Non voglio vivere per sempre: voglio andarmene con stile
Pubblicato il 6 Marzo 2017 da Mamma Felice • Ultima revisione: 6 Marzo 2017
Pochi giorni fa mi squilla il cellulare. Io al cellulare rispondo sempre in modo un po’ scocciato, perché mi perseguitano i call center.
Dall’altra parte una donna gentile, con la voce mite, si presenta: Barbara? Sono Mina Welby.
Io sorrido e so che adesso c’è qualcosa per cui lottare.
Non ho paura della morte, non ho mai avuto paura di morire, mai. Anzi, per anni ho desiderato di morire ogni giorno, perché la depressione mi mangiava dentro come un buco nero. Ho anche tentato di uccidermi, maldestramente, come solo una bambina potrebbe fare.
Ho toccato il fondo in molti modi, scegliendo persone sbagliate, mettendomi due dita in gola per anni e anni, cercando di auto distruggermi.
Non mi consideravo degna di amore, né di compassione.
Ero fermamente convinta che nessuno mai avrebbe potuto amarmi e che il mio destino fosse accontentarmi di raccogliere le briciole di ciò che gli altri possedevano.
E’ così che sono diventata la paladina della felicità, e della vita. Attraverso un percorso verso la luce.
Una sera – l’ho già detto molte volte – mi sono sdraiata a terra, sotto una sedia, aggrappata alle sue gambe, con le mani che stringevano forte e piangendo tutte le mie lacrime.
E’ stata la notte in cui ho scelto la vita, da lì e per sempre. Potevo alzarmi – lo desideravo infinitamente – e buttarmi dalla finestra. Invece cono rimasta lì, con il mio picchetto doloroso, a piangere e aspettare, aspettare, aspettare…
Ho aspettato finché la morte se ne è andata via dal mio cuore, ho aspettato tenendo strette quelle gambe della sedia come se stessi penzolando da un precipizio, e ho aspettato, ho aspettato ad alzarmi da là sotto, finché il primo nuovo passo della mia vita fosse stato verso la vita.
Aspettare mi ha salvata. Mi ha salvata la pigrizia di vivere, mi ha salvata l’attesa, mi ha salvata il mantra che mi ripetevo ogni giorno nella testa:
Posso ammazzarmi anche domani. E domani, e domani ancora, e domani l’altro.
E un giorno dopo l’altro ho rimandato la morte, e poi non ho più avuto bisogno di morire, perché nel frattempo avevo cominciato a vivere come se fosse sempre il mio ultimo giorno di vita, e vivevo alla grande, e ho assaggiato la pazienza, la calma, il coraggio, la compassione, la luce.
Amo la vita in modo sfrenato, adesso. Amo tutto, della vita. Tutte le paure, le sconfitte, i dolori, ma anche l’altro lato della medaglia, le risate esplosive, le chiacchierate sul niente, la leggerezza, la stupidera, la bellezza straordinariamente poetica del mondo, l’assoluta imperfetta perfezione degli esseri umani, la spropositata fede che nutro per le persone.
Oh, santocielo, amo tutto, tutto, tutta la vita di un sentimento di gioia incontenibile.
Amo così tanto la vita che ho scelto di diventare madre. Amo la vita attraverso mia figlia, attraverso mio marito – l’unico grande Amore della mia vita – amo tutto, tutto, tutto di ciò che mi succede, anche le cose peggiori, le cose tristi, le cose che mi procurano ferite.
Il dolore è diventato bellissimo, da quando so che un dolore è solo un dolore, e la vita è meglio di così, la vita è di più del mio dolore, la vita comunque sopravvive e annienta tutto il resto.
Ho scritto all’associazione Luca Coscioni, qualche settimana fa, per chiedere come avrei potuto parlare di Eutanasia o di Legge sul Fine Vita o testamento biologico.
