Mamma Felice

10 consigli utili sulla maternità, da chi ci è già passata

Pubblicato il 6 Dicembre 2018 da

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Ormai sono una ‘mamma di bambina grande’ e di solito le mie amiche giovani mi vedono come una persona a cui chiedere consigli spassionati. Se c’è una cosa che non dico mai, è che la maternità cambia la vita. Perché chi cerca un bambino, di solito gli ha già fatto posto nel cuore. Quel bambino in qualche modo esiste già ed occupa già il suo spazio nel mondo. 

Essere genitori è bello. Questo dico sempre. 
Non che non sia faticoso, tra notti in bianco e normali preoccupazioni – ma non è una tragedia.
Noi possiamo ancora divertirci, essere felici, stare bene, coltivare noi stessi.

E – soprattutto – possiamo restare umani.
Perché se c’è una cosa che la maternità proprio non è, quella è la perfezione. 

01: Condividere la gestione del bambino

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Spesso noi mamme vogliamo credere di essere indispensabili nella vita dei figli, perché questo chiaramente ci gratifica e ci fa stare bene, ma non è del tutto vero.

È chiaro che una mamma, quando c’è, sarà sempre fondamentale nella vita del proprio bambino, soprattutto nei primi anni di vita.
Tuttavia questo non significa che i papà, i compagni e le compagne non possono avere la medesima importanza nella vita del bambino.

Si dice sempre che ‘per crescere un bambino occorre l’aiuto di un intero villaggio‘ e, se vogliamo garantire a questo bambino un vero sviluppo emotivo, questo è l’obiettivo a cui dovremmo tendere.

Non possiamo pensare di farci carico da sole di tutte le esigenze del bambino, da quelle fisiche a quelle emotive o intellettuali, perché ogni bambino ha bisogno della presenza, del contatto e dell’attaccamento anche di altre figure. Che siano il papà, un’altra mamma, un compagno, ma anche i nonni e gli altri fratelli: ognuna di queste persone avrà un ruolo determinante nella sua vita. L’importante è che siano tutte brave persone!

All’inizio è normalissimo sentirsi molto gelose del proprio figlio e provare persino un fastidio fisico quando questo viene toccato, preso in braccio, coccolato da altri. Io provavo un vero disgusto verso tutti, inizialmente: odiavo chi me la portava via dalle braccia, detestavo chi la toccava senza il mio permesso. Mi sentivo come una leonessa che difende il suo cucciolo.

Con il tempo ho imparato ad allargare il cerchio intorno a mia figlia, e mi sono sentita meglio.

Con il passare del tempo, infatti, possiamo farci un favore e farlo anche al bambino: cercare di allargare la nostra cerchia di aiuto, per fare in modo che il bambino si senta sempre circondato da tante persone che lo amano, non da una soltanto.
Per lui: avere altri punti di riferimento sarà un’occasione per crescere.
Per noi: avere un’educazione condivisa sarà l’occasione per prenderci cura anche di noi stesse, continuare a lavorare, continuare a rincorrere i nostri sogni e trovare tempo per noi stesse. Fondamentale!

02: Condividere la gestione della casa

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Allo stesso modo, la casa non è della mamma, ma di chi la abita. Tutti i membri della famiglia dovrebbero concorrere alla pulizia e gestione della casa, alle lavatrici, al riordino, alla spesa e anche alla cucina, ovviamente in proporzione al tempo a disposizione, alle proprie capacità, alle proprie preferenze e anche alla propria età.

Sarebbe bello, in un mondo ideale, non sentire più frasi del tipo: ‘mio marito mi aiuta in casa‘; ma cambiare il nostro stesso modo di parlare e di pensare: ‘io e mio marito condividiamo insieme la gestione della casa e della famiglia’.

Spesso le donne tendono a credere di essere indispensabili anche nella gestione della casa e hanno la tendenza a credere che i propri compagni non eseguano bene i lavori domestici; ‘non come li farebbero loro‘.

Questa è solo una questione di abitudini e di educazione.
Ciascuno di noi, in quanto persona umana, è perfettamente in grado di gestire una casa, cucinare, spolverare e lavare i pavimenti senza bisogno di un supervisore che controlli con il guanto bianco se c’è ancora un filo di polvere sulle porte.

All’atto pratico, quindi, dividiamo i compiti e la gestione della casa con tutti i membri della famiglia, chiedendo a ciascuno di fare la sua parte.

In questo modo alla mamma non spetterà il lavoro esclusivo della casa e anche la cura esclusiva del bambino, ma ci sarà anche il tempo per se stessa, per il suo lavoro, per le sue passioni.

