La sfida della felicità

Pubblicato il 8 Agosto 2017 da

Credo che la felicità ci chiami soprattutto nelle difficoltà, come se volesse essere scelta. La felicità che è spesso così semplice e così normale, così quotidiana e reale, e tutto il resto del tempo è così complicata e assurdamente difficile.
Come se essere felici fosse davvero la sfida della nostra vita. Visto che abbiamo una sola vita e non dovremmo sprecarla.

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Non credo alla sfortuna. Non credo che le persone meritino il dolore, le malattie, le ‘sfighe’. Non credo che la sfortuna porti altra sfortuna. Non credo alle maledizioni, alle maldicenze, alla credenze popolari.
Nessuno merita di star male, nessuno merita una malattia, nessuno ha mai meritato di soffrire. Talvolta la vita funziona così e basta e non è colpa di nessuno e questo non è un segnale: nessuno dovrebbe mai sentirsi marchiato dalla sfortuna.

È lì che il nostro atteggiamento fa la differenza: nello scegliere di accettare il dolore, o nel combatterlo con tutte le nostre forze.
Nel cercare un barlume di felicità, una scintilla di gioia, un amore, l’amicizia gentile e affettuosa, la consolazione e poi l’azione.

È lì che nasce la sfida della felicità: quando possiamo solo sprofondare ancora più in basso, oppure guardare in alto – gli occhi nel sole – e aggrapparci alla vita con tutte le nostre forze. – Col cavolo, col cavolo che non ce la facciamo.

In questi giorni abbiamo avuto molti imprevisti faticosi: Dafne con una gamba ingessata, appena tolto il gesso ha preso la quinta malattia (niente mare con la nonna). Nestore a letto per un dolore alla schiena che prevede tanto riposo.
Tutto mentre è in corso il trasloco dell’ufficio e quindi ci sono da fare scatoloni, seguire i lavori, compilare contratti, aggiustare citofoni e pulire gabinetti.

In questi giorni moltissimi amici mi hanno detto, per sorridere: Ma che sfortuna!

E se invece fosse solo la vita? Non c’è una sfortuna dietro ai nostri imprevisti: capitano a tutti, tutti i giorni, da millenni.
Stiamo bene, tutto sommato, siamo allegri, restiamo in casa con l’aria condizionata a mangiare ghiaccioli, sistemiamo gli armadi, mentre ognuno di noi affronta la sua fatica, ognuno di noi affronta la sua sfida personale.

Non riesco a pensarmi sfortunata.
Ogni giorno c’è qualcuno che mi scrive, mi chiama o mi ferma per strada, ogni giorno, per chiedermi come sto, per offrirsi addirittura di venire ad aiutarmi a fare gli scatoloni. Oltre alla mia famiglia che è tutta lì pronta a fare qualsiasi cosa per noi.

Nella mia vita c’è così tanto amore, che anche quando mi deprimo sento subito crescere in me la gioia, la riconoscenza, la dedizione, la felicità per tutto ciò che va bene – senza stare troppo a pensare a ciò che è andato male o poteva andare meglio.

Mi sono successe due cose strane, negli ultimi tempi.

Un giorno una persona della ‘mia’ associazione è venuta in ufficio a prendersi un caffè e mi ha confessato che vent’anni fa le ho in qualche modo cambiato la vita. Dice che eravamo in Parrocchia – io ai tempi ero capo animatrice – in una riunione tra parroco, catechiste, animatori, non so chi… e dice che io mi sono alzata in piedi e ho detto che la nostra Parrocchia non poteva chiudersi, che io non mi riconoscevo in una chiesa che discrimina i gay, che chiude le porte, che interrompe l’amore per un motivo così banale. Più o meno, visto che io non ricordo assolutamente di averlo fatto.
E siccome suo figlio è gay, e a quei tempi veniva discriminato e bullizzato e persino in famiglia era stato complicato accettare il suo coming out, le mie parole le avevano dato la forza di accettare il figlio e stare dalla sua parte.

Poi una signora l’altro giorno mi ha detto: – Mi ricordo di te; eri l’animatrice delle mie figlie. Sei sempre stata una acchiappa anime. Si vedeva che ti piacevano i bambini, eri sempre allegra, loro volevano stare sempre con te.
Non ricordavo nulla nemmeno di questo.

E sono rimasta giorni a rimuginare su questa cosa, e a chiedermi il motivo per cui di me ricordo solo le cose brutte e non quelle belle. Mi ricordo tutti gli errori che ho fatto con i ‘miei’ bambini, quelle volte che li ho sgridati con eccessiva severità, quando non mi sono impegnata abbastanza, quando ho comandato troppo invece che ascoltare.

