I bambini e il cibo: come gestire il rapporto con il cibo
Pubblicato il 7 Luglio 2017 da Mamma Felice • Ultima revisione: 27 Febbraio 2019
Ho sofferto di disturbi alimentari per tutta una vita: ho chiara la percezione di aver iniziato in quinta elementare a mangiare sempre meno, fino ad essere molto sottopeso. Poi ho scoperto la bulimia, con cui ho convissuto per più di dieci anni. Il cibo è stata la mia ossessione per tanto, tanto tempo, e ancora oggi che mi porto addosso i segni delle mie malattie, sotto forma di chili in eccesso, il pensiero del cibo è sempre lì, latente, ma non troppo.
Nell’avere una figlia non ho mai avuto paura di come l’avrei cresciuta, se ce l’avrei fatta, se avrei avuto la forza necessaria. Ma ho sempre avuto paura di trasmetterle la mia ossessione, di non riuscire ad essere sufficientemente equilibrata per insegnare a lei un comportamento sano che io non sono in grado di tenere, in cui trascino tanti ricordi negativi del mio passato.
Non è solo una mia paura: molte amiche hanno sofferto degli stessi disturbi, e con loro abbiamo ragionato molte volte sui modi in cui proteggere i figli dal nostro passato – in tutti i settori. Ci sono alcuni genitori che con questo ci hanno fatto i conti, e quindi hanno un livello di attenzione molto alto. Altri che non hanno mai pensato che il cibo potesse generare problemi, e quindi si fanno prendere dai sensi di colpa.
Pochi giorni fa, su Facebook, una neomamma raccontava che il pediatra le avesse suggerito di ridurre le quantità di cibo per il suo bimbo di 7 mesi: la mamma non cercava una soluzione per ascoltare il pediatra e mettere in pratica il suo consiglio. Cercava conforto nelle altre mamme, per poter continuare nella sua scelta di dare al bambino 7 biberon di latte artificiale al giorno, di cui due di notte, insieme alle pappe (colazione, pranzo, cena, merende). In pratica una doppia alimentazione, che però per lei non consisteva in un problema, perché ‘i bimbi belli cicciottelli sono carini e vuol dire che sono sani‘.
In questi giorni, leggendo il libro I bambini e il cibo, della psicologa Paola Medde, mi sto proprio rendendo conto come le nostre false convinzioni, anche in buona fede, possono farci sbagliare approccio sul tema del cibo, con i figli. In questo libro la Medde spiega proprio ai genitori quali sono le strategie pratiche per ottenere il risultato giusto, senza giudizi e sensi di colpa: un’alimentazione sana per i figli.
Per aiutare le famiglie a comportamenti educativi più efficaci riguardanti l’alimentazione dei bambini.
Ve lo consiglio caldamente, se avete voi per primi bisogno di leggere alcuni esempi concreti di famiglie e bambini con problemi di cibo, e se volete una guida efficace scritta da chi ne sa, ovvero una psicologa che per anni si è occupata di questi argomenti.
Questo libro mi piace molto perché parte da un concetto di fondo che io ho sempre promosso su Mammafelice, e che è stato il motore propulsivo di tutte le mie guarigioni: il cambiamento.
Ogni abitudine che noi abbiamo appreso, può essere cambiata. Possiamo cambiare la nostra vita e le nostre scelte e riprogrammare nuove abitudini, senza paura di rimanere incastrati per sempre nelle nostre decisioni sbagliate.
Ma ci vuole tempo per imparare a fare le cose: bisogna aver pazienza e non perdersi d’animo. Ci vuole tempo per cambiare: le abitudini apprese non cambiano in un giorno, e non possiamo pretendere che i bambini si adeguino all’improvviso.
Perché mangio anche se non voglio farlo?
Spesso utilizziamo il cibo per soddisfare bisogni che non riguardano la semplice nutrizione. Spesso mangiamo perché mangiano altri, perché abbiamo ancora cibo davanti, perché nelle ore successive non potremo mangiare, perché mangiamo per abitudine, perché usiamo il cibo per festeggiare o per premiarci.
