Adolescenti: le ragazze vengono responsabilizzate di più?
Pubblicato il 5 Ottobre 2015 da Benedetta • Ultima revisione: 23 Aprile 2018
Perché ci si preoccupa più di dove vadano le femmine e meno di dove vadano i maschi?
Il gioco esplorativo, avventuroso, quello che prevede di arrampicarsi, correre, saltare, rotolare, sperimentando limiti fisici e imparando a conoscere l’ambiente che ci circonda è spesso un gioco che noi genitori facciamo fatica a tollerare soprattutto in casa e soprattutto nei pressi della cristalleria di Boemia.
Ma se proprio dobbiamo tollerarlo, spesso capita che lo tolleriamo per i nostri figli maschi e molto meno per le femmine. Certo, femmine che si arrampicano sui letti a castello e si paracadutano giù usando la maglia del pigiama ce ne sono probabilmente poche, ma solo perché, fin da subito, è stato chiarito implicitamente che cosa ci si aspetta in genere da una bambina.
E che cosa ci si aspetta da una bambina?
Che stia calma, tranquilla, a leggere, colorare, giocare seduta e composta. La dimensione domestica è una dimensione che si dà per scontato appartenere al genere femminile, anche se non lo si fa consapevolmente.
Eppure, il gioco esplorativo costituisce la base del pensiero scientifico: costruire un’ipotesi, sperimentare, validare o confutare… Una parte molto importante per lo sviluppo intellettuale insomma, che sarebbe interessante far esprimere allo stesso modo a bambine e bambini.
Inclusa la fase dell’adolescenza.
Già, perché poi arriva quel momento in cui il nido inizia a stare stretto e i nostri figli e le nostre figlie ci fanno la fatidica domanda:
– “Posso uscire con i miei amici?”.
Ed è in quel momento che la differenza educativa tra maschi e femmine può raccontare molto di noi genitori.
Come ci comportiamo con le nostre figlie? Quali sono le preoccupazioni che più ci coinvolgono? Droga? Bravate? Violenza?
Ma soprattutto, quali sono le raccomandazioni che facciamo in quei cinque minuti che precedono l’apertura della porta di casa?
“Non accettare passaggi da sconosciuti” (lo diciamo anche ai figli maschi?),
“Non vestirti in maniera troppo provocante” (ai figli maschi raccomandiamo di comportarsi in modo rispettoso con le ragazze, anche se sono vestite in maniera provocante?),
“Non correre, non bere, non fumare” (sul serio lo diciamo anche a loro?).
Il mondo là fuori è lo stesso per maschi e per femmine, eppure sono diverse le cose che in genere i genitori dicono ai loro figli.
In genere, le ragazze vengono responsabilizzate di più, devono rispettare più orari, hanno più regole. E questa responsabilità coinvolge anche l’atteggiamento, che non deve essere provocatorio: le ragazze devono salvaguardare loro stesse, ma anche salvaguardarsi dai loro coetanei, che al contrario hanno meno responsabilità.
Ancora una volta, l’esplorazione è cosa da maschi.
Le femmine devono essere un po’ a disagio là fuori e questo disagio, ancora molti genitori se lo sentono tutto addosso, prima di aprire la porta di casa.
Il punto è che quella porta andrebbe aperta subito, quando hanno pochi mesi di vita e iniziano a gattonare: è in quel momento che noi genitori dobbiamo dare anche alle nostre figlie tutti gli strumenti per poter affrontare il mondo esterno, incoraggiando e responsabilizzando allo stesso tempo e allenandoci a provare orgoglio per le conquiste fatte.
Sì, incoraggiare e responsabilizzare: da zero a diciott’anni. Maschi o femmine che siano.
Indice dell'articolo
Come si combatte il femminicidio?
[di Mammafelice]
E’ molto naturale: chi ha una figlia femmina si preoccupa delle violenze che potrebbe subire.
Tutti allo stesso modo ci preoccupiamo delle droghe, dell’alcool, del fatto che i figli non si mettano in pericolo, che non guidino se hanno bevuto, che non facciano bravate… Insomma: vogliamo che i figli, quando da adolescenti chiedono la propria libertà, tornino a casa sani e salvi.
Con le figlie femmine, inevitabilmente c’è un passo in più: la paura che subisca violenza, o che venga molestata. E’ innegabile che il pensiero ci sia, e, a quanto dicono le statistiche e i casi di cronaca, è purtroppo anche giustificato dai fatti. Subito veniamo ossessionati dai casi di femminicidio, che purtroppo in Italia avviene con una frequenza preoccupante.
La prima cosa che, per istinto di protezione, ci viene da fare, è chiedere alle nostre figlie di fare attenzione.
E se invece di scoraggiare le nostre figlie, insegnassimo ai nostri figli a rispettare le donne? Se insegnassimo ai futuri uomini di domani, a non picchiarle, a non usare violenza, a non considerarle solo degli oggetti?
Questo è certo un tema importante, in Italia, in cui i dati del femminicidio sono spaventosi. Come si combatte il femminicidio?
Si combatte innanzi tutto in casa, eliminando le forme di violenza domestica.
