[Guest Post] 10 buoni motivi per cui tu, mamma o papà, puoi insegnare una lingua straniera a tuo figlio
Pubblicato il 30 Ottobre 2009 da Mamma Felice • Ultima revisione: 20 Agosto 2012
Ospito più che volentieri questo ‘guest post’ scritto da Letizia di Bilingue per Gioco, che si occupa di bilinguismo e della formazione multilingue, aiutando mamme e papà a scegliere gli strumenti giusti per insegnare ai propri figli una o più lingue straniere.
Un guest post è un articolo ‘prestato’, se così vogliamo dire, che tratta argomenti che io, altrimenti, non avrei saputo trattare con la stessa ‘scientificità’.
E quindi è un piacere poter mettere a disposizione questo spazio per Letizia (e per chi di voi vorrà in futuro), per farci raccontare la sua esperienza di bilinguismo e soprattutto per rispondere a una domanda che sempre più spesso ci stiamo ponendo: è possibile insegnare una lingua straniera fin da piccoli, ai nostri bambini? Come possiamo fare?
Chiediamolo direttamente a Letizia, che io ringrazio per aver voluto pubblicare questo articolo su MF.
10 buoni motivi per cui tu puoi insegnare una lingua straniera a tuo figlio
[Articolo di Bilingue per Gioco]
Hai mai pensato che ti piacerebbe insegnare l’Inglese (o Francese, o Tedesco, o..) ai tuoi figli? Se la risposta è sì, questo post è per te.
Sappiamo bene quanto siano importanti le lingue straniere, ma tradizionalmente il compito di insegnarle viene delegato alla scuola.
C’è poca chiarezza sul ruolo che i genitori possono ricoprire nell’insegnamento di una lingua ai bambini, eppure sono sempre più numerose le famiglie che mettono a punto una strategia domestica per l’apprendimento di una lingua straniera, spesso con soluzioni molto creative e innovative e risultati semplicemente strabilianti.
Se anche tu nutri questo sogno (magari inconfessato) eccoti 10 buoni motivi per cui non è destinato a rimanere solo un sogno:
1. Volere è potere. La motivazione è veramente una componente potentissima e indispensabile. Insegnare una lingua ai bambini non è difficile, ma è impegnativo (anche per i genitori madrelingua), e soprattutto è un impegno a lungo termine: solo le persone motivate e determinate riescono nell’impresa.
2. Non occorre essere madrelingua. Questo è forse il pregiudizio più forte da abbattere. Non è vero che solo chi è madrelingua può insegnare una lingua ai figli e anzi sono in costante aumento, sia in Italia che all’estero, i casi di genitori non madrelingua che lo fanno. In alcuni casi non essere madrelingua può addirittura diventare un vantaggio, perché i genitori non madrelingua che iniziano questo percorso sono davvero estremamente motivati, e la motivazione è l’elemento fondamentale del successo (vedi punto 1).
3. La scuola non è equipaggiata per svolgere questo compito, e forse non bisognerebbe nemmeno aspettarsi che lo sia. Prima di lanciarci in una filippica contro la scuola italiana, chiariamo anche che nel resto d’Europa non va molto meglio. In generale, nei paesi in cui si parlano meglio le lingue straniere (come Olanda, Svezia, Finlandia, etc.) non è perché la scuola sia drammaticamente diversa dalla nostra, ma perché la società intera ha un approccio diverso nei riguardi delle lingue straniere.
4. È divertente. Si è vero, prima ho detto che è impegnativo, ora dico che è divertente. È, anzi, deve essere, entrambe le cose. Se non vi divertite è meglio che lasciate perdere, perché se è un peso per voi lo diventerà anche per i bambini. Ma se avete una passione genuina per le lingue (e se avete letto fin qui probabilmente l’avete) allora sarà un piacere.
5. Puo’ creare un legame di complicità tra genitore e bambino. La complicità ha a che fare con il divertimento ma va oltre, è qualcosa di più profondo. A volte i genitori temono di incontrare le resistenze dei bambini nel proporre una seconda lingua, e in effetti può succedere che le incontrino, ma non deve essere necessariamente così. Imparare una lingua vuol dire anche prendersi per mano ed entrare insieme in un mondo magico, diverso, speciale. Un mondo di cui solo io e il mio bambino possediamo la chiave (la lingua appunto). Un mondo in cui possiamo raccontarci delle cose segrete. Spesso la differenza tra il rifiuto e la complicità sta tutto nel modo in cui proponiamo le cose (e questo non vale solo per le lingue).