Poi Mina Welby mi ha chiamata e per quasi un’ora siamo state al telefono a parlare della vita e della morte, della perfetta bellezza del dolore, delle persone che amiamo – di cosa significhi amare le persone e di cosa significhi lasciarle andare. Abbiamo parlato di Piergiorgio Welby, di Beppino ed Eluana Englaro.
Abbiamo parlato soprattutto della vita come libertà personale. Libertà di scegliere per se stessi, libertà di amare chi vogliamo, libertà di diventare chi siamo, libertà di morire dignitosamente, e anche la libertà di commettere errori, di avere paura, di accettare il dolore come parte intima e profonda della nostra esistenza oppure di non accettarlo affatto.
Se c’è un Dio, io credo fortemente che sia nascosto nelle pieghe della felicità. Non credo alla pedagogia del dolore, non credo alla sofferenza come espiazione.
Credo che se Dio ci avesse voluti perfetti, non ci avrebbe creati come esseri umani, ma come Dei. E invece noi siamo esseri umani e ciò che abbiamo di più straordinario è proprio la nostra umanità, grandiosa e minuscola allo stesso tempo, piena piena zeppa di colori e di sfumature e di luce.
Per questo io sostengo in modo assoluto, deciso e fermissimo, il mio diritto a poter usufruire di una Legge sul Fine Vita.
Io che amo la vita in modo così straordinario, voglio arrivare viva alla mia morte.
Come persona, voglio la libertà di decidere di morire nel mio letto e di non provare sofferenze che mi consumino dentro.
Come figlia, voglio per i nostri cari anziani la migliore fine possibile: che possano scegliere di restare fino all’ultimo o anche di andarsene prima in modo gentile.
Come madre, pretendo il diritto per mia figlia di poter vivere una vita sana, che non debba essere espiata attraverso la malattia.
Come cittadina, voglio il diritto di non pesare sulla società, sui miei figli, su quelli che devono pagare per me.
Oggi vi chiedo questo: aiutatemi a chiedere, come cittadini e come genitori, una Legge sul Fine Vita che tuteli la nostra libertà di scelta.
Aiutatemi a urlare a chi ci governa che vogliamo una Legge che ci permetta di decidere se vogliamo o non vogliamo usufruirne.
Non si tratta di noi, si tratta di tutti. Si tratta della libertà di ciascuno, affinché nessuno sia padrone della vita altrui.
Ho quasi 41 anni e non so quanto vivrò, quando morirò, se vedrò mia figlia avere bambini, se diventerò nonna, se starò bene.
Non so niente di domani, e nemmeno di oggi. E questo da una parte mi fa piangere e mi annienta, perché riconosco la mia fragilità umana. Ma dall’altra parte mi dà forza, perché forse potrò essere ogni cosa, forse potrò vivere, forse potrò essere sana, forse mi sveglierò ancora tante altre mattine.
Ma va bene, io non voglio vivere per sempre e – sul serio – potrei morire anche adesso, che andrebbe bene così, perché davvero la vita mi ha tolto, ma mi ha anche regalato dieci anni straordinari che non potrò mai, mai, mai ripagare.
Ma voglio andarmene con stile. Voglio andarmene così come ho vissuto, con un sorriso e la mia solita battuta: Finché siamo vivi, è già metà del lavoro.
Ciao Barbara.
Il tuo post mi colpisce per motivi personali. Ho conosciuto gli Englaro e mia suocera è morta di SLA.
Questa donna sfortunata e coraggiosissima ha scelto, quando ancora lo poteva, di non essere intubata e di non essere alimentata artificialmente. Ha fatto testamento, ha addirittura deciso di abbandonare la sua casa per una clinica quando ancora stava decentemente.
Lei ha scelto, è stata padrona di sè, ha gestito la sua morte per alleggerire i figli.
Che coraggio!
Il punto è arrivare preparati.
Avendo visto nei fatti cosa succede io sono per la libertà e la responsabilità. Ma viviamo in uno Stato papà che ci tratta figli minorenni.
