Depressione post partum: famiglia e amici
Pubblicato il 3 Settembre 2015 da Valentina Colmi
Famiglia e amici: aiuto o ostacolo, se soffriamo di depressione post partum?
Quando si diventa madri una cosa che si apprende fin da subito è che bisogna ritrovare un equilibrio. Uno dei problemi per cui si fa fatica a trovarlo, oltre alla stanchezza e a un po’ di smarrimento per la nuova condizione, è che chi sta attorno alla neo mamma e ai genitori in realtà spesso è altrettanto confuso.
Quando una mamma torna a casa dall’ospedale generalmente viene subissata di telefonate per conoscere il momento in cui la si potrà andare a trovare per vedere il nuovo nato. Lo stato di salute della mamma passa in secondo piano: è il bambino il protagonista, dopo che per 9 mesi tutti invece si sono preoccupati di come stesse la futura madre.
E’ ovvio che l’arrivo di una nuova vita porta con sé la gioia della condivisione, ma bisogna imparare anche a dire “no, ora non voglio nessuno a meno che non mi vogliate pulire casa”.
Amici e famigliari che si comportano in questo modo non sono d’aiuto: tanto vale aspettare che la situazione si assesti. Ciò per una serie di motivi: recupererete un po’ di energie, avrete preso il ritmo e soprattutto non assisterete a consigli non richiesti (sì, anche da parte delle mamme e delle suocere).
Una neo mamma, magari già provata da un parto difficile, (comunque anche se ha avuto un parto naturale non è che la dimissione veloce dall’ospedale aiuta) e in una situazione emotiva precaria non ha bisogno di sentirsi colpevolizzata se magari allatta con difficoltà o si lamenta per la stanchezza. Meglio poi non invitare a casa amiche senza figli che non capiscono la vostra nuova condizione e che magari sbuffano perché non le ascoltate mentre vi raccontano dell’ennesimo fidanzato lasciato. Vi faranno rimpiangere la vostra libertà con il risultato di farvi sentire ancora più sole.
L’unico modo per prevenire la depressione post partum è fare rete. Cosa significa? Significa attuare un “piano d’attacco” per aiutare la mamma il più possibile, riprendendo un po’ quel concetto di solidarietà femminile che era vivo quando le nostre nonne mettevano al mondo dei bambini. Fino agli anni ’50 ad esempio la donna doveva solo riposare per 15 giorni dopo il parto: alla casa e agli altri figli ci pensavano le altre madri, le sorelle, le vicine. Certo, lo facevano perché passato questo periodo poi tutte le incombenze ritornavano sulla puerpera, ma almeno ci si prendeva del tempo per la nascita, rispettando i nuovi ritmi della mamma e del bambino.
Oggi – complice il fatto che i figli arrivano sempre più tardi e che le nonne magari sono già un po’ troppo anziane – si fa molta più fatica a fare appunto rete.
Se invece è possibile, la cosa migliore che si possa fare è focalizzare la propria attenzione sulla mamma. Andare a casa sua, aiutarla con le pulizie, permetterle di farsi una doccia, tenere il bambino, farla dormire. E soprattutto tenere alla larga i curiosi.
Questo argomento mi fa riflettere, io ho avuto solo l’aiuto di mia madre, quando sono nate le mie figlie mio marito è partito per lavoro, quindi mia madre x aiutarmi si è trasferita da me x 2 settimane. Una manna dal cielo,io purtroppo dopo il parto ho avuto dei problemi di salute e quindi non sarei riuscita a tenere i ritmi di un neonato. Grazie a mia madre sono riuscita a ” sopravvivere” al periodo di caos dell ‘inizio alla nuova avventura materna. I miei suoceri invece piombavano a casa e guardavano se c’era la polvere sui mobili o si infilavano in camera da letto x vedere come allattavo! Altro che depressione…. Sarebbe venuta a chiunque!!
E ci credo!
Io non ho avuto, e non ho tutt’ora, alcun aiuto. Al contrario, ho avuto critiche e intrusioni. Sosptto di avere una qualche forma di depressione post partum, ma nessuno mi crede… neanche mio marito. Forse perché più che “depressa” mi sento arrabbiata – con genitori e suoceri che non solo non aiutano, ma mi criticano in continuazione, con le amiche che non mi sostengono ma parlano solo dei fatti propri, e si comportano come se io non contassi nulla, con mio marito che si prende i suoi spazi di riposo senza darne a me – ma non trovo nessun sostegno, nessuna comprensione. Capisco che il mio comportamento non sia incoraggiante, ma non lo faccio apposta. Non so cosa fare. Ad andare all’ospedale al centro per la DPP mi vergogno come una ladra.
Mi dispiace tantissimo, Maia. Hai provato a metterti in contatto con Valentina Colmi, di depressione post partum? Lei saprà sicuramente consigliarti come muoverti, nella tua città, e con chi parlarne
Dove abiti? Me lo puoi dire?
mi sento nella tua stessa situazione. Ho avuto la sfortuna riavere due pediatri che non sono stati in grado di seguire mia figlia. Una stava facendo morire di fame e, non esagero dicendo di fame, mia figlia quando aveva un mese. L’altro non si è accorto che lei non riusciva sedere senza appoggio _questo quando aveva già dieci mesi- e non ha riscontrato in tempo negandolo un ipertrofia agli arti inferiori. Lei ancora non riesce a gattonare. Mi hanno accusato che è stata colpa mia e che potevo mandare i carabinieri a casa per negligenza quando nessuno ci ha detto cosa fare e mi riferisco ai medici.
Che maledetti! Queste storie mi fanno incavolare come una iena. Mi dispiace moltissimo per voi, per te, che oltre a veder star male i figli, bisogna anche essere accusati. Pazzesco.
Adesso sta facendo qualche terapia, la tua cucciola?