6. Non devi fare tutto da solo. Nessuno si aspetta che tu, mamma o papà, da sola o da solo educherai un bambino perfettamente bilingue con un perfetto accento british. E soprattutto tu, mamma o papà, non devi pretendere questo da te stessa/o. Prima di tutto il concetto di perfettamente bilingue e quello di accento sono tutti da discutere, ma sono discussioni troppo lunghe e complesse per questo post. In secondo luogo insegnare le lingue ai bambini vuol dire anche scegliere il cocktail di risorse che aiuterà il bambino ad imparare la lingua: le opzioni oggi sono davvero tante, anche se bisogna saper scegliere. Ciò che è certo è che se saprai scegliere tuo figlio parlerà la lingua non come la parli tu, ma molto meglio.
7. Non sei da solo. Sempre più genitori stanno decidendo di crescere i figli bilingui e fino a ieri molti riportavano un sentimento di isolamento ma oggi hanno scoperto di non essere da soli, che altre famiglie stanno facendo un percorso simile, e io lo vedo tutti i giorni sul mio blog. Questo è di enorme conforto e motivazione (di nuovo la parola magica) ma anche una fonte di idee molto interessanti, perché ogni famiglia ha un metodo diverso e dal confronto si esce tutti piu’ arricchiti.
8. Non devi fare nulla che tu non voglia fare. Non esiste IL metodo per insegnare le lingue ai bambini, ne consegue che non c’è nulla che tu debba fare a meno che tu non decida di farlo. In effetti i metodi utilizzati dalle famiglie sono molto vari e creativi, e funzionano meglio quando i genitori riescono ad individuare le soluzioni che meglio si adattano alle loro circostanze.
9. Passi molto tempo con tuo figlio. Uno dei motivi per i quali la scuola fallisce nell’insegnare le lingue ai bambini è per un semplice fattore numerico. Una o due ore alla settimana sono poche. I genitori però passano molto tempo con i figli e quindi hanno la possibilità di offrire una maggiore esposizione alla lingua. So bene che molte mamme non passano tutto il tempo che vorrebbero con i figli, purtroppo questo oggi è un problema molto comune. Ma il punto importante è che il tempo dedicato alla lingua non deve essere tempo sottratto ad altre attività, nulla vieta di cantare in Inglese in macchina per esempio, o di leggere un libro in Francese prima di dormire.
10. Puoi seguire lo sviluppo della lingua nel tempo. Un bambino di due anni ha necessità e gusti ovviamente diversi da quello di un bambino di 6 o di un ragazzo di 14. Però se l’apprendimento della lingua è parte della storia della famiglia diventerà facile per il genitore offrire al bambino o al ragazzo le risorse e gli stimoli più adatti alla sua età e al suo livello di conoscenza. L’apprendimento di una lingua è un processo che richiede molto tempo, e il genitore è nella posizione unica di poterlo seguire e stimolare nel tempo.
Link utili:
Bilingue Per Gioco:
Il blog Bilingue per gioco è davvero ricco di risorse: Letizia, che è mamma di un bambino bilingue , ha aperto questo blog per riflettere sul percorso che sta facendo insieme ad altre famiglie e anche per creare un dibattito pubblico sul bilinguismo e l’apprendimento precoce delle lingue.
Su Bilingue Per Gioco trovate molti materiali interessanti che trattano l’argomento del bilinguismo, o filastrocche in lingua inglese , e anche le esperienze di altre famiglie.
Letizia è inoltre disponibile ad ascoltare le vostre domande e rispondere ai vostri dubbi, e sul suo sito potete trovare tutti i riferimenti per prendere contatto con lei.
Link: http://bilinguepergioco.com/
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Per informazioni o per partecipare all’iniziativa ‘Guest post su MF’, leggi qui o contattami.
Bellissimo post!!!!
Concordo con tutti i punti del “decalogo”!!!
Ora vado a farmi un giretto sul sito che linki….
Buona giornata
Proprio proprio interessante, grazie!
E’ uno degli intenti di Luca…
lui parla inglese perfettamente senza inflessioni
quando lo sento parlare con i colleghi stranieri…. resto cosi’ 😯
Quando lo seguivo in spagna e trovavamo qualche collega texano nn capivo niente di niente, pero’ quando capivo riuscivo a rispondere pochissimo e mi piacerebbe che mio figlio invece avesse dimestischezza con un dialogo essenziale…
Io da piccola ho fatto un corso di inglese,privato ,facevo le elementari eravamo in pochi pero’ il parlato era poco stimolato…uf
bel post cmq 🙂
Ciao Barbara è da tanto che non commento più, ma continuo a seguirti quasi ogni giorno e oggi con questo post sulle lingue straniere ho voluto esserci perchè sono pienamente daccordo con quanto detto e in modo particolare visto che sono un’insegnante è proprio vero che la scuola più di tanto non può fare in prima “elementare” fanno un’ora alla settimana!!! … quando la fanno!!!
