La settimana mondiale della gentilezza

Pubblicato il 12 Novembre 2010 da • Ultima revisione: 4 Febbraio 2021

settimana mondiale gentilezza

Come ha ricordato ieri Claudia, questa è stata nominata la settimana mondiale della gentilezza. Resta da capire cosa significhi essere gentili e amorevoli, nel senso comune, ed è una cosa su cui mi interrogo tanto, e da tanto tempo. Cos’è la gentilezza per voi?

Oggi, in questo post, mi arrovello… e parlo di gentilezza a modo mio, facendo un po’ di confusione, e citando soprattutto il mio Librino della Felicità.

Per alcuni la gentilezza è accondiscendenza: sono gentile se ti do ragione.
Ma questo presuppone una sorta di sottomissione di una delle due parti, perché, se la mia gentilezza è quella di darti sempre ragione, significa che le mie idee scompariranno sotto il peso delle tue, e io perderò parte della mia identità. Mentre invece è bello avere le proprie idee e combattere per esse, senza però pretendere di cambiare il pensiero di nessuno.

Certe volte mi chiedo: ma chi sono io per dire a te che devi cambiare?
Se lo dico a un assassino, spreco il mio tempo, perché cercare di cambiare una persona che ha commesso colpe gravi, è come voler spostare tutta l’acqua del mare usando le mani. E se lo dico a una persona buona, è come voler dire che non è abbastanza buona o abbastanza intelligente per stare al mondo.

Il mio concetto, per farla breve è: io voglio parlarti del mio cambiamento, ma non del tuo.
Voglio dirti che c’è un altro modo di vivere o di vedere le cose, ma non voglio insegnartelo. Non credo nell’evangelizzazione: noi tutti possiamo imparare dagli altri, se lo vogliamo, senza bisogno che qualcuno assuma il ruolo di insegnante o di moralizzatore, per indurci al cambiamento.

 

Per altri ancora la gentilezza è abbozzare: sono gentile se accetto tutte le critiche con il sorriso.
Ma, come dico sempre, nella mia nuova vita io non accetto critiche da chi non mi conosce. Non ho più quella debolezza di un tempo, per cui mi definivo fragile come una bambola di porcellana. Mi faccio tenerezza da sola, se ci ripenso…

Parte della mia maturità si è avverata proprio nel momento in cui ho smesso di farmi influenzare dai giudizi negativi degli altri, se la critica era espressa da qualcuno che non mi ama, o non mi conosce nella realtà. E questo mi sento di dirlo a tante ragazze, mie amiche, che ancora oggi piangono e soffrono per un commentaccio lasciato sul blog o per chi parte dicendo che bisogna anche saper accettare le critiche altrui: ma proprio per niente.

Accettate solo le critiche di chi vi ama, solo le critiche che vengono fatte con Amore! Uno sconosciuto, un passante, un’ostetrica, una conoscenza virtuale, un vicino di casa, un parente lontano, una collega d’ufficio… nessuno di loro ha il diritto di incrinare la vostra serenità per insegnarvi come stare al mondo. Ciascuno di noi sa criticarsi da solo molto bene, senza bisogno di un intervento esterno!
E, come ho scritto nel mio Librino, a quelli che dicono di avere il diritto di esprimere la loro opinione, io dico sempre: tu hai il diritto di parlare, e io ho il diritto di non ascoltare! :mrgreen:

Per alcuni la gentilezza è essere ‘low profile’: sono gentile se dimostro umiltà, se dico che sono senza soldi o che mi ha colpito qualche disgrazia.
Ma se dico che sono felice, o che ho trovato un buon lavoro, o che possiedo una bella casa, ho una figlia sana, o mi è successa una cosa bella… divento scortese nei confronti di chi soffre. Tempo fa mi è stato addirittura chiesto di cambiare il nome Mammafelice per rispetto di chi non può avere figli, o di non lamentarmi della mia vita per rispetto di chi ha perso tutto, o non l’ha mai avuto.

Lo capisco: il dolore sa essere totalizzante, quando arriva.
Ma io trovo ingiusto che si impedisca agli altri di ridere, o di manifestare il proprio entusiasmo, per mantenere un basso profilo nei confronti di chi sta soffrendo. La felicità non toglie felicità, e secondo me va condivisa. Non possiamo annullare la nostra gioia e la nostra leggerezza per far compagnia agli altri nel dolore: io credo che la vera gentilezza sia cercare di regalare loro NON un’empatica sofferenza, ma una motivante felicità.

Insomma, come si è notato, non sono molto convinta, di questi modi di considerare la gentilezza. E dire che ci ho riflettutto a lungo!
E dunque?

Per me la gentilezza è accettare gli altri e amarli senza giudicarli.