L’effetto boomerang della costrizione
Costringere i bambini a mangiare cibi che non vogliono mangiare, non li aiuta certo ad amare quegli alimenti. Il cibo che siamo stati costretti a mangiare da bambini, controvoglia, difficilmente ci darà bei ricordi da grandi, e difficilmente vorremo assaggiarlo di nuovo.
Se siamo stati capaci di insegnare ai nostri figli altre cose, come camminare, parlare, possiamo essere in grado di insegnare loro anche come rapportarsi con il cibo: quali sono le strategie che hanno funzionato? Qual è l’atteggiamento che abbiamo avuto in quelle occasioni? C’è voluto tempo? In quella occasione abbiamo incoraggiato e riso insieme, o ci siamo arrabbiati?
Io ho sempre trovato che con il sorriso sia più facile educare.
Non è stato semplice per noi adottare questo metodo educativo, togliendoci di dosso vecchi rimasugli di vecchia pedagogia, ma abbiamo fatto la nostra scelta da subito: non urlare, non picchiare, non creare tensioni inutili.
Non volevo che mia figlia crescesse con muri di non-comunicazione, con regole non condivise e non spiegate. Non volevo che in casa ci fosse un continuo stato di pressione, una tensione continua che è sempre lì per esplodere, e non sai mai – da bambino – come fare e cosa fare per renderti più invisibile possibile.
Questa era stata la mia esperienza, e io volevo cambiarla: volevo educare con la felicità e alla felicità. E per farlo ho dovuto mettere da parte le mie costrizioni mentali ed educare me stessa alla pazienza, a non sbottare, a non farmi prendere dalla rabbia o dalla frustrazione, ma soprattutto a ridere. Ridere, cercare sempre di sdrammatizzare tutto, prevenire la crisi con un momento di gioia.
Non è impossibile farlo!
Bambini che mangiano ‘troppo’
Il comportamento alimentare è condizionato da elementi di natura psicologica, sociale e familiare. Oggi sappiamo tutti quali cibi sono sani e quali non lo sono, ma passare dalla teoria alla pratica non è semplice, soprattutto per i condizionamenti dell’ambiente in cui viviamo. Inoltre, un’eccessiva quantità di informazioni scientifiche sul cibo, che non tengono conto però delle abitudini reali delle famiglie, potrebbe persino peggiorare le cose, inducendo frustrazione in tutta la famiglia per una cosa che non riusciamo a fare insieme.
Non tutte le obesità dipendono da un eccesso di cibo ma , sicuramente, eccedere nella quantità di calorie ingerite porta a un incremento di peso.
Come possiamo capire se un bambino mangia troppo?
Se il peso del bambino è superiore alle tabelle di riferimento dell’età del bambino, vuol dire che introduce più calorie rispetto a quante gliene occorrano. E non è con una dieta ipocalorica che risolviamo il problema del peso del bambino, ma con il cambiamento delle abitudini in famiglia.
La maggior parte delle diete ipocaloriche si basano sul principio: meno cibo = meno calorie = meno peso. E chiunque abbia mai fatto una di queste diete sa quanto sia difficile passare dalla teoria alla pratica, e ha provato innumerevoli volte la frustrazione di un’ennesima dieta fallita. Anche i bambini.
Mangiare è un comportamento e, come ogni comportamento, è influenzato da fattori biologici (fame-sazietà), genetici, ma anche sociali e psicologici. Questo significa che la quantità di cibo che assumiamo giornalmente dipende da una molteplicità di elementi, molti dei quali a noi sconosciuti. Se vogliamo cambiare le cose dobbiamo conoscere cosa influenza il nostro rapporto con il cibo.
La genetica svolge una parte in tutto questo: molte ricerche dimostrano la correlazione tra il sovrappeso del bambino e quello dei genitori. Ma una predisposizione genetica da sola non basta: aumenta di peso chi ha questa predisposizione, ma se mangia tanto e mangia male.
Cosa fanno i genitori in sovrappeso per evitare che i figli diventino sovrappeso?