Ciao e buon fine settimana
Patrizia
Patrizia, hai proprio ragione… Inoltre, se non erro, l’ultima Riforma ha cancellato gli insegnanti di inglese, facendo sì che l’inglese venga insegnato dai maestri delle altre materie, che possono anche essere preparatissimi, ma non sono comunque insegnanti di inglese!
sai la nuova riforma è molto particolare!!! nella mia scuola abbiamo un’insegnante di inglese e due colleghi che avendo fatto un corso di 500 ore insegnano inglese nelle loro classi il problema è che è sempre troppo poco il tempo e vista la poca preparazione si fa poco dialogo che penso sia la cosa più importante quando si va in giro … almeno per me!!! questa estate abbiamo parlato con un signore olandese in inglese ed io facevo fatica a ricordare le parole, ma mi è piaciuto tantissimo anche perchè ci piace molto trovare persone che parlano altre lingue proprio per usare l’inglese!!!
si torna indietro….
come sempre in Italia!!!
già…poi però chi ci governa non si stupisca se finiamo per fare delle figure barbine…come il mio capo con un nuovo capo francese (al quale aveva detto di capire il francese…io ero li in qualità di conoscitrice della lingua inglese, casomai servisse per farli capire…) che doveva scegliere una macchina aziendale…
Il tizio francese ha esordito con un “J’ai trois enfants..”(ovviamente voleva la macchina grande)…e il mio capo, in italiano “Ho capito!! Mi vuole proporre 3 opzioni!” 😳
Dovrebbero inserire una clausola nel contratto delle assistenti che impedisca loro di ridere in faccia al proprio capo
ahahhaaaa noio vulevam savuar… 😉
hehehe, a me ha ricordato di più alberto sordi all’esame di francese (“Mi traduca la frase: il giardino di mia zia è pieno di fiori”….e lui: “ehm….il giardino….le giardan…di mia zia…a si…le jardin de la soeur de ma mere…. 😆 😆 )
sì come hai fatto a non ridere!!!
non lo so….ma soprattutto…dopo questa frase io gli facevo no con la testa (senza farmi vedere dal francese)…poi gli ho sussurrato “Ha detto che ha 3 figli…”…e lui, tutto contento e sempre in italiano “PURE IO!!”…..sono uscita dalla stanza, sono corsa vicino alla collega, mi sono accovacciata vicino alla sua sedia e ho iniziato a ridere come una matta….ora la collega quando cerca il mio capo mi fa “dov’è j’ai trois enfants?”
ahhaahaaa ormai è spacciato, si terrà questo soprannome per sempre 😆
Che bel post! E quante risorse!Finalmente trovo uno stimolo valido per rispolverare la laurea in lingue!
Grazie mille per questa intervista! e faccio i miei complimenti a Letizia per l’impegno e la passione con cui cura il sito bilinguepergioco.
io non sono madrelingue, ma le lingue le ho studiate. Sofia per ora si guarda i dvd in inglese e ogni tanto le parlo in inglese. ma mi guarda male e mi dice NO!!!! le canzoncine in inglese però le ascolta volentieri e ora sta anche cominciando a cantarle anche lei!
Letizia, il tuo sito è nei miei link ma devo venire a trovarti più spesso!
e grazie a te, Barbara, degli spunti nuovi che riesci a trovare ogni giorno! baci
Ciao a tutte,
Sono io a ringraziare MF per avermi ospitata e voi per l’entusiasmo con cui mi state accogliendo.
So che molti genitori come voi vorrebbero aiutare i figli ad imparare una lingua, spesso l’Inglese, ma hanno molti dubbi, soprattutto perche’ vedono che nessuno intorno a loro lo fa, quindi ne deducono che non si puo’ fare… Abbiate fiducia nella vostra capacita’di decidere cio’ che e’ meglio per i vostri bambini!
Un genitore attento, che ha instaurato una buona comunicazione con i figli e che sa giocare con loro, puo’ proporre loro qualsiasi tipo di attivita’, anche una lingua straniera. L’importante e’ che il rapporto genitore-bambino e la serenita’ del bambino abbiano sempre la priorita’ assoluta, tutto il resto puo’ essere costruito su queste solide fondamenta.
L.
http://www.bilinguepergioco.com
P.S.
Mi fa tanto ridere l’emoticon prostrata di Sarah!
Che bello questo post!
E mi consola il fatto di non dover essere madrelingua per insegnare la lingua straniera ai propri figli…visto che stiamo cercando di insegnare l’inglese a sara.