Ci sono tante cose che non mi piacciono nel mondo, e anche tante persone che non sopporto. Non sono l’innocente e ingenua Biancaneve nella casa dei nanetti. Ma ho imparato a volermi bene, o a capire quando faccio veramente schifo, e a cambiare.
Ho imparato, insomma, ad avere fiducia in me stessa, e questo mi ha portata a una svolta di serenità: non sento la necessità di dire agli altri come devono cambiare. Accetto di piacere e non piacere, e accetto che gli altri mi piacciano e non mi piacciano.

Mi piace ricordare che anche la persona che mi è più antipatica, resta una persona. E io non ho bisogno di farmela piacere, per volerle bene o, semplicemente, per sospendere il giudizio.
(Cosa che ovviamente non si applica con chi ci fa del male, OVVIO!)

Per me la gentilezza è non rompere le scatole agli altri.
Non amo la polemica o le discussioni. Certe volte trovo divertente impegnarmi in una sfida dialettica, ma la maggior parte delle volte non sento il bisogno di buttarmi nella mischia e sferrare gomitate sulle gengive.

Qualcuno obietta che questa sia ipocrisia o anche mancanza di etica, perché ognuno deve impegnarsi a cambiare il mondo con tutte le forze. Io no. Io non penso che il mio compito sia quello di cambiare il mondo. Il mio compito è cambiare ME STESSA, perché se ciascuno cambia se stesso, cambierà anche il mondo.
Non si può voler cambiare il mondo senza amare e rispettare le persone che lo abitano.

Per me la gentilezza è trovare sempre una via di mezzo che cancelli l’estremismo.

Mi piace usare le borse di stoffa e non di plastica, mi piace fare la raccolta differenziata, mi piace trovare dei modi per consumare meno e sprecare meno. Ma rifiuto ogni forma di intransigenza.
Lascio la vergogna a chi picchia, chi uccide, chi violenta, chi distrugge, chi deturpa… Io amo il mondo, lo amo da impazzire.
Ma io non sono il mondo, io sono una persona, sono una sfumatura di colori: chi vede il mondo in bianco e nero, dividendolo in buoni e cattivi, in onesti e disonesti, in persone etiche o non etiche… sta perdendo un arcobaleno di emozioni e di individui.

Tutto il resto è noia. Gioia?
Non lo so. Non riesco a definirla, questa gentilezza. Forse non la possiedo. Forse ne possiedo solo un pezzetto e questo non basta.
O forse possederla è solo cercare di vivere bene CON gli altri, senza urtarli, insultarli, offenderli o marchiarli. O forse nessuna di queste cose.

O forse semplicemente la gentilezza per me, adesso, è dire grazie. Perché probabilmente non ho fatto tutto per bene, ed è per questo che avete la mia gratitudine: perché avete accettato la mia debolezza e il mio errore.



Commenti

45 Commenti per “La settimana mondiale della gentilezza”
  1. Bel post.
    Molti sono gli spunti di riflessione.
    Mi permetto di aggiungere che sono in accordo sul fatto che non ci sia nulla di sbagliato o di cui vergognarsi nell’ammettere la propria felicità, del resto, gli stati d’animo sono contagiosi. Non cerchiamo sempre di evitare le persone che ci trasmettono negatività? Allora dovremmo privilegiare quelle che sono felici e dimostrano di esserlo,.
    Sono convinta inoltre che quel che fa la differenza non è tanto quel che ci accade, ma il modo in cui noi ci poniamo di fronte alle difficoltà della vita, il nostro atteggiamento mentale. Su questo ci si può lavorare. Io nei momenti bui della mia vita (ce ne sono stati molti, e questo è uno di essi) ho trovato grandissimo conforto nella pratica della meditazione.
    Infatti, pura coincidenza, ne parlo proprio oggi in un mio post.
    Felice giornata
    Michela

    • Mamma Felice (Mappano) - Ariete

      immagine livello
      Guru
      Mamma di Dafne (17 anni)

      Michela, grazie per il tuo commento… Anche Nestore ha meditato tanto, da giovane. Io invece ancora non mi ci sono avvicinata… e non so se sono proprio in grado, con il mio carattere iperattivo 🙂

      • Anch’io tendo ad essere iperattiva, e proprio noi siamo le persone che maggiormente possono trarre beneficio dalla meditazione, anche se sono la prima ad ammettere che, soprattutto all’inizio, non è semplice.
        Ciao
        Michela

  2. Una cosa che hai scritto mi lascia perplessa. Chiederti di cambiare il nome perchè gli altri soffrono lo trovo asssurdo. Ognuno di noi sa la propria vita in che direzione va. Ci possono essere sofferenze, mancanza di denaro che ti porta alla disperazione, ma è inaccettabile che tutti, a prescindere, vadano in giro con la testa cosparsa di cenere.Spero di non essere fraintesa.La mia gentilezza è essere felice della felicità degli altri..

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