03: Ricordarsi di se stesse

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Il concetto di Mammafelice è proprio questo: prendersi cura di se stesse soprattutto come persone, per essere ‘anche’ delle Mammefelici.

Realizzare se stesse non è un ostacolo alla maternità, né toglie tempo, dedizione e amore ai nostri figli.
Realizzare noi stesse è anzi il primo modo che abbiamo di trasmettere valori positivi ai nostri figli, dimostrando con la pratica che si può essere genitori sufficientemente buoni anche quando si continua a coltivare il proprio sogno e la propria carriera.

La tendenza, soprattutto nei primi mesi di vita del bambino, potrebbe essere quella di lasciarsi un po’ andare: vuoi per i chili della gravidanza che si sono accumulati; vuoi per il fatto che scarseggia il tempo per pettinarsi, truccarsi e farsi la doccia; vuoi per la stanchezza generalizzata che certamente proviamo nel periodo post-partum.

Tuttavia, se riusciamo davvero a realizzare i primi due punti – e quindi a delegare la gestione del bambino e della casa in modo costante -, possiamo trovare anche il tempo per prenderci cura di noi stesse, ricordarci delle nostre esigenze personali.

Possiamo praticare un atto di sano egoismo.
Ricordiamoci che in questo caso l’egoismo non è negativo, ma è amore verso se stessi.
Non è neppure egocentrismo, perché non ci mettiamo al centro della vita altrui, ma semplicemente restiamo al centro della nostra stessa esistenza.

Ai nostri figli possiamo così insegnare la fiducia in sé, la resilienza, la capacità di resistere di fronte agli imprevisti, l’amore per se stessi e il desiderio di vivere una vita soddisfacente che ci renda realmente felici.

Ricordiamoci che la felicità non è un optional e che la meritiamo perché non siamo qui per vivere una vita di sacrifici in nome della famiglia e dei figli, ma per vivere una vita felice insieme alla famiglia e figli.

04: Cercare una brava ostetrica per il post partum

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Per me, la parte più dura della maternità è stata sicuramente la mancanza cronica di sonno, che nei primi mesi di vita è piuttosto fisiologica per i neonati. Altro momento difficilissimo: i problemi di avviamento dell’allattamento al seno.

Con il senno di poi, avrei voluto ricevere per tempo il consiglio di cercare una brava ostetrica che mi seguisse nei primi 40 giorni dopo il parto, venendo direttamente a casa per vedere come stavo, per accertarsi delle mie condizioni, per verificare che io non soffrissi di solitudine o Baby Blues, per aiutarmi nell’allattamento.

Se ne avete la possibilità vi consiglio, quindi, ancora prima di partorire, di contattare già una brava ostetrica nelle vicinanze di casa vostra, per avere un appoggio sicuro e professionale durante il post partum, in aggiunta all’aiuto che riceverete dalla famiglia e dal vostro compagno.

Questo sarebbe molto importante non solo per riuscire ad allattare al seno senza senza dolore, ma anche per risolvere alcuni dubbi normalissimi che di solito angosciano i neogenitori sulla salute del bambino e sulla sua cura.

Infine, non meno importante, un’ostetrica a domicilio sarebbe importante per la nostra stessa salute. Sappiamo infatti che il parto può lasciare in eredità alcuni problemi fisici che andrebbero risolti subito, come ad esempio la cura del pavimento pelvico.

Inoltre, avere vicino un’ostetrica con cui siamo entrati in empatia, ci permetterebbe di avere anche una sorta di aiuto e conforto psicologico nei primi momenti dopo il parto, come ulteriore prevenzione contro la depressione post partum: una persona che ci guarda dall’esterno potrebbe essere utile per individuare precocemente alcuni problemi che possono essere superati più facilmente con un’attenta osservazione.

05: Abbassare le proprie aspettative sui neonati

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Alcune mamme amano fare confronti e vantarsi dei propri figli, a scapito della serenità delle altre neomamme.

Non di rado di capiterà di sentire mamme che giurano che i propri figli parlino correttamente a 4 mesi, che camminino a 5 mesi, che sappiano le lingue, che siano estremamente intelligenti (tipo mia madre!). Naturalmente, buon per loro.

Nella realtà, ognuno di noi tende a valorizzare molto i talenti dei propri figli e a volte anche ad esagerarli, perché è nella natura umana voler essere orgogliosi di ciò che si è costruito.

Tuttavia, ogni bambino davvero ha i suoi tempi – e questo non è solo un modo di dire. I confronti non servono a nulla.

Cerchiamo quindi di abbassare le nostre aspettative sul neonato, accettando che abbia i suoi tempi, ed evitando di anticiparne le tappe.