E ora che sono più ottimista mi ci metterò d’impegno….senza dimenticare il divertimento (anzi forse dovrei ancora avere da qualche parte il vecchissimo corso di inglese con la disney che mi comprarono i miei….da li è partita la mia passione per l’inglese, con un mangianastri, tante cassette, tante schede visive e audio e le canzoncine)
Ciao Barbara, questo è un tema molto interessante. Noi siamo già bilingue e abbiamo cercato di introdurre anche l’inglese come la terza lingua …. Fin ora con risultati non proprio buoni. A scuola abbiamo un ora di inglese a settimana e qui si apre lo spiraglio visto che per dare una mano, bisogna fare più esercizi a casa ….. cade a fagiolo
Il blog Bilingue per gioco è interessante, l’avevo notato anche io.
Secondo me il problema dell’insegnante non madrelingua è la pronuncia.
Seguirò lo sviluppo di questo tema sul tuo sito con molto interesse 😀 Ciao, Goga
Anche i miei problemi sono soprattutto quelli di pronuncia.
A parte il fatto che Dafne per ora non parla nemmeno l’italiano, perchè ancora non spiaccica parola… Però per lavoro o per amicizia ci capita di parlare in inglese e lei non mi sembra molto stranita da questo: ci ascolta come se ci ascoltasse parlare in italiano. Quindi la cosa mi fa presagire bene…
penso che fatto come un gioco i bambini apprendano più di quello che pensiamo a Federico ad esempio piace molto un libro che ha come protagonista la strega Sibilla lo usiamo tantissimo per i colori giocando e leggendo ha imparato i colori
Infatti, noi abbiamo iscritto la nostra piccola al corso d’inglese partendo dal nido perché era organizzato dal nido stesso. Le lezioni si svolgevano come un gioco e al inizio i bambini assimilavano le parole anche se non li usavano. Riconoscdevano i suoni, se si puà dire così e la maestra era inglese. Alla materna poi la maestra non era più madrelingua inglese e la bambina non solo ha dimenticato la pronuncia giusta, ma ha anche imparato quella sbagliata (senza H, per capire meglio). Adesso alle elementari non ho ancora capito bene che cosa ci aspetta.
ci credo alla materna almeno da noi iniziano solo a 5 anni a fare un’ora di inglese alla settimana … quando lo fanno!!! Federico oggi doveva fare inglese e non l’ha fatto!!!
e alle elementari almeno da noi solo un’ora alla settimana in prima, due in seconda e tre nelle altre classi …
La cosa difficile e anche correggere la pronuncia sbagliata che hanno imparato a scuola. Perché i bambini sono convinti che quello che dice la maestra e GIUSTO. Quando poi mia figlia mi canta eppy birthday e dice ello …. che dire. Io provo ad aiutarla specialmente adesso che è più grande e spero che migliorerà 😀
E’ giusto preoccuparsi dell’accento, e potendo scegliere e’ sempre meglio dare ai bambini possibilita’ di interagire con dei madrelingua.
Pero’ non sempre e’ possibile, e allora bisogna tenere presente questo: un bambino che capisce una seconda lingua non opporra’ resistenza a fare delle attivita’ in questa lingua, quindi sara’ possibile esporlo a piu’ input e inevitabilmente finira’ per migliorare il proprio accento.
Invece se rinunciamo a dare opportunita’ per imparare l’Inglese ai bambini in attesa dell’opportunita’ giusta, dell’insegnante madrelingua per esempio, e’ piu’ facile che il bambino crescendo ti dica io questa cosa non la voglio fare perche’ non capisco, e quindi non impari.
L’apprendimento delle lingue e’ un processo lungo, alcuni strumenti (per esempio i film) non sono adatti ai bambini, ma se si semina oggi un domani si riuscira’ a proporre loro anche questi strumenti, e nel lungo termine otterremo il risultato, i bambini sapranno l’Inglese (o un’altra lingua) e avranno anche un buon accento.
L.
http://www.bilinguepergioco.com/
Sono d’accordo con quello che dici. Per questo correggiamo e incoraggiamo 😀 nostra figlia. Tempo dedicato non è mai sprecato 😀 con nessuna lingua: italiano, croato (la seconda) e l’inglese.Bambini curiosi poi, come la nostra, non perdono facilmente l’interesse.
