Ecco perché partecipo a un Progetto di Accoglienza Migranti
Pubblicato il 25 Aprile 2016 da Mamma Felice
E’ più dolorosa la conoscenza, o l’ignoranza?
La risposta dovrebbe essere semplice, nella teoria: l’ignoranza è sofferenza, perché ci priva della capacità di scegliere, di comprendere, di attivarci, di acquisire consapevolezza di noi stessi e del mondo circostante.
Ma il vero dolore, quel dolore bellissimo e purissimo che ti apre la testa in due per la sua forza di illuminazione, quel dolore è la conoscenza. Sapere ciò che non avresti voluto sapere, e fare i conti con la tua coscienza, ma soprattutto con i tuoi limiti.
Sapere che noi tutti siamo un insulso pulviscolo affannato nel vento, dentro un Universo dalle dimensioni incommensurabili.
Non bastano gli aggettivi, oggi, per descrivere le mie sensazioni e il mio completo smarrimento di fronte alle due ragazze che abbiamo accolto nel nostro paesello con il Progetto Migranti della Pastorale – di cui tra l’altro io nemmeno faccio parte, visto che sono l’unica voce fuori dal coro, ‘quella laica’, quella che nutre un’invidia profondissima per la Fede -; due ragazze che avrei potuto definire insieme come ‘pulcini’ e come ‘leonesse’, due ragazze che non esiterei a sentire sorelle, persino figlie.
Tra tutte le cose importanti che c’erano da fare e da comprare, a me l’unica scelta sensata è sembrata comprare uno smalto color arancione, con i suoi dischetti di cotone e l’acetone.
Perché c’è solo una cosa che non ho mai sopportato del dolore: la capacità di annientare la necessaria leggerezza della vita, quella spensierata frivolezza a cui tutti abbiamo diritto – il diritto all’ozio, al niente, alla mancanza di preoccupazioni, alle cose STUPIDE – all’assenza di gravità.
Mentre delicatamente le educatrici raccontavano brandelli di una violentissima migrazione – senza entrare nei dettagli famelici, impressionanti e incomprensibili del terrore e dell’abuso -, io potevo sentire soltanto il mio terrore.
Vedermi attraverso i loro occhi è stato terrificante, e ancora più terrificante la responsabilità della mia scelta: accudire, insegnare, essere – esserci.
La mia paura di promettere più del dovuto, di dare tutto e troppo nei primi mesi e poi deludere, creare nuove ferite, riaprire le cicatrici e vederle sanguinare copiose e bluastre, come il sangue di una vena che ti sgonfia poco a poco colando densamente.
In quel momento avrei preferito non sapere, non conoscere un percorso, una migrazione, una tortura, un dolore.
Non per me – io so gestire benissimo il mio dolore.
Ho pensato che quando noi cambiamo città o lavoro o scuola, godiamo del privilegio di resettare tutto: possiamo ricominciare daccapo, se vogliamo, chiudendo la prima parte della nostra vita in una camera oscura che non dovremo mai più riaprire, né condividere.
Ma se tu sei un Migrante, tutto il tuo passato, la violenza, la guerra, la tortura, la devastazione della cattiveria… tutto il Male viene con te, resta nel documenti, nei progetti, nelle scartoffie, nello status di rifugiato politico – il Male è il modo per raccontare te stesso e trovare una nuova vita.
Il duo dolore è un fardello che indossa il tuo nome, e resiste alla sete gialla del deserto e al nero profondo del Mediterraneo.
Ho le mie idee sulla politica, ma la vita di due ragazze adesso è qui, in un paese di 7mila anime, e la politica è lontana mille anni luce da questa nuova casa, dai lettini tutti rincalzati, le scrivanie generosamente pescate dalle camerette di figli ormai grandi, il profumo delle bacche di cardamomo che si mescola all’odore delle nostre case, odore di cena, di famiglia, odore di vita.
Arriva un momento in cui tutti noi siamo chiamati a FARE, indipendentemente dalla nostra idea politica, e restiamo ritti e lucidi di fronte alla scelta: è più doloroso sapere, o ignorare? E in questa scelta, il dolore, ha davvero un peso?
A queste due donne io auguro la felicità, e lotterò come se dovessi cercare la stessa felicità che desidero per mia figlia e per me stessa. Non ci saranno foto, o nomi, o storie da raccontare: per loro vorrei il meraviglioso dono dell’anonimato.
A me auguro una pacata prepotenza, due schiaffi bene assestati in piena faccia tutte le volte che vorrò mollare il colpo, se mi sentirò annoiata o sopraffatta o troppo presa da me stessa.
A voi chiedo di alzare il sedere da quella sedia e chiamare la vostra Parrocchia o la Pastorale Migranti, perché vi auguro di scegliere la via della conoscenza del dolore, e apprendere la lucidità della pace, della fratellanza e dell’azione personale.
Vorrei strapparmi il cuore e appiccicarlo qui su questa riga scritta, per riuscire a dividerlo in pezzi abbastanza grandi da dividerlo tra tutti – inventare la cellula totipotente che moltiplica pezzi di cuore per restare tutti umani.
Pensare che, quando soffrivo, pensavo di sapere cosa fosse il dolore.
E invece no.
quando ho accettato di lavorare per la croce rossa nell’asilo all’interno di un campo profughi qui ad amburgo non sapevo esattamente che cosa aspettarmi.
ora, a distanza di 6 mesi, posso solo essere ancora più certa della scelta che ho fatto.
ogni giorno mi confronto con situazioni che, a mente lucida, dovrebbero farmi desistere dal ritornare al lavoro il mattino seguente, tanto sono ‘forti’, ‘dure’ e a volte strazianti.
ma i sorrisi dei bambini e gli abbracci dei loro genitori, riescono in un attimo ad annullare tutto il (mio) dolore e la (mia) amarezza e a darmi ancora di più la voglia di dare il massimo, di ‘esserci’ con tutta me stessa per regalare loro un presente sereno.
Penso che sia davvero importante che molti si sentano chiamati a fare, a coinvolgersi direttamente. E penso che sia altrettanto importante raccontare queste iniziative, piene dell’impegno di molti cittadini diversi. Ti andrebbe di raccontare attraverso un piccolo questionario online quello che fate? http://www.igetyou-jrs.org/italy/
Speriamo nei prossimi mesi di riuscire a raccontare e comunicare le iniziative dei cittadini di molti Paesi d’Europa.
Lo dico alla responsabile del progetto: io sono solo una che si è messa a disposizione, ma non ho definito il progetto, né lo gestisco.
Complimenti a voi. Anche noi abbiamo partecipato al Progetto Migranti, ma in tutta l’Unità Pastorale (una decina di comuni) solo in 32 famiglie hanno dato disponibilità. Quindi al momento non è ancora arrivato nessuno. E poi è vero, la vita può ripartire dalle piccole cose, come uno smalto arancione. Quando vedo donne straniere che vivono qui e vengono a prendere i vestiti usati per sé e per i loro bambini capisco che anche una battuta su una maglietta particolare, o un reggiseno un po’ troppo grosso le può aiutare a sentirsi donne tra le donne e non straniere in una terra ostile.
Verissimo. Comunque anche qui non è che la partecipazione sia stata così ampia, eh. Anzi, ho assistito a una riunione di gente CONTRARIA che prevedeva sciagure, crimini e non ti dico cosa.