Noi abbiamo preso consapevolezza del nostro problema e abbiamo iniziato un cambiamento. Abbiamo evitato di utilizzare il cibo come premio o consolazione – cosa che per me invece era sempre stata indotta sin da bambina, e ancora oggi è difficile da scardinare totalmente.
Non abbiamo mai forzato nostra figlia a mangiare, né a restare a tavola tutto il tempo con noi.
Abbiamo consumato tantissima frutta e verdura – in alcuni periodi eravamo anche vegetariani. Abbiamo proposto merende sane, a base di yogurt, frutta e – sì, a volte – anche qualche brioches, ma con moderazione e al massimo una al giorno, a colazione.
Abbiamo incentivato la scuola e la classe ad aderire al progetto Frutta nelle scuole, per fare in modo che questo cambiamento fosse condiviso tra i compagni.
Dire ai bambini che devono mangiare di meno per non aumentare di peso non basta; sopratutto quando uno dei genitori non riesce ad essere di esempio.
Nel mio caso, ho parlato a mia figlia con sincerità, appena ha avuto l’età per capirlo: le ho detto che ho sbagliato, le ho raccontato che adesso sto meglio e sono guarita, e che mi dispiace molto di non esserle di esempio, ma avrei provato ad esserlo. A volte, con i figli, la sincerità è la strada migliore. Ma anche provare ad essere migliori noi stessi, come persone e come genitori.
Costringere i figli a mettersi a dieta o proibire certi alimenti, non sempre è la soluzione migliore, ma sarebbe meglio aiutarli a sviluppare la capacità di controllo inibitorio, qualcosa di molto simile all’autocontrollo.
Ho sempre pensato che ai bambini non si debba mai parlare di dieta, né renderli partecipi così attivamente di un cambiamento di alimentazione.
Siccome siamo noi adulti che compriamo il cibo e lo cuciniamo, siamo noi che possiamo ‘mettere a dieta’ i figli senza che nemmeno se ne accorgano, o per lo meno facendo in modo che non sentano la privazione.
Per me che sin da piccola ho sentito parlare di diete e di magrezza come simbolo di bellezza, la dieta è stata un’ossessione indotta.
La cosa migliore da fare è cambiare il modo di mangiare in famiglia, tutti insieme, senza coinvolgere i bambini e gli adolescenti sul tema della dieta e del peso: possiamo cambiare metodi di cottura, pesare la pasta per non consumarla in eccesso, iniziare sempre i pasti con le verdure crude o cotte, sostituire i dolci con le macedonie, e mille altre cose.
Da varie ricerche è emerso che mettendo 120 grammi di purea di patate in un piatto di 30 centimetri, la quantità di cibo viene sottostimata rispetto alla stessa quantità servita in un piatto da 20 centimetri. L’illusione percettiva viene definita ‘ di contrasto’ e si verifica poiché la stessa quantità, distribuita su una superficie superiore per differenza, appare più piccola. Ancora, in un altro esperimento sociale è stato osservato che la quantità di gelato mangiata da un campione di popolazione cambia a seconda della grandezza della coppetta nella quale viene servita; se servito in tazze grandi la dose di gelato aumenta di circa il 31% in più.
Possiamo innanzi tutto utilizzare piatti più piccoli: i bambini non noteranno la differenza di quali piatti usiamo o non usiamo, ma visivamente un piatto piccolo sembrerà pieno, anche se si tratta di una porzione minore rispetto a quella che il bambino mangerebbe. Sembra una sciocchezza, ma fa davvero la differenza, perché spesso mangiamo con gli occhi prima che con la pancia, e anche se ci sentiamo già pieni, ma dentro la pentola è rimasto del cibo, mangiando con lo sguardo tendiamo a mangiare anche se siamo già sazi.
Anche se si tratta di bambini piccoli, questi vanno sempre incoraggiati ad esprimere il loro livello di fame e sazietà. Troppo spesso sono i genitori a decidere le quantità. Cerchiamo di fermarci e chiedere ai figli: hai ancora fame? sei sazio?