Sono insegnante di lingua inglese alle elementari(specializzata) e sono molto interessata al sito di Letizia e alle su proposte anche si discostano da quanto ho studiato qualche anno fa, in sintesi alcuni neurolinguisti affermano che i bambini hanno difficoltà ad imparare una lingua straniera attraverso i genitori quando questi non sono di madrelingua diversa. Mi spiego, io e mio marito siamo entrambi italiani e abbiamo provato diverse volte a “giocare” in inglese con Giovanni ma lui non gradisce questo approccio, trovandolo invece molto divertente se il gioco viene fatto dalla zia o attraverso la visione di dvd in lingua inglese. Vado subito da Letizia per mettere in discussione questa teoria e trovare nuovi spunti!
il tuo sito è fantastico, ci trovo sempre cose utilissime, informazioni ed input eccezionali…GRAZIE
I LOVE BILINGUEPERGIOCO :))
THANK YOU!!!!
ora scoppio a piangere di emozione…
L.
http://www.bilinguepergioco.com
Grazie mille… io mi trovo proprio in quella situazione in cui ho provato ad insegnare a mio figlio per 4 anni la mia seconda lingua madre, ma lui non è stato dello stesso avviso e ha rifiuto categoricamente la lingua.
Non demordo e adesso provo a prendere spunto da qui sperando di avere più successo. Cmq grazie mille per la segnalazione.
SuperD
Secondo me è anche questione di tempi… probabilmente i bimbi devono consolidare prima un linguaggio, e poi solo dopo trovano interessante il bilinguismo. Non so, sto ipotizzando…
Nel senso che secondo me i veri ‘risultati’ si vedono poi a distanza di qualche anno, magari quando inizia la scuola e capiscono che imparare una lingua in casa li può facilitare anche all’esterno.
Complimenti a te e a bilinguepergioco!!!
L’argomento è davvero interessante!
Col mio primo figlio abbiamo sbagliato all’ennesima potenza, gli abbiamo parlato in portoghese solo per i primi due anni…poi non so cosa sia successo…
Mio marito quasi non parla più la sua lingua…io faccio molta fatica…
Però ora che sta per arrivare il secondo, vorrei cercare di impegnarmi di più
Magari il grande sentendo parlare più spesso in casa il portoghese lo impara anche lui…
Ma che bello!!!Sito interessantissimo. Grazie !
Interessantissimo questo articolo!
Grazie Barbara e grazie Letizia 😀
Secondo me i problemi dell’insegnante non madrelingua sono sia la pronuncia che il parlare una lingua artificiale. Ho dato un’occhiata al sito di Bilingue per gioco, e ho sentito che Letizia, con tutto il suo entusiasmo e la sua simpatia, ha un forte accento del nord quando parla in italiano; se pure parlasse un inglese “standard”, non sarebbe comunque una lingua naturale, tipica di un territorio. Sarebbe sempre l’inglese imparato da un’italiana in età adulta. La costruzione delle frasi, la molteplicità di livello, tutta la cultura “popolare” che sta dietro alla lingua: tutto questo come si fa a passarlo se non lo si possiede? Questo lo può dare solo un madrelingua (babysitter, scuola…) Come “controprova” di quanto sto dicendo, basta pensare che: 1) i figli di emigrati, bambini nati all’estero o cresciuti all’estero fin da piccoli, imparano la lingua locale perfettamente anche se i genitori non la parlano o la parlano male; 2) se i genitori parlano una variante dialettale della propria lingua materna e lo stesso fa un eventuale contesto sociale di altri emigrati, i bambini impareranno la loro variante dialettale. Ad esempio, gli italiani emigrati in Germania o in America, o in America Latina, li avete mai sentiti parlare? Come loro (e spesso anche peggio!) parlano i loro figli. E’ vero che sono sempre di più i genitori che iniziano a insegnare ai propri figli una lingua non loro, probabilmente perché oggi si riconosce l’importanza delle lingue (specie dell’inglese): ma quanti di questi insegnamenti si concludono con un successo? L’esperienza pratica mi dice che insegnare ai propri figli una lingua essendo non madrelingua, per quanto un lodevole tentativo, è comunque un esperimento. (Se ci sono studi, mi farebbe piacere leggerli). Ma varrà davvero la pena fare dei propri figli una cavia? Si è considerato se questo insegnamento “fai da te”, possa causare eventuali danni (o se preferite chiamiamoli disagi, o svantaggi) al bambino? Goga, sopra, diceva che sua figlia, con una insegnante non madrelingua, non solo ha scordato la pronuncia giusta, ma ha imparato quella sbagliata. E’ stato provato che i bambini nascono con la predisposizione a imparare tutte le lingue e a riconoscere e riprodurre tutti i suoni, e che poi perdano questa capacità intorno agli 8 anni perché si “specializzano” nei suoni della lingua (o delle lingue) effettivamente utilizzate. Perché, allora, buttare al vento questa capacità? Perché fargli capire che non è importante l’acca annullando la differenza tra “ello” e “hello” proprio quando lo si vuol far diventare bilingue in inglese? Non si può insegnare quello che non si sa, neppure a un bambino, neanche in caso di necessità, e nemmeno se spinti dai più nobili motivi. Infine permettetemi di dire due parole sulla frase “[molti genitori] vedono che nessuno intorno a loro lo fa, quindi ne deducono che non si puo’ fare”: il fatto che se nessuno lo fa, non si può fare”, o “se tanti lo fanno allora facciamolo anche noi” mi sembra un invito a essere pecore, oltre al fatto che non fornisce nessuna garanzia di essere sulla strada giusta: ci sono blog e blog pro-Ana, dove ragazzine anoressiche si incitano a vicenda nella loro folle lotta contro il peso (e questo non vuol dire che fanno bene).