La stessa Maria Montessori diceva che il bambino, nel percorso di raggiungimento delle sue autonomie, ha bisogno di essere aiutato e di essere posto nella condizione adatta a svilupparsi, senza anticipare o ritardare le sue tappe di crescita. Ad ogni bambino, quindi, va fornito lo stimolo giusto per età e livello di maturazione.

Possiamo certamente fare il corso di nuoto con un neonato, ascoltare musica classica, comprare giochi di legno educativi e utilizzare alcuni spunti del Metodo Montessori per la nostra pedagogia familiare, ma questo dovrebbe essere finalizzato non a crescere figli geniali, ma a crescere figli felici.

06: Accettare l’aiuto degli altri, senza pensarlo come interferenza

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Non è assolutamente facile accettare l’aiuto degli altri e soprattutto ammettere di averne bisogno. Per lo meno per me è sempre stato così, perché sono sempre stata una donna molto libera e molto indipendente.

Ricordo perfettamente che, nelle prime settimane di vita di mia figlia, vedevo ogni aiuto esterno come un’intromissione o addirittura come un giudizio: sì, avevo paura di essere giudicata poco adatta come madre o addirittura insufficiente, e che quindi questo aiuto mi venisse fornito per compensare le mie mancanze.
Ho toccato il fondo un giorno quando ho addirittura pensato che l’aiuto che mi veniva fornito fosse il modo di dirmi che non ero una mamma abbastanza brava.

In realtà questo avveniva soltanto nella mia testa: un po’ per la stanchezza, un po’ per il fatto di essere una mamma inesperta. E quando ho capito che l’aiuto era solo un aiuto e non un giudizio, sono riuscita a liberarmi di questi sensi di colpa e accettare di crescere mia figlia in questo famoso ‘villaggio‘.

I bambini conoscono benissimo la differenza tra i genitori e i nonni, ad esempio. Non ci sarà mai il pericolo che vostro figlio preferisca stare con un altro parente invece che con i suoi genitori, se cresce ovviamente in una famiglia che lo ama.

Quindi cerchiamo di accettare l’aiuto dei nonni, dei suoceri, dei genitori, degli zii e di tutti gli amici che abbiamo intorno, senza sentirci esautorate dal nostro ruolo di madre. Nessuno può toglierci questo ruolo; possiamo farlo solo noi stesse.

07: Scegliere dall’inizio una linea educativa condivisa con la famiglia

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Uno degli scontri che possono maggiormente verificarsi in una famiglia in cui arriva un bimbo è quello sulla linea pedagogica da seguire – non solo all’interno della coppia, ma anche con i nonni.

Per questo motivo, visto che la gravidanza dura 9 mesi e c’è tempo sufficiente per parlarne, possiamo scegliere dall’inizio la linea educativa e pedagogica della nostra famiglia e condividerla con tutte le altre persone che ci aiutano.

Io ho trovato molto utile leggere alcuni libri per me divenuti importanti, come Il linguaggio segreto dei neonati e i libri del Metodo Montessori, perché ho potuto parlarne con mio marito, per chiarirci le idee su come avremmo voluto crescere nostra figlia, prima che di ritrovarci a litigare nel momento di prendere una vera decisione.

Allo stesso modo, abbiamo coinvolto anche le nostre due famiglie spiegando loro quali erano le nostre idee e il nostro approccio in stile Montessori, per fare in modo che anche loro avessero il tempo di assimilarlo e adattarsi alle nostre decisioni.

Se riuscite a parlare per tempo con tutta la famiglia dei vostri ideali, dei valori, dell’etica con cui volete crescere il vostro bambino, eviterete gli scontri futuri davanti al bambino stesso e quindi un’educazione fatta di tensioni familiari.

In generale, quello che io vi consiglio è il mix di un’educazione dolce, di un’educazione Montessori e di attaccamento parentale, che non sono da confondere con metodi libertari. Il mix di queste tre esperienze, infatti, non è: ‘facciamo fare al bambino tutto quello che vuole‘, ma è stabilire delle regole generali della famiglia basate sui propri valori e sulla propria etica e soprattutto sul rispetto del bambino come persona.

Il bambino deve essere rispettato non solo per i suoi tempi, ma anche nelle sue inclinazioni, nel suo modo di imparare, nella sua intimità. Questa educazione dolce è un’educazione positiva, non debole. Un’educazione che non si basa su sensi di colpa e ricatti, o premi e punizioni, ma su dialogo e regole condivise. Un’educazione che pratica l’attaccamento e il contatto con il bambino, senza mai aggiungere violenza nel fisica e psicologica.