Questo a me è capitato molto spesso: mangiare per convenzione, anche se non avevo fame, perché semplicemente ‘era ora’ di pranzo o di cena. Quindi spesso in ufficio mi ritrovavo con i crampi alle 11:30, facevo un bello spuntino di frutta, cereali e yogurt, poi all’una mangiavo solo perché avevamo stabilito che quella era l’ora della pausa. Eppure, lavorando per conto mio, il cambiamento era semplice: ho iniziato a pranzare quando avevo fame, anticipando progressivamente il pranzo alle 12:30 e riducendo le dimensioni dello spuntino mattutino.
Proviamo a ridurre le porzioni poco alla volta, in modo che il cambiamento sia quasi impercettibile e piano piano si instauri una nuova abitudine in tutta la famiglia. È come eliminare il sale: se lo riduciamo poco alla volta, nel giro di qualche mese avremo acquisito una nuova abitudine senza accorgercene, e soprattutto senza l’idea della privazione.
Attenzione anche alla cosiddetta profezia che si auto-avvera: se definiamo i figli mangioni, loro stessi non potranno che adattarsi all’etichetta che gli abbiamo dato, per soddisfare inconsciamente le nostre aspettative.
Bambini che mangiano ‘poco’
La maggior parte dei bambini ha un meccanismo di autoregolazione nei confronti del cibo: non siamo noi a dover sollecitare che un bambino mangi, se sono già escluse delle patologie concalamte. Se non forziamo i bambini a mangiare, lasciamo che loro creino delle proprie abitudini corrette, che si basano sul proprio senso di fame e sazietà. Se li induciamo a mangiare più di quello che vorrebbero, modifichiamo questa abitudine biologica, con il rischio di ritrovarci bambini in sovrappeso, o ancora più selettivi di fronte al cibo.
Di fronte a genitori che dicono che il proprio figlio non mangia NIENTE, vediamo bambini allegri, vivi, vivaci e in salute. Pensiamo ai bambini del terzo mondo: sappiamo, vero, cosa significhi mangiare NIENTE? Ecco: se i nostri figli non sono così, significa che mangiano abbastanza per condurre una vita attiva ed energica.
La cena diventa spesso terreno di scontro: ansie, minacce, un senso di tensione generalizzata che si oppone tra il bambino che si sente teso e quindi rifiuta il cibo, e il genitore che si sente preoccupato e nervoso e innesca ancora di più una reazione contraria nel bambino. Aumentare la conflittualità a tavola, in ogni caso, non risolve il problema!
Lasciate che il pasto scorra in maniera serena e riprendete il discorso ‘cibo’ lontano dai pasti. In questo modo potrete dire quello che pensate, esprimere le vostre preoccupazioni, dare l’impronta educativa senza compromettere la serenità a tavola.
Se avete il dubbio che i vostri figli non mangino nulla, iniziate a compilare per conto vostro un diario alimentare in cui trascrivere cosa mangiano e quanto ne mangiano: vedrete presto che i bambini mangiano il giusto! Io usavo questo metodo quando assistevo mio nonno malato, per capire se mangiava abbastanza e se mangiava di tutto.
Bambini che mangiano ‘pochi’ alimenti
È possibile che i bambini abbiano danni alla salute se mangiano in modo poco variato? Sì. Ma nonostante questo non è necessario che mangino cibi diversi ogni giorno: calcio, vitamine, sali minerali, acqua, proteine, grassi e carboidrati sono contenuti in tanti cibi differenti.
Tra i 18 e 1 24 mesi i bambini tendono ad essere molto selettivi verso il cibo. Questo comportamento viene definito neofobia, ovvero paura del nuovo. È un comportamento che ha una valenza di sopravvivenza: in questa età in cui i bambini iniziano a camminare e a muoversi in modo autonomo, potrebbero essere a rischio avvelenamento (per ingestione di prodotti non idonee, o cibi velenosi) e questo induce il loro organismo alla selettività, per evitare che ingeriscano sostanze pericolose.