Concordo: viviamo in uno Stato che tende a controllare le scelte personali, quando invece dovrebbe controllare le responsabilità sociali.
Anche io voglio arrivare preparata. Non so se farò uso dell’eutanasia o del suicidio assistito – il giorno in cui ci saranno – ma voglio sapere di poter scegliere pro e contro, in piena libertà e autodeterminazione.
Ammiro il coraggio di tua suocera. E ti ringrazio per avermelo raccontato.
Sei una donna stupenda!
Sono senza parole davanti a questo tuo meraviglioso post! Posso solo dirti GRAZIE.
GRAZIE a te
bellissimo articolo, quanto tempo sprechiamo a lamentarci che peccato..apro facebook e trovo tantissime lamentele per cose stupide, inutili, ci si avvelena la vita per tutto, si puntualizza tutto, si critica tutto e tutti, tutti ce l’hanno con noi! basta..fermiamoci, cerchiamo di trovare una luce nel caos in cui siamo avvolti, impariamo ad ascoltare, non aspettiamo a dire ti voglio bene alle persone quando le stiamo perdendo, non c’è giorno in cui io non abbracci mio figlio e gli dica Ti Amo! impariamo ad accettarci e ad amarci, la vita è bella quando impareremo a godere non dei grandi eventi ma anche delle piccole cose, la “banalità” e la routine giornaliera che noi scambiamo per noia è una benedizione! ci aiuta a soffermarci su ciò che abbiamo e non su ciò che non abbiamo! amiamo la vita per quello che è …un viaggio meraviglioso a volte in salita altre in discesa ma pur sempre un percorso di crescita!
Che bello il tuo messaggio… è un inno alla vita.
Ciao Barbara,
ormai sono molti anni che leggo mammafelice e ogni tanto commento….
Condivido tutto o quasi quello che scrivi (altrimenti che ti leggo a fare!).
Ho due figli m-e-r-a-v-i-g-l-i-o-s-i e ringrazio Dio ogni giorno per questo, insieme a un bel marito, eh!;-)
Ma la fatica di vivere è veramente tanta. Anche la fatica di soppravvivere.
Per questo ti chiedo rispettosamente, di scrivere la tua storia e di come sei uscita dal brutto periodo. Questo per dare un segnale che ce la si può fare!
o forse posso leggerlo sul tuo libro?
p.s. ho firmato, grazie per la segnalazione
Susanita, lo voglio certamente fare, ma devo trovare il modo giusto, perché nella mia storia ci sono persone che si sentirebbero toccate nel profondo, con sensi di colpa che non voglio che provino… Penso tu mi abbia capita.
Ti anticipo però che ho in progetto con Valentina Colmi un post incrociato che parla proprio di depressione. Uscirà il 7 Aprile.
Il tuo commento comunque mi spinge ad affrontare questo tema con più articoli, quindi inizio a farci una riflessione
E’ che vorrei lasciare una trattazione. Ma lascerò solo un coomento.
E che bello tornare ad aver voglia di lasciare commenti.
Grazie.
S.
Grazie a te, amica mia
Sono passati ormai un pò di anni purtroppo, eravamo in montagna, l’ultima vacanza in montagna con papà! Papà amava la montagna, ma quell’anno eravamo in una casa vacanze per famiglie che non gli facilitava la vita, purtroppo non l’avevo scelta. In quei giorni spesso ha preferito per forza di cose rimanere a casa invece di muoversi , mentre magari noi andavamo o a passeggiare o in paese a far spesa.
Ricorso che aveva sempre il suo borsello e nel borsello un quaderno per appunti vari.
