasi considerato normale che il bimbo abbia “sempre il raffreddore”.
In realtà queste condizioni sono normali quando sono episodiche (raffreddore), ma dovrebbero scomparire totalmente non appena la fase acuta si è risolta; il bambino dovrebbe tornare a una normale respirazione nasale e non avere più muco che ristagna.
Non dovrebbe assolutamente esserci una condizione cronica di “naso tappato”, perché questo indicherebbe la presenza di una respirazione orale che è una abitudine deviante o disfunzionale che purtroppo oggi è molto diffusa, anche tra gli adulti.
La corretta respirazione dell’essere umano deve avvenire dal naso e non dalla bocca, in quanto il naso protegge le vie respiratorie riscaldando, umidificando e pulendo l’aria che respiriamo.
Tuttavia non si spiega mai a sufficienza a un neogenitore quanto sia importante per la salute del suo bambino e per il suo sviluppo fisico e linguistico avere il naso libero.
Cosa succede quando un bambino ha sempre il naso chiuso?
L’aria non viene filtrata ed entra direttamente dalla bocca, il bambino quindi è più esposto ai germi, soprattutto se va all’asilo.
A questo punto si attivano le barriere costituite da tonsille ed adenoidi che si ingrossano per contrastare i germi, fino a diventare in alcuni casi troppo grandi e richiedere particolari cure farmacologiche o l’intervento chirurgico di asportazione.
Se questa condizione si protrae e si cronicizza, porta il bambino a respirare sempre dalla bocca, alterando così lo sviluppo del palato, che per crescere in modo armonico necessita della spinta della lingua durante la deglutizione.
Il muco, che è prodotto dal nostro corpo in modo naturale per difenderlo, tende a ristagnare nelle orecchie perché non può più essere eliminato tramite le Tube di Eustachio (che collegano l’orecchio medio alla gola) in quanto le adenoidi ingrossate vanno ad ostruire il passaggio; ciò comporta in molti casi l’otite media (mal di orecchie) di grado più o meno grave e più o meno doloroso (talvolta asintomatico).
A lungo termine questo comporta un circolo vizioso dal quale è davvero difficile uscire: respiro dalla bocca – le adenoidi si ingrossano e il naso si tappa – mi ammalo – respiro ancora di più dalla bocca … il bambino diventa un respiratore orale.
In una certa percentuale è fisiologico che i bambini si ammalino di più, perché le loro difese immunitarie sono ancora immature e perché la loro anatomia è diversa dall’adulto.
Alcuni autori, però, ritengono che tali condizioni siano aumentate nel corso del 900, per una serie di fattori legati al modo di vivere occidentale: i bambini vivono pochissimo all’aria aperta, hanno un’alimentazione poco impegnativa (cibi molli) e vivono con ritmi serrati e molto più rapidi di un tempo. L’insieme di tali fattori ha comportato una tendenza crescente di condizioni orali disfunzionali.
Oggi, quindi, l’igiene nasale è fondamentale per prevenire otiti e respirazione orale cronica, eppure non è affatto considerata importante come per esempio l’igiene dentale.
PER APPROFONDIMENTO: Adenoidi e respirazione orale.
Una corretta respirazione nasale favorisce un buono ed armonioso sviluppo cranio-facciale, crea labbra competenti, occhi vispi e grandi ed un riposo notturno di qualità: i bambini sono quindi più sani, più energici e più belli.
IL LAVAGGIO NASALE
Il lavaggio nasale è una pratica fondamentale, indolore e a basso costo, ma che protegge da condizioni croniche. Se fatta fin dai primi mesi di vita, il bambino impara ad accettarla sena grossi drammi.
Come si esegue?
- Dotarsi in farmacia di un boccetto di soluzione fisiologica ed iniettarla tiepida con una siringa da 5 ml (ovviamente senza ago);
- Porre il bambino sdraiato su un fianco e, tenendo ferma la testa, spruzzare in modo deciso e continuo la fisiologica nella narice rivolta verso l’alto;
- Ripetere finché esce muco o finché il liquido fuoriesce dall’altra narice;
- Ripetere tutto nell’altra narice, sdraiando il bambino sull’altro fianco.
Può essere eseguita come prassi igienica dopo ogni bagnetto.
Ciò almeno finché il bambino non impara a soffiarsi il naso in modo autonomo ed efficace: ciò è già possibile a partire dall’anno e mezzo o poco dopo, ma molto dipende da quanto l’adulto pone attenzione su questo atto.
Se il tuo bambino non sa soffiarsi bene il naso, puoi sfruttare alcuni trucchi per fargli capire la tecnica:
- soffiare nelle cannucce appoggiandole alla narice (una alla volta) e cercando di spostare piccole piume o pezzetti di carta;
- fare il verso dell’animale inferocito (buttare aria dal naso).
Solo dopo che riuscirà a fare questo movimento in modo volontario, potrai inserire il fazzoletto.
Imparare a soffiare il naso sarà il passo finale che renderà dunque meno necessario il lavaggio nasale, seppure è consigliabile mantenere questa abitudine; per esempio molti adulti utilizzano il Neti Lota, una tazza con beccuccio per l’igiene nasale che resta un’abitudine efficace per mantenere il naso pervio e migliorare il respiro.
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Se desideri approfondire il tema e insegnare al tuo bambino a soffiarsi il naso, puoi leggere questa guida: Oggi imparo a soffiarmi il naso: kit pratico, qui trovi l’anteprima gratuita.
Articolo a cura di: Mamma Logopedista, dottoressa Eleonora La Monaca.
Buongiorno,
ho letto con interesse l’articolo ma ultimamente vi sono pareri opposti in merito ai lavaggi nasali come prevenzione, anzi recentemente un otorino me li ha sconsigliati per un bimbo soggetto ad otiti.
Lascio questo link molto interessante:
https://www.uppa.it/medicina/malattie-e-disturbi/lavaggi-nasali-soluzione-fisiologica/
Grazie Luisella, mi sembra piuttosto in linea rispetto a quanto ha scritto la nostra Logopedista: il lavaggio nasale indicato per il bambino raffreddato o con veri problemi di respirazione, non fatto a caso.
Sì, è vero, alcuni medici orl lo sconsigliano, ma la letteratura scientifica e il confronto con colleghi del settore portano alla conclusione che sono rari i casi in cui si manifesta un peggioramento. L’unico scrupolo è evitare di farli in fase acuta, cioè nei 3-4 giorni successivi all’episodio di mal di orecchie.