Come aiutare i bambini a provare nuovi cibi:
- permettere loro di fare esperienza di cibi e sapori differenti, anche in consistenze diverse;
- instaurare durante i pasti un clima sereno e gioviale, non di ansia e paura;
- ampliare le esperienze sensoriali del bambino, anche nel gioco e nelle attività domestiche;
- mostrare coerenza nell’adottare una nuova abitudine: al primo rifiuto non dobbiamo cedere con il dare al bambino latte e biscotti, purché mangi, ma procedere per tentativi.
L’accettazione di un nuovo sapore, da parte dei bambini fino ai 5 anni, si verifica solo dopo un’esposizione che va dalle 5 alle 10 volte.
Quindi, un cibo che oggi non piace a nostro figlio, tra 5 o 10 settimane probabilmente gli piacerà, creando in lui una nuova abitudine. Proponiamo un nuovo cibo per almeno 10 volte, con una frequenza settimanale di una o due volte.
Proviamo inoltre a introdurre progressivamente tutti i sapori base del cibo, nell’alimentazione dei bambini piccoli: salato, dolce, amaro, acido; e proseguiamo con variazioni di colore (alimenti viola, arancioni, blu, gialli, verdi…): questo li abituerà alla varietà. Evitiamo invece di introdurre troppi gusti nello stesso pasto.
Bambini che non mangiano frutta e verdura
Apprezzare le verdure fa parte di un’educazione al gusto progressiva: non possiamo pretendere che ai bambini piacciano tutte e subito, e dobbiamo sempre proporle – come detto prima – una alla volta e con pazienza.
Sicuramente il modo per far mangiare le verdure ai bambini è esercitarne la consapevolezza, e NON nascondendole alla loro vista o ingozzarli ‘con l’aeroplanino’ senza che si rendano conto di ciò che mangiano.
Se dobbiamo abituare i nostri figli ai nuovi alimenti e promuoverne la scelta, dovremmo almeno fare in modo di aiutarli a riconoscere quello che mangiano.
Se camuffiamo le verdure sempre in polpette, torte salate, muffin, non aiutiamo i bambini a costruire un’idea di sé come di persone che amano mangiare le verdure. Oltre al fatto che gli ingredienti che aggiungiamo, forse sbilanciano anche il regime alimentare: farina, condimenti, uova, pangrattato, parmigiano, panna… servono davvero per rendere appetibili le verdure?
Iniziamo con il dare il buon esempio: mangiamo regolarmente frutta e verdura semplici, senza troppi fronzoli intorno, e anche i bambini lo faranno. Con il trascorrere del tempo i gusti cambiano e si evolvono: è successo anche a noi e così accadrà ai nostri figli.
Bambini che mangiano per fame emotiva (emotional eating)
Spesso trattiamo il cibo come ricompensa, sia per noi che per i nostri figli. Quando succede qualcosa di bello o quando siamo fieri di loro, li ricompensiamo con un gelato, un ovetto, una caramella…
In questo modo ciascuno di noi inizia presto ad associare al cibo un significato diverso da quello di nutrizione, ma come mezzo per soddisfare o placare un’emozione: la noia, la rabbia, la paura, la frustrazione, la solitudine, la tristezza, un esame, un’interrogazione, un litigio con gli amici… Ovvero utilizzare il cibo in risposta a emozioni per lo più negative.
Una sensazione che ho iniziato a provare da ragazzina, quando ero annoiata o triste e per passare il tempo cucinavo e mangiavo. E in questi casi non è la dieta la soluzione giusta, ma imparare a comprendere il modo di gestire le proprie emozioni negative e affrontarle senza ricorrere al cibo. Per imparare a distinguere la fame emotiva dalla fame fisica, e soddisfare solo quest’ultima.
In questa ottica, compilare il diario alimentare annotando di fianco ai pasti anche la situazione e l’emozione provata in quel momento, ci aiuta a prendere consapevolezza di come viviamo il rapporto con il cibo.
Cambiare l’approccio della famiglia e il comportamento del bambino:
questa la chiave per migliorare il rapporto dei figli con il cibo, ma anche quello di tutti i membri della famiglia.