In Inghilterra, ad esempio, si combatte il femminicidio con il Metodo Scotland. (LINK)
Innanzi tutto si incoraggiano le donne a lavorare (io lo dico sempre che fare la mamma non è un lavoro): questo permette loro non solo indipendenza economica, ma anche maggiore possibilità di restare parte attiva della società civile. Con questo sistema, lo Stato ovviamente fornisce alle donne più asistenza (il cosiddetto welfare), e considera i datori di lavoro un anello della catena anti-violenza. In Gran Bretagna questo ha ridotto i casi di violenza e, allo stesso tempo, aumentato il PIL perché le donne possono tornare a lavorare, sapendo di essere assistite e di potere avere giustizia.
Questo sistema si fonda infatti su tre elementi integrati:
- servizi funzionali, nel senso di interconnessione tra sistema giudiziario, polizia, servizi medico-sanitari e sociali, protezione e assistenza legale per le vittime;
- risultati economici, derivanti dalla diminuzione delle assenze dal lavoro causate da maltrattamenti;
- valutazione dei costi umani attraverso la promozione di politiche sociali ad hoc.
In Italia ancora un vero welfare non c’è, ed è questo il problema politico maggiore.
In Italia la figura femminile è spesso subordinata a quella maschile: sul posto di lavoro, nella società, e anche in casa.
Allo stesso tempo, è indubbio che, se in Italia l’educazione è ancora prevalentemente in mano alle donne, qualcosa di questo sistema educativo proprio non funziona. Gli uomini uccidono perché considerano le donne come delle proprietà, e questo è vero in molte famiglie: mariti che vengono serviti e riveriti, mentre la donna di casa pulisce, accudisce figli e casa, cucina… Anche nell’educazione tra figli maschi e figlie femmine, c’è ancora un divario: alle femmine viene imposto di aiutare in casa, ai maschi no.
C’è quindi certamente un legame tra femminicidio e cultura patriarcale, che permette, tra le mura domestiche, una subordinazione della donna, e anche delle figlie femmine.
Questo si trasmette ai figli anche con la proliferazione degli stereotipi di genere: per questo è necessario abbandonare i pregiudizi sin dalla prima infanzia, eliminando differenze di identità di ruoli che costringono a separare la vita in cose da maschi e cose da femmine. La distinzione uomo donna è già nella fisiologia e biologia del nostro corpo: per il resto, tutti possono fare tutto!
Possiamo cambiare tutto questo? Sì, in casa nostra. Con il tempo, attraverso politiche migliori.
Vi invito ad ascoltare questo documentario / inchiesta sugli stereotipi di genere, diretto da Alessandra Ghimenti. Vengono intervistati bambini delle scuole elementari del nord.
Questo video è l’estratto del quarto capitolo dell’inchiesta “Ma il cielo è sempre più blu”.
Ecco cosa dicono i bambini: ‘Le femmine sono più semplici, aiutano le vecchiette e fanno da mangiare. La mamma si occupa dei figli, il marito va a lavorare. Le femmine devono stare a casa per fare da mangiare, le pulizie.‘
E, di nuovo: ‘I maschi sono più violenti, e le ragazze più caute. I maschi sono più sportivi, le femmine possono fare gli sport che i maschi non possono fare.
I maschi possono fare delle cose che le femmine non possono fare. Pochi maschi puliscono la casa, poche femmine vanno in motorino. Le donne possono far crescere i figli, e gli uomini non possono.‘
AIUTARE LA DONNA. Questo è il concetto generale: che quando un uomo si occupa dei figli, o della casa, non sta facendo qualcosa che gli spetta in parità, ma sta aiutando la donna, come se quello fosse un compito prettamente femminile.
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Non è evidente che c’è qualcosa di infinitamente triste, in queste parole?
Bene, io sono ansiosa allo stesso modo! parità!
A parte gli scherzi, devo dire che il mio figlio maschio si comporta più da femmina di mia figlia femmina: lui non vuole uscire quasi mai, lei sarebbe sempre in giro, lui pulisce la sua camera e aiuta in casa, lei devo obbligarla con le minacce….insomma i “problemi” che non ho avuto con lui, che ora ha 17 anni, li avrò con lei che ne ha 11 perchè non sono stata “abituata” prima. Le abbiamo lasciato libera scelta per lo sport ma sono contenta che faccia taekwondo, un’arte marziale che insegna, tra le altre belle cose delle arti marziali, l’autodifesa, che purtroppo oggi come oggi per una ragazza è importante. Forse questo mi darà l’illusione che sia più “protetta” e FORSE sarò più tranquilla quando uscirà anche di sera.
Ma può una mamma stare tranquilla quando i figli sono a spasso? Me lo chiedo io, che non mi ritengo apprensiva più di tanto (ne conosco di molto peggio di me…).
Non credo, Nadia… possiamo fingere di essere tranquilli, come genitori, ma non credo lo saremo mai finché saremo vivi 🙂
Credo proprio che sia così….
Comunque volevo aggiungere che riscontro proprio, come hai detto tu varie volte, che siamo proprio noi genitori ad inculcare certe idee nei figli, soprattutto le mamme coi figli maschi. Se per esempio dico a qualcuno che faccio pulire a loro le loro camere e che pretendo che aiutino anche me, marito compreso, mi sento dare della iena, oppure mi fanno un sorrisino, o mi dicono “se aspetto loro”….
Anche a me scappa la pazienza, e mi accorgo che farei prima e meglio a farmeli da sola, ma allora poi non se ne esce più!
E con le differenze tra i miei figli mi sono proprio accorta che è una questione di carattere e non di genere, essere o meno ordinati e puliti.