È il modo in cui perdi, a dire chi sei

Pubblicato il 21 Dicembre 2017 da

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Imparare a perdere è un’arte. Perdere nel gioco, perdere nelle sfide, perdere qualcosa, perdere qualcuno.

La perdita: un sentimento che tutti proviamo, sin da bambini, e che dobbiamo imparare a superare, accogliere, trasformare e far fiorire, per poter diventare felici un giorno, per poter diventare persone migliori.

Quelli che non sanno perdere vivono nel rancore. Si arrabbiano, iniziano a marcire dentro, si fanno mangiare dal dolore della perdita invece di trasformarlo in un’occasione. Vivono per la vendetta, invece che per una nuova vittoria, e a lungo andare questa vendetta si prende la loro parte migliore, tutto il loro tempo e le loro energie, e se li porta via: involucri svuotati di tutto il bene, incapaci di alzarsi dalla riva di quel fiume su cui dovrebbe passare il cadavere del loro nemico, incapaci di godersi il tempo e festeggiare la vita.

Hanno nemici. Dividono le persone in due schieramenti: con me o contro di me. E i due schieramenti non giocano mai ad armi pari: piano piano si erode la schiera degli amici, mentre la lista dei nemici si allunga, si allunga, si allunga, fino a toccare vette di devastante solitudine.

Tutti noi siamo stati così, ad un certo punto della vita – chi più, chi meno. Con le idee assolute, con i ragionamenti ‘o è bianco o è nero’, con la voglia di farla pagare a qualcuno o di prendersi una vendetta, una meritata vittoria, o anche immeritata purché fosse vittoriosa.

Tutti noi ci siamo ritrovati, ad un certo punto, ad odiare qualcuno. Odiarlo fino al punto di trasformare quell’odio in un mal di pancia, poi in un mal di testa, poi un chiodo fisso che perfora il cervello pensiero dopo pensiero. Odiarlo fino ad augurargli il male.

Ma questo distrugge noi.

Il tempo che dedichiamo alle guerre e alle vendette, è tempo che sottraiamo ai nostri giorni felici. Tempo che sottraiamo alla gioia, alle idee strampalate, alle passeggiate spensierate, alle risate esplosive, ai pensieri felici.

Non è eliminando gli avversari che vinceremo.

Noi vinciamo quando consideriamo gli altri come persone, non come avversari.

Quando accettiamo e accogliamo le persone per ciò che sono, quando non pretendiamo che ci obbediscano ciecamente o che la pensino esattamente come noi, quando siamo in grado di amare qualcuno anche attraverso le differenze che ci separano.

Noi vinciamo quando impariamo a perdere, e impariamo che la perdita è la parte più istruttiva del percorso: perché ci dice chi siamo, perché ci evidenzia chi vorremmo essere, perché sa mettere in moto idee creative per un recupero straordinario.

Perdere è solo perdere, non fa di noi dei perdenti. I veri perdenti sono quelli che, dopo aver perso, hanno dimostrato di non saper perdere, e rosicano fuori e dentro, ammalandosi di tristezza e cattiverie.

Perdere è solo perdere, è solo una cosa che ci è successa e che può condizionare il nostro futuro positivamente, se comprendiamo i motivi profondi che ci hanno portato alla sconfitta, li analizziamo, li accettiamo, li modifichiamo.

Se perdiamo, possiamo cambiarci. Possiamo cambiare quello che abbiamo fatto male, possiamo cambiare per stare meglio, possiamo cambiare per andare fino al traguardo e prenderci quella vittoria.

Ogni volta che perdiamo, pensiamo alla grande occasione che abbiamo di fronte per il prossimo cambiamento.

Noi, i nostri figli, i nostri familiari, gli amici… ognuno di noi, a qualunque età, può essere grato di aver perso più volte, di una gratitudine consapevole e intima.

La gratitudine verso la vita: rendersi conto che, nonostante abbiamo perso, la vita è continuata, siamo vivi, non è successo niente di definitivo, e finché restiamo vivi possiamo riprovare.



Commenti

5 Commenti per “È il modo in cui perdi, a dire chi sei”
  1. fla

    Bellissima riflessione..è molto difficile metterla in pratica soprattutto per me, che caratterialmente sono più portata al rancore…da quando ti leggo sto cercando di motivarmi di più…ad accettare la mia imperfezione e quella altrui..Grazie

  2. Bellissimo e provvidenziale post. Proprio prima parlavo con un gruppo di amici su quanto siano rancorosi. Io sono stata una persona rancorosa durante l’adolescenza, ma generalmente non porto rancore. Sia chiaro, non dimentico quello che gli altri mi fanno, ma decido in modo consapevole se posso andare avanti a relazionarmi con quella persona senza problemi e senza odio.
    I sentimenti negativi portano solo sentimenti negativi e io ho deciso che voglio vivere felice.

    • Mamma Felice (Mappano) - Ariete

      immagine livello
      Guru
      Mamma di Dafne (17 anni)

      Concordo con te. Anche io sono stata rancorosa e adesso che non lo sono più – o ci provo – sto davvero molto meglio e ho anche più energia da dedicare alle cose belle.

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