Insegnare ai figli che nella vita ci sono tante cose belle da fare, interessanti e creative, al di là del cibo, è uno dei compiti di un genitore: perché invece di proporre come premio un cibo, non proponiamo ai figli di fare insieme un lavoretto creativo?
Non solo aiuteremmo i bambini a rapportarsi con il cibo in modo più consapevole e più sano, ma instaureremo con loro una reazione profonda, intima e autentica, basata sulla creatività, sulla reciprocità e sul divertirsi insieme.
Il libro di cui vi ho parlato:
I bambini e il cibo
Strategie pratiche per portare a termine con successo l’educazione alimentare
Edizione: febbraio 2017
Pagine: 144
Formato: 130×190 mm
ISBN: 978-88-6310-759-3
EPC Editore
Barbara sento stamane di doverti fare i miei più vivi complimenti per il bel post che hai pubblicato oggi.Non sono mai stata una taglia 40 (se non di passaggio). Sono sempre stata fissa tra la 46 e la 48.Da qualche anno sono approdata alla 50/52.Il cortisone preso durante le gravidanze nn mi ha aiutato, ma per l’assurdo durante le gravidanze ho preso solo 9kg per ciascun gilio.Proprio perchè stavo attenta per il loro benessere.Il cibo ha iniziato ad avere un ruolo contro la stanchezza o la tristezza negli ultimi anni.Sono un’ottima cuoca e questo non aiuta.Ma sono fiera di esser riuscita a autosvezzare i miei bimbi, loro hanno un’alimentazione varia ed equilibrata.Forse sono molto + brava con loro che non con me.Sono ben nutriti ma rispettando la loro indole.Se dovessimo catalogarli potremmo dire magri.Da circa sei mesi sto cercando di rimettermi in forma.Lo devo inannzitutto a loro.Hanno il diritto di avere una mamma in salute; questi kg di troppo (che nn sono tantissimi ma mi pesano cmq) vanno persi per vivere meglio con me stessa e con loro.Trovo sbagliato l’approccio però. Mi sto convicendo che non deve esserci una “dieta” ma un regime alimentare condiviso in famiglia e a lungo periodo.Bisogna trovare l’equilibrio.E cerco di impegnarmi.Ciò che mi frega?I carboidrati.Non sono gli snack, gli spuntini, no, a me piace il piattone di pasta/riso/ o la pizza. E lì che casco. Ma ci sto lavorando.Per il resto ogni settimana a casa nostra si consumano kg di frutta e verdura.Quindi penso di essere già sulla buona strada.Ci vuole equilibrio ed impegno.
Anche io penso che Dafne si meriterebbe una mamma più magra, o più in forma, o anche più carina. E’ un pensiero che mi ha fatta soffrire molto e perdere il sonno, ma è anche un cambiamento che non sono ancora pronta a fare.
So che potrebbe odiarmi, per questo. Oppure imparerà a perdonarmi, lo spero. Io le ho parlato sinceramente: le ho detto che mi dispiace molto non essere come le altre mamme e mi dispiace di aver sbagliato su di me a tal punto da poterla anche mettere in imbarazzo. Ma il passato è qualcosa che non posso cambiare.
Sto cercando di renderla fiera di me in altri modi: con il mio lavoro, con le iniziative della mia associazione, e soprattutto lavorando su me stessa per farle vedere che posso essere amata e apprezzata dal mio paese anche se non sono bella.
Non so cosa dirti, Isa. Io so che dovrei farlo, ma non sono pronta. Non sono pronta a fare fatica. Tanto più che le mie analisi del sangue sono perfette, quindi anche fisicamente per adesso non ho malesseri che mi disturbano.
Non lo so, non lo so davvero. E’ il mio cruccio più grande, il mio pensiero ogni mattina e ogni sera.
Sto cercando di essere una brava mamma nonostante questo enorme difetto che mi porto addosso e sto cercando il perdono di mia figlia, per quando capirà che potevo fare meglio di così.