Ho sempre pensato di essere stata una persona orribile perché la mia vita a quei tempi era orribile, il mio dolore era così feroce e totalizzante che mi sembrava che si vedesse stampato in faccia, in ogni mio movimento e in ogni mia parola.
Ho sempre provato vergogna per il doloroso mostro buio che mi portavo dentro.

Ed è per questo motivo che ad un certo punto ho chiuso la prima parte della mia vita e ne ho ricominciata una tutta nuova in cui mi sono sfidata nel gioco della felicità: ho cercato il cambiamento, l’ho fatto mio, ho lottato con tutta me stessa per riuscire a trovare la mia gioia e poi ho cercato di fare ammenda e di diffonderla ovunque, più forte che potevo.

E solo adesso capisco che quella felicità era già viva dentro di me vent’anni fa, nei miei larghi sorrisi, nei miei abbracci stritolanti, quando mi mettevo a ridere come una matta di fronte alle parodie dei ‘miei’ bambini, quando mi battevo per loro con tutta me stessa per difenderli ‘dai grandi’.

La felicità era già lì e io non riuscivo a sentirla, ma gli altri l’avevano già capita.
Le persone che ho incontrato, le persone, tutte le persone che ho incontrato. Loro hanno avuto fiducia in me, hanno deciso che sarei diventata una brava persona (per quanto possibile umanamente) e hanno perdonato il mio dolore, in cambio di quei sorrisi giocondi e quegli abbracci sinceri.

È questa la vera sfida della felicità: smettere di pensare che facciamo schifo e iniziare a credere nel nostro potenziale.

Essere gentili, voler bene, diffondere la gioia. La vera sfida è smettere di pensare di essere sfigati, e piuttosto tirarsi su le maniche per diventare persone migliori.



Commenti

5 Commenti per “La sfida della felicità”
  1. Maia

    Ooohh insegnami! Come si fa a diventare positivi Come sei tu ora? Io vedo solo quello che gli altri hanno e io no. Né genitori né suoceri mi aiutano con mia figlia, neanche con un consiglio, e ho dovuto licenziarmi perché il Nido era troppo caro, ben 2/3 del mio stipendio; gli “amici”, quei pochi davvero cari (sono introversa e riservata, ho sempre avuto poche persone intime) sono “scappati”- da quando sono mamma sono improvvisamente troppo impegnati anche x una telefonata. In realtà mi rendo conto che erano abituati alla mia disponibilità, ora ovviamente ridotta per la bimva, e ora non servo più. Sono sola con la bimba gran parte della giornata, cerco di restare allegra ma una vociba dentro di me mi fa notare che le altre hanno amici, genitori che le aiutano anche se non lavorano perché si devono riposare (io no, io sono un androide… ), e allo stesso tempo ottengono di più.
    Mi sento davvero “sfigata”. Non ho una famiglia che mi supporti, non ho veri amici, e mi chiedo dove ho sbagliato, senza trovare risposta.
    Insegnami ad avere la tua positività! Come la trovo?
    Ovviamente grazie ancora una volta per il bellissimo post, le tue parole mi ricordano che si può essere felici nonostante tutto ❤

    • Mamma Felice (Mappano) - Ariete

      immagine livello
      Guru
      Mamma di Dafne (17 anni)

      Tesoro, i primi anni è più dura. Ho tenuto Dafne a casa fino ai due anni e mezzo ed ero al quarto piano senza ascensore, a Bologna, senza amici e parenti.
      Aspettavo le sei con entusiasmo, perché Nestore tornasse dal lavoro. Io ho ‘risolto’ inventando Mammafelice, che mi ha dato tanta gioia e tante amicizie online, che mi facevano svagare e mi aiutavano a non sentirmi sola. E poi ho iniziato ad invitare i colleghi di Nex, così piano piano sono diventata loro amica e ho cominciato a frequentare un po’ di donne come me.
      Potresti provare così?

  2. Paola

    Volevo solo dirti che sei a dir poco
    fantastica!!!!
    Ti seguo da anni e i tuoi post hanno la capacità di …. colpire nel segno.
    Buona giornata
    Paola

  3. IsaQ

    Vedi Barbara quante sorprese ci riserva la vita? Pensavi di aver vissuto un periodo nero ed invece proprio in quel frangente la tua luce già splendeva e incideva le vite altrui. Dobbiamo riflettere più sulla nostra influenza sugli altri. Perché ahimè questo vale anche quando sono le nostre negatività a prevalere. Riflettiamo perché può capitare che senza accorgersene possiamo ferire o incidere negativamente sugli altri. Un bacione ed in bocca al lupo X ttt ciò che stai affrontando

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