08: Accettare l’errore, senza farsi divorare dai sensi di colpa

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Ricordiamoci che restiamo umani e non saremo mai perfetti come persone, né come genitori.
Se il nostro obiettivo è quello di diventare genitori perfetti, possiamo essere certi del nostro fallimento.

Del resto, per un bambino avere un genitore perfetto sarebbe un danno incommensurabile, perché avrebbe un modello irrealizzabile a cui ispirarsi e dunque un’infanzia piena di frustrazioni.

Non dobbiamo avere paura di esprimere le nostre emozioni e parlare di sentimenti anche dimostrando ai nostri figli quali sono le nostre fragilità e le nostre paure. Possiamo dare loro sicurezza anche quando ammettiamo di avere un problema, perché in questo modo gli stiamo insegnando a restare umani e allo stesso tempo praticare la resilienza.

Questo discorso si applica ad entrambi i genitori: i maschi, spesso, vengono educati a non esprimere mai le proprie emozioni e questo può renderli anaffettivi sia nella coppia, che nei riguardi dei propri figli.

Un buon marito e un buon padre devono concedersi il diritto di provare emozioni, di commuoversi davanti a un film, di piangere se si rattristano – perché le emozioni non intaccano la virilità di un uomo, ma la incrementano.

Abituiamoci fin da subito a parlare di sentimenti con i bambini: diciamo loro quello che proviamo, traduciamo in parole le loro emozioni quando piangono e non sanno comunicarle, parliamo tra di noi di ciò che pensiamo per accrescere l’unione della famiglia.

Impariamo a chiedere scusa ai figli quando commettiamo un errore, per insegnargli il vento del perdono, ma anche il dono del fallimento. f

Fallire è solo fallire, non è un giudizio morale sulle nostre qualità. Ognuno di noi commette degli errori e ammetterli è un segno di forza, soprattutto se lo si fa davanti a un bambino che ci rispetta in quanto genitore autorevole.

Se invece non impariamo a manifestare i nostri sentimenti e ad ammettere i nostri errori, rischiamo di farci divorare dai sensi di colpa e di allontanarci ancora di più dai nostri figli.

Nulla al mondo è più importante della nostra felicità per i nostri figli e nulla al mondo e più importante della felicità dei nostri figli per noi.
Queste due esigenze si possono tranquillamente compenetrare se impariamo a dialogare e a comunicare tra noi per raccontarci che cos’è per noi la felicità, come vogliamo raggiungerla e quali errori ce l’hanno fatta rallentare.

09: Prevenire è meglio che curare

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Questa frase di Don Bosco secondo me è sempre attuale in tutti i campi della vita, soprattutto quando parliamo di gravidanza, di maternità, di allattamento e quindi di bambini.

Ancora oggi vedo tante donne che in gravidanza bevono alcolici o fumano sigarette e questo – devo dire la verità – mi sconvolge profondamente, perché i danni causati da queste due sostanze sono enormi e pericolosissimi.

Di recente ho partecipato a una conferenza indetta da SIGO – Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia – e da AssoBirra – Associazione dei Birrai e dei Maltatori, dal titolo: ‘Se aspetti un bambino, l’alcol può attendere’; qui ho avuto modo di sentire notizie sconcertanti sull’abuso di alcol in gravidanza.

Anche se oggi, rispetto al passato, il problema delle patologie fetali legate al consumo di alcolici in gravidanza è più conosciuto, siamo consapevoli di quanto sia determinante continuare a diffondere questa informazione a tutte le donne e attuare tutte le strategie di comunicazione al passo con i tempi 2.0 che stiamo vivendo, perché il messaggio arrivi in maniera efficace al fine di perseguire l’obiettivo di azzerare il rischio di patologie fetali alcol-correlate nei nuovi nati. Questa la nostra sfida.
Prof. Giovanni Scambia, Presidente SIGO

Io stessa ero convinta, da false informazioni trovate in rete e anche condivise da medici, che bere un bicchiere di vino o birra ogni tanto, in gravidanza, non costituisse alcun pericolo. Ma mi sono dovuta decisamente ricredere.

L’alcol infatti è assorbito prevalentemente nella prima parte del nostro intestino e quindi passa immediatamente nel sangue e poi nel fegato, il quale ha la funzione di distruggerlo tramite un enzima chiamato alcol-deidrogenasi. Tuttavia questo sistema di smaltimento dell’alcol non è uguale in tutte le persone ed è per questo motivo che è impossibile stabilire scientificamente qual è la quantità di alcol consentita o vietata sia in gravidanza, sia quando si cerca un bambino, sia quando si allatta (fonte: Ministero della Salute).