Uppercarità 😆
Parole come: cavia, danno, disagio, svantaggio, pecore (per non parlare del riferimento all’anoressia…), bah, onestamente mi sembrano un po’ esagerate.
Qui si parla di giocare con i bimbi, con l’ausilio di altre lingue, e non si parla di renderli dei professionisti del bilinguismo, tant’è vero che in nessun caso si è parlato di ‘metodo’ del bilinguismo, ma si è parlato di ‘stile’ personale.
Per me desiderare di migliorarsi e comprendere l’importanza di imparare precocemente l’inglese (nel nostro caso) è un vantaggio, soprattutto se considero che noi in Italia tendenzialmente non vorremmo abitarci più.
Per me imparare, ed imparare insieme, è sempre un vantaggio. E, per come la vedo io, meglio un accento da immigrato accompagnato dalla possibilità di farmi capire realmente, che una rinuncia a priori perchè non sono madrelingua e quindi non sono ‘titolata’.
Io sostituirei i vocaboli che hai usato tu con altri vocaboli che su Mammafelice usiamo spesso: impegno, amore, dedizione, studio e anche sorriso. Prendiamoci meno sul serio, va là, e impariamolo con i bimbi, questo inglese.
Con o senza ‘h’ aspirata, poter comunicare oltre i nostri abituali confini, è tutta ricchezza aggiunta.
Lina,
il tuo punto di vista e’ legittimo, pero’ voglio rispondere alle tue osservazioni.
Non e’ vero che il bambino imparera’ la lingua come la parla il genitore, la imparera’ meglio se il genitore riuscira’ ad offrirgli altri input, il che oggi non e’ difficile. Imparare una lingua e’ un processo che richiede molto tempo, e’ importante iniziare da piccoli ma man mano che i bambini crescono si potranno offrire altri stimoli e altri modelli. Perche’ pensi che nei paesi nordici parlino tutti cosi’ bene l’Inglese? Perche’ hanno insegnanti madrelingua? No. Perche’ hanno accesso alla televisione in lingua originale. Ma un bambino di 6, 8, 12 anni la televisione in lingua originale non la vuole guardare, a meno che gia’ non capisca qualcosa.
Certo che se uno ha la possibilita’ di far apprendere la lingua ai figli da un madrelingua non dovrebbe farsela sfuggire. Ma chi ce l’ha questa possibilita’in Italia? Giusto chi ha parenti stranieri o puo’ avere l’au-pair. Gia’ le scuole internazionali sono un discorso a parte e molto dibattutto, hanno pro e contra (non ultimo il prezzo). Se pero’non si ha accesso a queste risorse i casi sono due: o ci pensa la scuola, come sappiamo, o ci pensano i genitori. E comunque ripeto, come menzionato al punto 6., i genitori dovranno anche scegliere il cocktail di strumenti da utilizzare. Per esempio qualche ora alla settimana con una baby sitter madrelingua puo’ essere molto utile per l’accento, mentre non basterebbe a far imparare la lingua.
Per quanto mi riguarda, ti basti sapere che se mio figlio parlasse inglese come lo parlo io sarei estremamente soddisfatta, quando ero in UK non riuscivano a capire da dove provenivo, se poi lo parlera’ meglio, come spero, tanto meglio! Ma se anche io avessi avuto un chiaro accento italiano quando parlo Inglese, intanto lo parlo e ho lavorato all’estero in diversi paesi per circa 10 anni e ho avuto accesso ad opportunita’ che un italiano che parla un Inglese scolastico nemmeno si sogna. Certo il mio Inglese non e’ l’Inglese tipico di un territorio come dici tu, e allora? Vuoi dire che o sono madrelingua perfetta o e’ inutile che io parli Inglese? Che non avrei mai dovuto impararlo perche’ tanto non sarei mai stata perfetta? Avrei rinunciato a molte cose…, poi cos’e’ questa perfezione? se hai gia’ sentito parlare uno scozzese forse saprai che l’accento madrelingua non e’ sempre cosi’ perfetto…
Questo e’ un fenomeno nuovo in Italia all’estero e in effetti non e’ stata fatta ricerca, quindi hai ragione certezze non ce ne sono, ergo nemmeno si puo’ dire che faccia male. Io mi sono consultata con chi fa ricerca, un parere eccolo qui: http://bilinguepergioco.com/2009/10/29/il-parere-dellesperta-i-genitori-non-madrelingua/
Comunque alla fine e’ una decisione individuale, se la famiglia ha dei dubbi sono la prima a sconsigliare di fare qualsiasi tentativo senno’ si fanno pasticci. Ma se i genitori sono convinti, e sono genitori molto attenti e impegnati nell’educazione dei figli, potranno trovare il metodo adatto a loro.