Tesoro, tu sei fantastica.E la spensieratezza di tua figlia ne è la prova. E se vuoi saperla tutta, non sono pronta nemmeno io,sto lottando con una vita lavorativa che mi sta assorbendo molto.E non ti dico la fatica per cercare di star dietro a tutto. Però ho deciso di provarci ora.E sai perchè?Perchè negli ultimi anni mi sono ripetuta “Ora no, non ce la posso fare, non sono tranquilla mentalmente”.Ed era una scusa. Ora non sono veramente tranquilla ma bisogna pure iniziare.I kg da perdere per sentirmi bene sono una ventina (e come x te, esami sangue svizzeri!).Quindi prima inizio prima qualcuno lo perdo per strada. Io penso cmq che siamo già a buon punto.I nostri sono figli sereni ed equilibrati.L’impegno che metto nel lavoro e nelle attività extralavorative e scolastiche dei miei figli ha fatto si che loro siano fieri della loro mamma.Abbiamo tanti amici e sono amata tanto.Ora basta perdere qualche chiletto.Io ci provo.Nonostante non abbia nemmeno il tempo x una passeggiata dimagrante.Parto sapendo che la strada è tutta in salita.I malpensanti diranno che ho in partenza una scusa giustificante, ma se poi riesco a smaltire anche solo in parte i miei rotolini sulla pancia????
Non ho posto un limite di tempo. Inizio
Hai ragione, sai? Se aspetto che ci siano le condizioni favorevoli, non inizierò mai…
Leggendo le tue parole ho sentito l’impulso fortissimo di scriverti…cosa che faccio raramente…mi sono immedesimoata tanto in te…anche io è dai 12 anni che combatto con il peso…un su e giù continuo…che si accompagnava a minore o maggiora soddisfazione/considerazione di me…Ho una bambina anche io,di 6 anni e spesso penso ai miei problemi,desiderando che non siano anche i suoi…e quando mi chiede*mamma sono magra?”,io mi sento morire e le rispondo’sei giusta”…attualmente non ho risolto completamente i miei problemi,ne sono consapevole ma cerco di accertarmi per quello che sono…sono una persona che tende al controllo un po’ su tutto,all’organizzazione,ma quelli del cibo essere un aspetto che sfuggiva palesemente al mio controllo e questo mi ha sempre lasciato incredula… Grazie per aver dato spazio alle mie parole un caro saluto
Grazie a te, Alessandra. So che non è facile mettere nero su bianco questi sentimenti.
Quando ero piccola ero normo peso, anzi per un breve periodo della mia vita sono stata anche magrolina tanto che mi davano le vitamine!!! Mi piaceva mangiare, dalla nonna alla domenica mangiavo davvero tanto, lei è sempre stata in carne, ha sempre fagocitato tutto tanto da mangiare la minestra in piedi per far presto e riempiva anche noi. Io con il tempo ho iniziato ad aumentare di peso e come tante sono sempre stata come le maree andavo su e tornavo giu’, come adesso. La mia prima dieta in terza o seconda media… Ma al dilà della diete il problema secondo me, con il senno di poi, dopo aver letto e conosciuto tante storie, è sempre stato l’atteggiamento dei miei genitori. Le famose frasi del cactus ” tu è meglio se nn mangi questo ” o facevano patate fritte e cotoletta per mio fratello mentre ero a dieta, ero piccola e in difficoltà. Oppure i commenti affettuosi ma pesanti . Io mi son sempre sentita diversa..piu’ grossa, piu’ brutta (poi se guardo adesso certe foto ci sono stati dei periodi in cui ero veramente carina)… Per scontro dall’altra parte Luca è sempre stato chiamato 30 coste e imbottito di punture perchè non mangiava, mangiava invece, due cose, quelle che gli piacevano.
Se solo i nostri genitori ci avessero avvicinato al cibo in maniera diversa.
Mio papà soffriva di colesterolo alto nonostante il tanto sport ecc ecc, se mi avessero spiegato fin da piccola certi meccanismi… se avessi imparato ad apprezzarmi di piu’ e a mangiare meglio forse nn sarei ancora qui a lottare con il cibo e avrei avuto da subito piu’ sicurezza in me. So che i miei genitori non lo hanno fatto con cattiveria, ma dai loro errori ho imparato a come non comportarmi! Quando dico ad Ale che sono brutta , lui invece mi vede con gli occhi dell’amore, loro ci amano senza condizioni!