Una volta a casa, forse mesi dopo, ricordo di aver cercato nel suo borsello delle chiavi e di aver aperto senza volere il suo quaderno dove c’erano scritto numeri di telefono o massime e in una pagina , ricordo come fosse ieri c’era scritto alla fine di un pensiero ” non è vita questa, spero finisca presto ! ” Rircordo di aver avuto paura per tanto tempo che papà decidesse di togliersi la vita, lui sempre attivo e vitale era prigioniero del suo corpo. Poi gli anni sono passati, la malattia è avanzata ma lui era tenace, cercava di manternersi attivo. Mio papà ha lottato fino all’ultimo come sai, non è stata la distrofia a portarselo vio ma ha contribuito a renderelo immobile in poco tempo… Negli ultimi giorni trascorsi in ospedale ancora volela una pallina per far ginnastica con le mani e voleva i massaggiai piedi e voleva che gli muovessimo le gambe ormai provate. Ad un certo punto pero’ si è arreso e ha detto basta, il corpo aveva vinto, abbiamo assecondato il suo desiderio, abbiamo tolto l’idratazione e l’alimentazione forzata e siamo partiti come era giusto con la morfina. Ma credo che se non fosse sopraggiunto questo nuovo linfoma e stanco della sua situazione avesse chiesto di andarsene, io di sicuro avrei fatto di tutto per alleviargli tanta sofferenza. Perdere una persona cara è una grande sofferenza , ma averla vicina e vederla soffrire non potendo far nulla è ancora peggio.
Sto piangendo perché so l’amore che vi legava, e che vi lega ancora, e so che cosa ha significato lasciarlo andare.
Ti dico GRAZIE per averlo raccontato e condiviso qui, per chi leggerà, per chi potrà trovare sollievo e compassione per sé, nelle tue parole.
Ti voglio tanto bene.
<3 Non lo avevo mai raccontato cosi apertamente e mi ha fatto bene farlo 😉 sopratutto qui <3
Oggi è anche la festa della donna, lui mi portava sempre un fiore, lui ci rispettava e il minimo era rispettare lui e il suo volere visto tutto l'amore che ci ha sempre dato!
Grazie <3 per questa possibilità, credo che bisogni parlarne parlarne, mi sono resa conto che sono tante le persone che che condividono la stessa sofferenza e parlarne da sollievo e ti fa vedere tutto dalla giusta prospettiva…
<3
quanti errori ho fatto 😛 pardon
…Sai avevo paura della morte, poi una mia amica che fa la oss mi ha aiutata a capire che la morte non deve far paura , che una persona deve essere accompagnata.
C’è pochissima cultura in merito, io ho letto per conto mio quali sono i passaggi che affronta un malato terminale..
Nel 2014 ho dovuto lasciar andare Chatty, all’inizio non volevo esserci , poi mi sono fatta forza per lei e mio fratello e oggi sono felice di esserci stata, amore per amore (lo so per tanti è un paragone brutto uomo cane, per me era una sorella).! Aver visto Chatty andarsene serenamente mi ha fatto affrontare la morte di papà con lucidità, io c’ero, ho sentito il suo ultimo respiro, ho pianto tutte le lacrime che non avevo ancora pianto , esserci è stato un dono…c’eravamo tutti e tre. Credo che questo sia stato un grande regalo d’amore che lui ci ha fatto. Credo che come nella gioia della nascita, momento in cui tutti si radunano in ospedale, una persona meriti anche di essere accompagnata con amore fino alla fine… ma purtroppo spesso è un lusso che è concesso a pochi.
Non ho niente da aggiungere…
Con mia nonna eravamo tutti lì, abbiamo sentito l’ultimo respiro, è stato bello così. Essere tutti intorno, lì per lei.
<3
Ti seguo da tanto tempo e ti apprezzo molto per quello che scrivi per quello che sei una bella persona. Tanti auguri ad una donna forte come te
Almuccia grazie milleeeeeee! Speriamo! 😉
Ti seguo da tanto tempo e ti apprezzo molto per quello che scrivi per quello che sei una bella persona. Tanti auguri ad una donna forte come te
Barbara, questo post è bellissimo, si sente che è vero, e condivido tutto!
Grazie!
Grazie mille!