Anche i bambini hanno diritto di dire NO
Pubblicato il 23 Aprile 2018 da Mamma Felice
Spesso trattiamo i figli come marionette. Li educhiamo con il verbo imperativo:
– Saluta!
– Dì grazie!
Vogliamo bambini che ci facciano fare bella figura: che si lascino prendere in braccio dagli sconosciuti, che salutino i vecchietti in ascensore, che si facciano stringere le guance dalla zia.
Insegniamo ai bambini ad obbedire. Ad essere accondiscendenti con tutti quelli che incrociano per la loro strada. A comportarsi sempre bene.
A non farci fare brutta figura.
Chiediamo ai bambini di dire sempre di sì. Di accettare implicitamente le nostre regole sociali, di mettere in tasca gli imperativi scattando come soldatini.
Un bambino che esce fuori dalla norma è scalmanato, una peste, un delinquente. I suoi genitori non gli hanno insegnato l’educazione, i suoi genitori hanno fallito.
E così la paura di fallire come genitori ci porta ad eccedere: eccedere nel comandare i figli, eccedere nel proteggerli, eccedere nell’essere ossequiosi verso le regole comuni, eccedere nell’impedire ai figli di fare esperienze personali e sbagliare.
Passiamo l’infanzia a insegnare ai bambini a dire sempre di sì e poi, da adulti, ci aspettiamo che imparino a dire di no come per magia. Anni di analisi, libri sull’autostima, prediche varie sull’importanza di autodeterminarsi e avere il coraggio di dire la propria opinione, non essere gregari.
Ai bambini non insegniamo più la politica.
Non gli insegniamo la critica, la difesa delle proprie idee, la meravigliosa necessità di non conformarsi al pensiero comune, ma diventare piuttosto se stessi, autodeterminarsi, scegliersi.
C’è una cappa di conformismo ad educare i nostri bambini: non possono essere fuori dalle righe, non possono essere agitati, non possono rifiutare una carezza, non possono esprimere il proprio disagio, non possono rifiutarsi di eseguire un lavoretto.
Non possono essere gay, non possono essere femministi, non possono essere originali, non possono essere stravaganti.
Non possono deluderci.
L’altro giorno ho intercettato una discussione che mi ha particolarmente turbata: un bambino di prima elementare regala un anello (comprato con la mamma) alla sua ‘fidanzata’. Lei rifiuta l’anello e viene etichettata come bambina insensibile, senza cuore, una stronzetta (letteralmente): ‘Potevi dire di sì e poi non indossarlo, perché hai ferito mio figlio?’. Questo, in estrema sintesi, il discorso.
E io non ci sto.
Io rivendico il diritto dei bambini di fare i bambini.
Tutto troppo presto, per loro: come se davvero fosse una loro inclinazione avere la fidanzata in prima elementare, vestirsi da adulti, parlare da adulti, fare le cose che fanno gli adulti.
Sin da piccoli viene inculcato nei bambini questo gioco da adulti: dall’asilo, tutti a chiedere ‘ce l’hai la fidanzatina? ce l’hai il fidanzatino?’.
E non contenti di questo, i genitori stessi si spalleggiano, chiamandosi suoceri e incentivando i bambini ‘a stare insieme’ come veri fidanzati, come se la cosa riguardasse tutta la famiglia.
E vedo allo stesso modo come possono cambiare le cose se questa mentalità non esiste, come nel caso di mia figlia e altre sue amiche, che non hanno mai avuto bisogno di appartenere a qualcuno sin da piccole, proprio perché nessuno le ha mai incentivate a farlo, nemmeno con le parole.
Perché le parole sono importanti, e se noi smettiamo di educare con l’imperativo e iniziamo a parlare veramente, a dialogare, a crescere i figli attraverso la concertazione e non l’obbedienza, possiamo crescere individui, non burattini.
Rivendico il diritto dei bambini di dire di NO quando dire sì violerebbe il loro modo di essere.
Sin da piccoli ai bambini viene richiesta l’obbedienza, e questa parola mi provoca disgusto. Io non voglio una figlia ubbidiente, anche se mi farebbe molto comodo. Voglio una figlia che cresca sapendo che esistono delle regole da rispettare, ma che tutto il resto è autodeterminazione.
Non voglio una figlia che si senta obbligata a salutare perché io le dico: ‘Saluta!’
Voglio una figlia che impari a salutare per il piacere di farlo, e che scelga – anche – di non salutare o ringraziare qualcuno per accondiscendenza, se quella persona non le piace o sta invadendo il suo spazio vitale.
Siamo arrivati a 40 anni facendo lo slalom tra le convenzioni. Con estrema fatica abbiamo imparato a dire di NO a ciò che ci ferisce o ci limita, a ciò che ci viene imposto. Con estrema fatica abbiamo imparato a far valere i nostri diritti.
E pretendiamo che i nostri figli facciano lo stesso difficile percorso?
Io rivendico il diritto dei bambini ad avere un’infanzia più felice della nostra.
Sono d’accordo con te! MI piace molto quello che dici e anche io mi sento così.
Grazie
Grazie 😉
Assolutamente d’accordo al 100%! Specialmente adesso che vedo i miei figli ubbidientissimi da piccoli (al punto della gente voler conoscere la mamma che gli aveva educato così bene…!) a soffrire per decostruire le mura del “SI”.