Mi sto dilungando troppo, comunque anche sul punto del successo avrei due obiezioni: 1) chi fa ricerca conferma che il bilinguismo precoce ha molto effetti positivi anche se e’ un bilinguismo diciamo cosi’ ridotto, in cui la seconda lingua e’ debole 2) molti genitori si demotivano proprio perche’ non trovano modo di avere accesso a idee e spunti e scambiare esperienze con altri. Queste cose te le posso confermare perche’ a fine Settembre ero a Bruxelles alla conferenza della Comunita’ Europea sull’apporendimento precoce delle lingue, e anche li’ hanno confermato che la scuola non ha successo nelle lingue e bisogna invece coinvolgere i genitori, e infatti hanmno lanciato una campagna (Piccolingo) rivolta solo e unicamente ai genitori.
Ultimo punto. Siamo d’accordo che fare le pecore e’ una pessima idea. Per l’appunto chi decide di insegnare una lingua ai figli fa una scelta controcorrente, perche’ la maggior parte delle persone la pensa come te. Anche se in questo caso sei tu ad andare controcorrente perche’ i commenti qui sopra esprimevano opinioni diverse dalla tua, nella vita reale, per la strada, e’ un’altra cosa…
Ciao,
L.
http://www.bilinguepergioco.com
Sono stata sul tuo sito e ho trovato molti spunti interessanti. Come scrivevo prima sono insegnante specializzata di inglese alle elementari e francamente faccio quello che posso e che mi consentono i programmi ministeriali (!), io e mio marito abbiamo provato a coinvolgere nostro figlio di tre anni (che parla molto bene l’italiano)a “giocare” con la lingua inglese ma lui con noi non ne vuole sapere, mentre si fa coinvolgere dalla zia e dalla visione/ascolto di video e canzoni in lingua inglese. Il risultato è che a volte si rivolge a noi parlando l’inglese come il personaggio interpretato da Alberto Sordi “Cossa mangiamm staserr a cien?” ma noi dobbiamo rispondergli in italiano. A me interessa che si incuriosisca ad altre lingue come veicolo di altre culture e lascio che scelga lui tempi e modi per provare a fare un salto verso altre lingue. Posso dirti però che nell’insegnare a Giovanni a parlare la sua lingua madre ho utilizzato alcune tecniche che si usano per insegnare agli stranieri l’italiano come L2, e i risultati sono stati positivi.
ciao Lina,
come sperimentatrice entusiasta del bilinguismo per gioco con mia figlia, vorrei lasciare un breve commento che smorzi un po’ l’aura di negatività che aleggia qua e là
innanzitutto da parte mia va un grande applauso a tutti i genitori, me compresa, che investono nelle potenzialità dei bambini, moooolto superiori a quanto noi pensiamo
dice un detto “per colpire l’aquila bisogna mirare alla luna” e questo è il mio punto di riferimento quando offro a mia figlia tanti stimoli
sono d’accordo che ci vogliono dei limiti, nel senso che come in tutte le cose in cui sono coinvolti i bambini servono regole: es. non esagerare nell’imporre le cose, fissare dei limiti di tempo, darsi un metodo ferreo ed estremamente studiato anche se al bambino si offre un semplice gioco o una routine quotidiana, gioire insieme dei successi raggiunti (ogni piccolo traguardo è GIA’ un traguardo)
quanto alla pronuncia…pongo una domanda: è meglio un bambino che parla una seconda lingua con una pronuncia mediocre, o un bambino che parla una sola lingua? e ne pongo anche un’altra: quanti Italiani adulti, al giorno d’oggi, dopo tanti anni in cui le lingue straniere sono diventate di moda, ne parlano almeno una decentemente?
infine, in merito alla predisposizione, vi dirò che secondo molti studi il bambino è figlio del suo ambiente: non ha una predisposizione a studiare le lingue, ad imparare a suonare, ad aggiustare le macchine, ecc… semplicemente il bambino risponde agli stimoli che gli vengono sottoposti, quindi se è figlio di un meccanico probabilmente a 8 anni saprà tutto sui motori, se è figlio di una coppia bilingue diventerà bilingue, se ha solo visto partite di calcio saprà tutte le formazioni calcistiche ma non saprà parlare della natura, eccetera
quindi investiamo nelle loro potenzialità, cerchiamo i loro punti forti, e lavoriamo instancabilmente sempre nel pieno rispetto della persona
se sono stata un po’ brusca in questo mio commento mi dispiace, è solo che quando mi entusiasmo per un argomento divento un po’ “talebana”, quindi scusate l’irruenza e accettate tutto il mio entusiasmo per MF e BPG
ciao a tutti, elena
Vi racconto la mia esperienza da bambina.