Per queste ragioni, l’unica scelta veramente consapevole è quella di smettere di assumere alcool del tutto durante queste fasi della vita e preferire alternative non alcoliche.

Non è uno scherzo, perché la scienza ha ampiamente dimostrato come l’alcool accresca il rischio di sviluppare patologie rischiosissime per il bambino, non solo fisiche, ma anche intellettive.

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Esiste addirittura una Sindrome Feto Alcolica derivata dall’abuso di alcol in gravidanza o durante l’attesa, che può portare il bambino a difficoltà di concentrazione e di memoria, iperattività e disturbi dell’attenzione e altre patologie gravissime per la sua salute.

Il danno maggiore avviene di solito nel sistema nervoso e compromette la normale funzione neurologica che interferisce sullo sviluppo cognitivo e comportamentale del bambino. La sindrome alcolica fetale comprende inoltre varie anomalie facciali, ritardi nella crescita e danni cerebrali che vanno identificati dal pediatra e trattati puntualmente (fonte: US Eunice Kennedy Shriver National Institute of Child Health and Human Development NICHD).

Queste disabilità sono conosciute come:

  1. FAS (Fetal Alcohol Syndrome: sindrome fetale alcolica);
  2. ARND (Alcohol-Related Neurodevelopmental Disorder: disturbi dello sviluppo neurocomportamentale alcol correlati);
  3. ARBD (Alcohol-Related Birth Defects: difetti alla nascita alcol correlati).

Queste notizie mi hanno davvero molto spaventata perché tutti noi, soprattutto nella cultura italiana, riteniamo che l’alcool sia parte della nostra convivialità e probabilmente non diamo il giusto peso a questi problemi.

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Quindi, con tutto il cuore, vi invito ad approfondire l’argomento sul sito della campagna ‘Se aspetti un bambino, l’alcol può attendere’ e a darvi una regola generale: già da quando si cerca un bambino e poi per tutta la gravidanza e anche per tutto l’allattamento, dobbiamo prenderci cura di noi stesse perché è attraverso questa cura che indirettamente facciamo stare bene anche nostro figlio.

Quindi: no alcol, no fumo, no droghe. Attenzione all’alimentazione e alla sicurezza in generale (in casa, in auto).

Bibliografia di riferimento:

Sebastiani G et al. The Effects of Alcohol and Drugs of Abuse on Maternal Nutritional Profile during Pregnancy. Nutrients. 2018 Aug 2;10(8).

Popova S. et al. Estimation of national, regional, and global prevalence of alcohol use during pregnancy and fetal alcohol syndrome: a systematic review and meta-analysis. Lancet Glob Health. 2017 Mar;5(3):e290-e299. Epub 2017 Jan 13.

May PA. et al. Estimating the prevalence of fetal alcohol syndrome. A summary. Alcohol Res Health. 2001;25(3):159-67.
Centers for Disease Control and Prevention (CDC). Fetal alcohol syndrome–Alaska, Arizona, Colorado, and New York, 1995-1997. MMWR Morb Mortal Wkly Rep. 2002 May 24;51(20):433-5.

Centers for Disease Control and Prevention (CDC). Alcohol use among pregnant and nonpregnant women of childbearing age – United States, 1991-2005. MMWR Morb Mortal Wkly Rep. 2009 May 22;58(19):529-32.

Il Ministero della Salute ha aperto un Osservatorio su alcol, fumo e droga (OFAD), e sul loro sito potete trovate tantissime informazioni sulla prevenzione.

10: Ascolta tutti i consigli, e fai di testa tua

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Uno dei consigli più belli della mia vita mi è stato dato da mia suocera, che un giorno mi disse: ‘tu ascolta tutti i consigli e poi fai di testa tua‘.

Accettare i consigli altrui è importante, ma è importante anche mantenere viva la nostra personalità e indipendenza, perché non possiamo ridurre la nostra presenza sulla Terra al solo ruolo madre/padre, ma possiamo e dobbiamo diventare esseri umani migliori ogni giorno che passa.

I nostri valori, i nostri ideali, i nostri pensieri, il nostro carattere ci definiscono e ci rendono unici e originali e questa particolarità non andrebbe mai assopita in nessuno di noi, ma piuttosto coltivata.

Perché possiamo essere tutti liberi e tutti uguali contemporaneamente e questo è sicuramente il Bene che possiamo insegnare ai nostri figli e il mondo che possiamo lasciargli in eredità.



Commenti

2 Commenti per “10 consigli utili sulla maternità, da chi ci è già passata”
  1. Marta

    Articolo molto interessante!

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