Lettera alle neomamme: come affrontare il post parto
Pubblicato il 24 Agosto 2017 da Mamma Felice
Quel giorno, in sala operatoria, quando ho sentito il primo pianto di mia figlia, ho capito che saremmo state legate per tutta la vita. Ho riconosciuto la sua voce come se fosse stata una voce che conoscevo da sempre. Era una figlia desiderata e cercata, pensata, amata già prima che arrivasse al mondo. Era già nella mia testa da tanto tempo, ancora prima che incontrassi suo padre.
Quel giorno sono nata come mamma, e questo ha comportato tanti nuovi cambiamenti. Ho dovuto imparare a prendermi cura di lei, e allo stesso tempo non dimenticarmi di me stessa, della mia felicità personale. Ho dovuto reinventarmi un lavoro, ricominciare tante cose tutte insieme.
Essere mamma era il mio desiderio e ho abbracciato questo nuovo ruolo con fiducia, ma non sono stata immune da problemi, ripensamenti, dolori, frustrazione, timori, stanchezza.
Con il tempo essere madre è stato sempre più intenso emotivamente e meno intenso fisicamente: i primi mesi ero stanca, assonnata, preoccupata; negli anni l’impegno si è spostato più verso la testa, che verso le mani.
Ricordo i primi tre mesi di vita di mia figlia con una grande tenerezza: ero davvero molto stanca e suddividevo la mia vita in blocchi di tre ore in tre ore.
Ogni tre ore circa ricominciava tutto daccapo: poppata, cambio, coccole, gioco, riposo.
Non è stato semplice, e ciò che davvero ha fatto la differenza è stato rendermi conto che non potevo fare tutto da sola, e che non potevo fare tutto. Che per prendermi cura di lei, avrei dovuto prendermi cura di me, del mio riposo, della mia ripresa fisica, dei miei interessi personali.
Ho chiesto aiuto. Ho chiesto aiuto quando mi serviva, a mio marito, alla mia famiglia, agli amici. E questo è stato il modo per prendere i ritmi giusti, conoscere mia figlia, superare i primi mesi post parto senza ammalarmi di tristezza. È così che ho imparato che ‘per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio‘, e che potevo essere una brava mamma anche senza annullarmi completamente.
40 giorni di riposo
La tentazione iniziale è quella di continuare ad essere attiva ed energica sin dal primo giorno: guardare il bambino e nel frattempo fare tutto il resto, che sia lavorare a casa o lavorare da casa.
Non è possibile, e non è nemmeno giusto per te – e per tuo figlio.
I primi tre mesi di vita di un figlio sono molto impegnativi: ricordo ancora benissimo la carenza cronica di sonno, che mi creava persino delle allucinazioni (non di rado mi svegliavo di soprassalto credendo che la bambina mi fosse caduta dalle braccia, e invece era nella sua culla a dormire tranquilla).
Non è una tragedia, ma non è nemmeno una situazione da prendere troppo alla leggera. Intanto il tuo corpo deve rimettersi in sesto: per 40 giorni potresti avere perdite di sangue anche abbondanti, e avere ancora dolori post parto, o punti che tirano.
Prenditi cura di te. Delega tutto, stai a riposo quando sei stanca, non accollarti il peso della casa e della famiglia, rimanda tutto ciò che puoi rimandare e delega tutto il resto.
Alto Contatto sì, ma non da sola
Se come me vuoi praticare il cosiddetto attachment parenting, non farlo diventare un’ossessione: puoi crescere il tuo bambino condividendo con il tuo compagno o la tua compagna anche l’attaccamento parentale.
Entrambi i genitori possono portare il bambino con fascia o marsupio. Entrambi i genitori possono cullarlo, coccolarlo, fargli il bagnetto, il massaggio serale e tenere il bambino pelle contro pelle.
Allattamento sì, ma non da sola
Allattare non è semplice. Chiunque ti dice che tutte le donne hanno il latte, ma non è così automatico. Avviare l’allattamento al seno richiede – spesso – tanta forza di volontà, tanta sopportazione del dolore, tanta stanchezza. Anche l’allattamento non è una tragedia, ma potrebbe non essere tutto semplice.
Consulta un’ostetrica, fatti aiutare, e soprattutto approfitta della presenza dell’ostetrica dopo il parto, per alcuni giorni, per ricevere supporto, aiuti, o toglierti dubbi.
Io ho allattato al seno solo tre mesi, e con un allattamento misto. Non mi sono sentita meno madre, per questo.
Non tutti i percorsi sono uguali.
Accetta gli aiuti
All’inizio non ero in grado di ricevere aiuto: se mia mamma o mia suocera cercavano di darmi una mano, mi sentivo meno ‘madre’. Avevo la sensazione – immotivata – che mi volessero esautorare dal mio ruolo di mamma.
Invece ho capito presto che non è facile offrire aiuto ad una persona che è emotivamente e fisicamente scossa, e che se noi neomamme per prime non spieghiamo come desideriamo aiuto, gli altri possono affannarsi per cercare di darci una mano, senza riuscirci.
Non fare piani e programmi
Ogni giorno sarà diverso dall’altro. Appena si instaura una routine, il bambino cresce e cambia tutto di nuovo.
Questo può creare ansia o paura, oppure può tranquillizzarci: inutile fare piani dettagliati o programmare la vita dei figli. Molto meglio affrontare le giornate così come vengono, godendosi la bellezza di ciò che accade nell’attimo, qui e ora.
Va bene anche di meno
I figli non ci chiedono di essere perfette. Ci chiedono solo di essere amati e guardati.
Sbaglieremo. Ma ai nostri figli non importa, perché non è attraverso gli errori che ci valutano, ma attraverso l’amore che gli diamo, il rispetto incondizionato, la fiducia, la felicità.
Non adattarti nei sensi di colpa: risolvi i problemi che puoi risolvere, accetta la vita nella sua imperfezione, ama incondizionatamente.
Sarai una brava mamma anche facendo un po’ meno.