Sono nata in Croazia dove tutti film e serial TV in lingua straniera sono con i sotto titoli. Per questo, parlando di inglese, ho ascoltato l’inglese sin da piccola e quando ho imparato a leggere, ho potuto anche capirlo meglio.
Avendo a scuola come lingua straniera il tedesco, posso dire che l’inglese l’ho imparato da autodidatta e la pronuncia è buona ma la grammatica lascia un po’ desiderare (cmq quando parlo, mi capiscono bene) 😀 Tutto questo per dirvi che, secondo me, avere la possibilità di ascoltare l’inglese è il passo importante nel apprendimento.
Per questo noi abbiamo deciso di dare una mano a quell’unica ora settimanale d’inglese che si fa a scuola, faccendo esercizi a casa e correggendo la pronuncia. Il libro che usano a scuola e della Oxford ed esiste la possibilità di collegarsi al sito della Oxford dove ci sono esercizi ed giochi educativi. Abbiamo provato e al inizio era molto difficile abituarsi ai suoni ed a sentire il british english che poi è molto diverso dall’inglese americano.
Tornando a me da grande :D, la lingua italiana l’ho imaprata sempre da quasi autodidatta (avendo fatto solo il primo corso, quello base) guardando la TV e leggendo, leggendo e leggendo in italiano e parlando, parlando parlando (sono una chiacchierona). 😀
Ecco, per esempio io non mi ero mai accorta che tu fossi croata!
Goga, grazie di aver condiviso la tua esperienza!
A tutte le mamme,
mi raccomando adesso non piazzate i bambini davanti alla televisione perche’ cosi’imparano l’Inglese!
Primo la televisione aiuta l’apprendimento di una lingua solo dopo una certa eta’, diciamo piu’ o meno dopo i 6 anni. Prima e’ pressocche’ inutile.
Secondo, la lingua e’ importante ma la salute psicofisica del bambino viene prima. Quindi siamo moderati con la televisione e soprattutto scegliamo per bene i contenuti. I DVD di buona qualita’ per esempio sono molto meglio della televisione, sia perche’ hanno contenuti educativi e ritmi adatti ai bambini (se si sceglie il prodotto giusto per l’eta’) sia perche’ non c’e’ la pubblicita’, che e’ veramente deleteria sotto tanti punti di vista.
Su questo tema potrei parlare per ore (io non ho la TV in casa, anche se credo che un domani dovro’ prenderla, ma e’ un’altra storia) ma per ora chiudo qui che se l’ospite e’ come il pesce mi sa che si sente gia’ una bella puzzetta…
Grazie ancora a MF per lo spazio!
L.
http://www.bilinguepergioco.com
Ma va là, i tuoi interventi sono interessantissimi… puoi anche fare occupazione, per me 😉
Grazie Barbara per quello detto sopra 😀
Pensi che prima o poi il mio mostriciattolo del commento possa cambiare colore?! Mi faresti contenta 😀
Bilingue per gioco, volevo dire che non era la mia intenzione dire chel bisogna guardare tanta TV per imparare una lingua, ma soltanto che sentire una lingua straniera (dalla TV, DVD, amico, tata, parenti ….. con la pronuncia giusta) sia un passo importante per imparare. 😀
Auguro a tuti buona domenica!
Goga, il mostriciattolo è legato alla tua mail. Per cambiarlo, devi creare un account su wordpress.com, scegliere un avatar personalizzato e legarlo alla tua mail. In questo modo lo prenderà in tutti i blog.
Oh mamma ….. mi tengo questo vertde! Pensavo lo scegliessi tu. La lingua informatica la parlo proprio male, ha, ha
Ciao
Chissà se vale anche per il giapponese…
Scherzi a parte, io e il convivente G infiliamo spesso parole giapponesi (o anche completamente inventate da noi, ma quella è un’altra storia 😳 ) nei nostri discorsi e a volte mi immagino i nostri potenziali futuri bambini che le ripeteranno all’asilo allarmando le maestre!!! 😆
Sei il mio mito. Io e Nex ti ammiriamo molto!
che storia…io ho il vostro blog tra i preferiti 😛 e mio moroso ama il giappone 😛