Sì, secondo me ci è mancata tanto l’educazione alimentare in sé. Un approccio giusto con il cibo, che non fosse riempirsi, fare festa, affogare i dispiaceri o la noia.
Secondo me noi stiamo cambiando rotta con i nostri figli. Abbiamo interrotto il circolo vizioso per loro, ne sono sicura.
Io ci avevo provato anche con i miei, ma è difficile togliere certe idee radicate, ancor adesso mia suocera alla domenica prepara come se dovesse portarci all’ingrasso per Natale, per lei riempire ale di cibo (spesso sbagliato) è pura gioia, ingolfa anche Pippi…, però per scontro sia io che luca stiamo come dici tu cambiando veramente rotta…
Frutta e verdura…tasto dolente…
Non la mangiano? 🙂
La piccola ha 4 anni e mezzo..ogni tanto pomodori e carote..all’asilo cmq a ,metà mattina offrono frutto e al pasto c’è sempre verdura, per cui,per quanto sia poca la mangia (però le piacciono pastellate)..il piccolo beh..mele e banane, senza troppo entusiasmo, verdura la assaggia ma poi lalascia lì…Tenendo presente il mio nuovo percorso verso la gioia: non posso obbligarli a mangiare ciò che non vogliono, posso chiedere “Vuoi?” ma insistere frustrerebbe loro e me…Per cui decido di dar loro tempo..magari non offrendola più e mangiandola io ne saranno più attratti
Sono piccoli, sono ancora molto selettivi ed è normalissimo. Secondo me il tuo approccio è giusto: fatevi vedere che voi mangiate frutta e verdura, mettetele sempre in tavola, proponete di fare un piccolo assaggio senza insistere… per mia esperienza intorno ai 10 anni iniziano ad essere meno selettivi e da lì iniziano ad assaggiare un po’tutto.
Per me è già un piccolo traguardo abituarli a fare colazione..confido che sforzandomi di essere tranquilla e serena arriverà anche il resto
Ti dirò che io da piccola non ne ho mai mangiata, frutta sì ma non verdura…cotoletta e patatine, pasta al sugo e frittata erano i miei menu..ho iniziato con l’adolescenza, le varie diete ecc a mangiare un pò verdura.. credevo che abituarli da piccoli fosse più giusto ma magari lasciando loro libertà di decidere pian pianino ne mangeranno forse..
Secondo me li stai già in qualche modo abituando, mentre la mangi tu e mentre gliela offri. Il percorso secondo me è più o meno quello per tutti: estremamente selezionati da piccoli, e piano piano assaggiatori e consumatori.
Stamattina sono allibita…mia suocera ottantenne insiste col voler far “assaggiare” il caffèal mio bimbo neanche di due anni…e quando mi arrabbio e le dico di no sembra che le faccia una cattiveria …secondo Voi sono esagerata io o la cosa non è normale?
Comunque no, il caffè no!
Pur non esagerando concedo senpre cioccolata e cose che loro apprezzano seppur non proprio salutiste, siamo umani ragazzi e anche quelli fanno parte dei piaceri della vita..ma caffè e alcol secondo me non dovrebbero neppure essere considerati per i bimbi…magari caffelatte più avanti, non so alle elementari…ma non so che senso abbia proporlo come assaggio a un bimbo così piccolo con tutto ciò che si può offrire
invece ho visto bambini di 4-5 anni che bevono vino e birra, un dito a pasto 🙁
Tornando ai pasti per stasera ho preparato degli spiedini con wuster, pezzi di vitello (avanzi di scaloppine di sabato)pomodorini e zucchine…poi come contorno zucchine a fette…cuocerò il tutto al vapore…speriamo in bene..almeno la carne…ora mo godo il mio caffè mentre dorme il piccolo,,,ho già preparato merenda per entrambi quando ritirerò la grande all’asilo…
Super efficiente!!